E quindi Bologna ha il suo nuovo sindaco. Virginio Merola ha vinto le primarie e conseguentemente le elezioni amministrative. No, non ci sarà un altro Guazzaloca questa volta. In una città dove un futuro primario ha perso il posto per essersi candidato alle prime primarie – ora la smetto con le allitterazioni – questa pagliacciata spacciata – e invece no – per gran prova di democrazia è passata un po’ sottotono perché tutto è andato come doveva andare. Ha vinto il Pd. E Vendola esulta. Esulta perché ha perso – troppo facili le battute omofobe e berlusconiane in questo caso, però la tentazione di scriverla è forte, vabbè fate voi, è intuibile.

Il nuovo che avanza
Erano in tre. Il candidato di “partito”, una signora che appare più anziana di quello che è, e il solito outsider che rimane outsider e al massimo può aspirare a diventare presidente del consiglio comunale. A Bologna c’è ancora gente che parla del Partito come di un’entità sovrannaturale. Al bar qualche volta capita di sentire mah, il partito dice che si dovrebbe fare cosi, aspettiamo a sentire che ci dice il Bersani. Manco ci fosse ancora Telecapodistria.
Cazzomerda i tempi del Pci sono lontani anniluce ma qua si crede ancora che il partito sia parte integrante della vita, dalla culla alla tomba – anche se questo lo dicevano quelli della parte avversa.
Negli anni ’80 il Pci aveva centomila tesserati a Bologna, nei novanta il Pds 60mila, nel 2000 i Ds circa 30mila e ora il Pd ne ha circa novemila.
E quale cazzo sarebbe la grande prova di democrazia? L’aver aperto le votazioni a immigrati e studenti – circa 450 su 2900 votanti, più o meno 12/15% – che subito dopo le elezioni verranno dimenticati totalmente da ogni apparato di partito.
Alain Badiou dice che le elezioni sono ormai un puro feticismo parlamentare. Le primarie a questo punto diventano pura masturbazione di partito.
E vabbè insomma, Virginio Merola sarà il futuro sindaco. Supportato da un team di spin doctor che rasentano il ridicolo. Un simbolo copiato da una catena di centri fitness, o anche da una radio o anche da una bibita. Insomma un simbolo che esprime il massimo della globalizzazione e del mercato liberista e liberistico stravince nella città più rossa d’italia. Nella più filosovietica delle province dell’impero americano diceva GLF.
E se qualcuno pensa che i simboli non sono importanti allora Forza Italia non è servita proprio a un cazzo.
Peccato per Willie, io ci credevo.
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