Top five

Gli elenchi di Arbasino, le “dieci cose” di Saviano ma prima ancora le top five di Nick Hornby in Alta Fedeltà: arriva un giorno in cui ci si sente in dovere di farla una classifica. Chi non ha mai fatto una classifica? Quella del figo della classe l’abbiamo fatta tutti. Voglio dunque condividere qui la mia prima personalissima top five dei migliori errori, gaffes e misunderstanding della mia vita fino ad oggi. Poiché tutte e cinque le storie sono realmente accadute (niente “i fatti e le persone sono puramente eccetera eccetera..”), ringrazio coloro che mi hanno ispirato e che sono speciali, e non solo perché figurano in questa classifica.

1.       Cinis giapanis tot pricis

La grande somiglianza tra i personaggi dei cartoni animati giapponesi ha provocato ad  F. una delle più belle incomprensioni della storia dei misunderstanding dei testi musicali.
Basta un incomprensione nell’attacco del ritornello “Holly s’allena tirando i rigori, Benji s’allena parando i rigori”del noto cartone manga a sfondo calcistico e non abbiamo più Oliver Hutton e Benjamin Price bensì i grandiosi fratelli SALLENA.

Holly Sallena, tirando i rigori, Benji Sallena, parando i rigori.

Non fa una grinza.

2.       T9

In seguito ad una mia chiamata non risposta, S. mi scrive un sms che recita “paura uomo in piscina”. Il messaggio fa immaginare una di quelle scene da film americani in cui le persone comuni vengono sequestrate all’interno di un edificio, generalmente banca o supermarket, e la nostra eroina/protagonista che per fortuna ha sottomano il cellulare nascondendosi dietro ad una colonna riesce ad inviare una sconnessa richiesta di aiuto.

S. voleva scrivere “scusa sono in piscina.

Spike Lee vs. T9 0 – 1.

3.      La torta giusta

G. è entrata in una pasticceria di New York ed ha chiesto una torta Sacher al commesso.
E fin qui va tutto bene.

Diciamolo in inglese: “Can I have a piece of cake sacher?”

Ps. Per i non anglofoni la parola sacher, letta proprio cosi come la torta e scritta sucker vuole dire cretino.

4.       Pravopis (ovvero spelling, in croato)

In un campeggio in Croazia, correva l’anno 2003, la titolare dell’esercizio mi chiede, per la registrazione come ospiti, se lo spelling del mio nome è esatto: “Francesca, e coretto?” (la e senza accenti, le doppie assenti in pieno stile slavo). Sì, rispondo, sì. Anche N. risponde sì. Ci allontaniamo e N. pensieroso mi confessa che ha un dubbio: anche se ha risposto sì non riesce ancora a spiegarsi come mai la signora l’abbia chiamato Coretto.

5.       Hai l’imbarazzo della scelta

Ho 17 anni ed è la prima volta che S. conosce il mio primo fidanzato. La ripetizione della parola primo rende l’idea dell’agitazione per l’incontro. Il caso vuole che il fidanzato abbia un compito in classe il giorno seguente. La risultante dell’indecisione tra l’augurio “In bocca al lupo” ed  “In culo alla balena” da vita al fenomenale lucchetto “In bocca al culo”.

Ancora nel 2011 non è stata trovata una risposta adeguata a tale augurio.

Elogio funebre preventivo: Vasco Brondi (1984 – 2045)

Si sono spente oggi le luci della Centrale Elettrica.
Si è spenta anche la gigantesca scritta Coop, e i CCCP non ci sono più.

Portami a bere dalle pozzanghere, cantava, portami a bere dalle pozzanghere. Lo stomaco umano tollera una grande quantità di sporcizia, ma anche lo stomaco più resistente può essere messo seriamente alla prova se le pozzanghere sono contaminate da benzina o da altre sostanze chimiche.

E così per ora noi la chiameremo morte ma forse potremmo anche chiamarla felicità, quella di Vasco Brondi, mentre con l’ultima sorsata di acqua piovana ha finalmente capito qual è l’incubo dei pesci rossi, morire annegati ecco qual è. E anche morire in branchie di tela, no forse quello era l’incubo degli squali,  squali? Squelli. Vabbè.

Il cuore di Vasco ha smesso di battere. E lui che voleva venisse misurato con il sismografo è morto al grado zero della scala Richter.

La camera ardente è stata allestita in una stanza di merda addobbata con la stagnola in via Petroni, accanto al feretro madonne bulimiche ed anoressiche, rose lisergiche e anche alcune rose delle stelle. Però quelle Vasco le voleva tra le costole, tra le sue occhiaie azzurre.

Prima della sepoltura verranno sventolate delle radiografie per non confondersi, i convitati si disegneranno addosso giubbotti antiproiettile e verrà costruito un monumento assurdo per il nostro amico scomparso.
Un gatto egocentrico scappato da un condominio ci ha già fatto la pipì.

E nel frattempo, mentre Vasco diventava finalmente solo quello della Coca Cola, e dell’ “eeeh” e della vita spericolata, un notiziario annunciava di “venti forti nei deserti libici,  i venti che incendiano i campi nomadi, i meteoriti le navi ferme immobili”.

Un po’ ci ricorderemo di te, anche se non so che cosa racconteremo della tua cazzo di musica.

Io  comunque alla cerimonia c’ero e se avevo gli occhi lucidi era per la congiuntivite.

Ps.
Domani Vasco Brondi suona qui, a Bologna. Poi però non venitemi a dire che avreste fatto una figura migliore a a continuare a bere e annegare sabato sera nel Tevere.  Ve l’aveva detto anche lui tra l’altro.

Ps2.
Invece del video di Cara Catastrofe, che non lo posso proprio vedere e se ancora siete convinti ve lo andate a vedere voi qui, fareste meglio a guardarvi questo qui sotto. Il concetto è quello eh. A me piace parecchio perché è girato in una rotonda di Forlì che è la mia città e c’è un ragazzo a cui piace molto ravanare. E balla proprio bene eh!

Artefiera. Art First?

Giovedì 27 gennaio sono andata al vernissage di Arte Fiera.
Premetto che per me il mondo dell’arte (poi quella contemporanea) è un universo ignoto, dunque fin dal primo istante mi sono sentita come Giacobbo ad un convegno di analisi matematica.
Sappiate innanzitutto che al posto mio a questa occasione mondana e glamour doveva esserci la ex Miss Italia, quasi Miss Universo, valletta di Mike “the walking dead” Bongiorno e neomamma Roberta Capua, la quale però è stata colpita improvvisamente da un art attack altresì noto come Squarhaus.
Già colpevole di incolmabili mancanze e assolutamente priva della fisicità della “Robi”, mi sono trovata a combattere con la grave colpa di avere meno di trent’anni e la deprecabile idea di voler veramente vedere le opere delle oltre 200 gallerie partecipanti ad Artefiera 2011.
In un’atmosfera lunare con luci da banco frigo della Coop sfilavano infatti giovedì sera platesse bolognesi congelate da iniezioni di botox, pericolanti su tacchi smisurati ed accompagnate da Ken “Vernissage Party” in giacca con capello alla Ridge Forrester.
In un carillon di pubbliche relazioni ed un acceso contest di leccata libera poco spazio alle gallerie internazionali (semi – vuote) ed alla novità, molto spazio allo champagne rosée (con un deca si prendeva il più economico: e pensare che il povero Max Pezzali un deca voleva pure farselo bastare in pizzeria!).
Presenziano all’opening, insieme agli altri comuni mortali, Vittorio Sgarbi accompagnato da due cariatidi, l’”artista” bolognese Sissi con il suo abito feat. peli sotto le ascelle in pura lana, Philippe Daverio che c’era sì sì eh perchè c’era ma non si è visto e (last but not least) il Cavaliere del Lavoro, Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Commendatore dell’Ordine della Legion d’Onore e Balì Gran Croce d’Onore e Devozione al Sovrano Militare Ordine di Malta (sì, è tutto questo, verificare su wikipedia per credere) Luca Cordero di Montezemolo.
Le tendenze? Tele monocolor, annunciazioni pixelate, peni in pompa magna, Adolfi Hitler che abbracciano Ludovichi Van ed ovviamente gli immancabili neon.
In definitiva potrei dire, parafrasando Franco Battiato, a questa amena serata preferisco l’insalata.
Per fortuna, come direbbe il Principe Antonio de Curtis è intervenuta la grande LIVELLA del pagamento del parcheggio, che ha costretto tutti, VIP, imprenditori, curatori d’arte e cialtroni freelance ad una coda di un’ora e mezzo sotto la pioggia.
Thumbs up invece per Artefiera OFF ed Art White Night (Abramovic! Ericailcane! Tante cose!).