Primo proposito per il 2011: evitare gli errori di distrazione e rileggere sempre ciò che si scrive.
Quando sono rientrata in ufficio ed ho trovato la festante e-mail in cui la mia collega mi augurava “Buon ano” ho subito pensato che mi volesse augurare qualcosa di simile al video qui sotto, e non mi è piaciuto.
Autore: Fr
I sintomi del Natale 2 /Voyager: ai confini della natività
Una storia che ha qualcosa di fuori dall’ordinario e che ha sconvolto la vita di un piccolo paese della Cisgiordania chiamato Betlemme.
Nessuno al giorno d’oggi è ancora stato in grado di spiegare esattamente cosa sia accaduto qui la notte tra il 24 ed il 25 dicembre.
Un testimone chiave: il califfo dei califfi al-Hakim bi-Amr Vespah, con un plastico ricostruito ad opera d’arte prova a spiegarci cosa accadde in quella piccola cittadina dispersa ormai più di duemila anni or sono.
Una storia di alieni, di templari, di chupacabras, di Ordine dei Rosacrocerosacrocianum, di Atlantide, della fava di Dan Brown e di tua madre, sì, di TUA madre.
Il plastico riproduce la normale vita notturna di Betlemme, altresì detta la Las Vegas di Galilea: mezzanotte, come ogni notte i pastori sono in piena attività facendo pascolare le greggi, le donne lavano i panni, i bimbi giocano al buio rompendosi menischi sul muschio, il tutto innaffiato dalle solite otri di vin Mosé, un tipico vino galileiano (dunque sperimentale), speziato, che si beve separato dalle acque.
All’improvviso, racconta Amr Vespah, apparve quella notte una luce abbagliante in cielo.
I pastori, sconvolti dal chiarore inaspettato, si diressero camminando verso la luce, come richiamati da questo bagliore: era la vita, oltre la vita, oltre la morte.
Il bagliore arrivava da una grande stella:che cos’era questo astro luminoso? Era davvero un astro?
Le teorie più attendibili dicono che potesse essere la berlina delle astronavi raeliane, con modernissimi fari allo xenon e navigatore satellitare.
Altri parlano addirittura di una segnalazione di uno dei fari di Atlantide.
La grande luce conduceva ad una grotta, non a caso esattamente delle stesse dimensioni del forno elettrico di Cheope nella grande piramide a Giza, forno peraltro alimentato con le tipiche lampade di Dendera.
Nella grotta i pastori ebbri si trovarono davanti ad una scena indescrivibile, misteriosa ed inspiegabile: un piccolo bambino in fasce, nato con un cerchio dorato e luminoso intorno al cranio; una madre piangente, recante la medesima malformazione, ed un padre incazzato contro un certo Gabriele.

La pietà per il povero padre fece commuovere tutti i pastori, che ubriachi si strinsero intorno al povero cornuto; la casuale vicinanza di un bue provocò tra l’altro a tutti grande ilarità.
Richiamati dalla luce, arrivarono da lontano tre Re Magi, misteriosi personaggi collegati alla P2 ed all’ordine dei Templari: si dice che i loro nomi fossero Idris, Micheal Jackson e John Titor.
Idris è ricordato come un negro e basta, come spiegato qui, e portò in dono alla famiglia della discordia una pinta di mirra, confondendosi biecamente con la bevanda al luppolo che avrebbe di certo lenito almeno in parte le ferite del povero cornuto Giuseppe.
Si tramanda invece che Micheal Jackson fosse arrivato da una terra magica chiamata Wonderland, carico di oro, e voglioso di conoscere il bambino ed offrirgli un nido familiare più accogliente, il calore di un padre ed altri servizi aggiuntivi legati ai metodi di reciproca conoscenza descritti nel libro dell’Antico Testamento.
L’ultimo, John Titor, era invece l’uomo venuto dal futuro per dire alla coppia che forse sarebbe bastata una bicicletta, un incenso, cento bottigliette d’acqua ed un fucile a pompa per salvare la situazione.
Cosa successe dopo l’arrivo dei Magi è un mistero ancora irrisolto.
Quello che sappiamo è che ogni anno, nelle nostre case, inconsapevolmente, viene nuovamente ricordata quella notte, in cui un padre perse la sua dignità di marito vedendo nascere un figlio non suo, in cui ci furono almeno 200 feriti per scivolamento nel muschio, assideramento e coma etilico a causa di un eccesso di illuminazione stradale aliena ed in cui Micheal Jackson decise di diventare bianco: di qui l’espressione “Bianco Natale” che non ha nulla a che fare con la neve.
I sintomi del Natale 1/Il panettone
Da oggi su (this) uno speciale countdown per il b-day di Jesus Christ, il solito megalomane che ci fa stare tutti a casa da lavoro solo perché compie gli anni.
In attesa del giorno X, il nostro speciale calendario dell’avvento in cui ogni giorno esprimeremo il (this)agio che proviamo per i simboli, o meglio, i sintomi del Natale.
Il panettone è il primo dei sintomi del Natale. Appare al supermercato circa due mesi prima della data fatidica del 25 dicembre. Quando ancora ti stavi abituando all’idea del freddo, della sciarpa e dei guanti eccolo li, a guardarti dalla scaffalatura come un boia pronto all’esecuzione.
Il panettone segna l’inizio del ciclo dei servizi al tg sulle influenze, seguiti a ruota da un mese di malasanità, economia stemperata da consigli per gli acquisti natalizi, morti a Capodanno, inflazione, Festival di Sanremo, primavera, allergie, malasanità, qualche catastrofe naturale, morti sul lavoro, estate, er calippo e a bira (poi si torna alle influenze di nuovo).
C’è chi il panettone lo inizia a mangiare a partire dal preciso momento in cui fa la sua prima apparizione al supermarket.
Tra questi teorici c’è mia nonna, che fonda il suo credo su due principali capisaldi: che ciò che c’è nel supermercato c’è, e quindi va consumato (una sorta di riadattamento di Parmenide) e l’affermazione “costa 4 euro e ci fai colazione per due settimane”.
Probabilmente la lunga durata del panettone a colazione è da imputare al fatto che i canditi di prima mattina insieme al latte provocano acidità di stomaco, dunque solitamente il dolce viene consumato con una lentezza inaudita.
I maratoneti del panetùn, ovvero i fruitori di lunga durata, quando “esso” a Natale compare in tavola manifestano spasmi ed attacchi di panico.
Nonostante ci sia uno zoccolo duro di amanti del panettone, il dolce piemontese è stato vittima negli ultimi anni di insopportabili variazioni sul tema mirate a raggiungere una fetta più ampia dei consumatori.
La più orrenda di queste è il panettone senza canditi e senza uvetta.
Mi sono sempre chiesta: ma perché comperare un panettone senza niente? Non è forse meglio comperare un kilo di pane montanaro e farsi delle bruschette a questo punto? Dobbiamo per caso farcelo piacere per forza o è meglio rassegnarsi al fatto che forse, semplicemente, non ci piace il panettone?
Un danno collaterale del panettone è il pandoro, il suo vicino soffice e minimal privo di canditi, da condire con gonfie bustine di chimicissimo zucchero a velo o chilogrammi da mascarpone e nutella: piace alle categorie a rischio, ovvero donne e bambini.
Ricordiamo tra gli altri prodotti correlati lo storico Tartufone Motta: prodotto grazie al quale negli gli italiani hanno imparato due utilissime espressioni francesi: “Seplufasil” e “Bonsoir mes amis” pronunciate da un simpatico colono francese dalla pupilla dilatata (attore e mimo inglese in realtà) in tight.
Nella confusione generata da questo eccesso di offerta propongo dunque un approccio alternativo alla questione “panetùn”: guardatevi questo video di Paperissima del 1998 in cui Fabrizio Frizzi cerca di promuovere il panettone Maina e ditemi se il vostro preferito non è già quello alla glassa di mandarla malandra stronza.
Nocche dure come mattoni
Ho deciso di manifestare con un rap il mio desiderio di riscatto sociale.
Ragazza con gli UGG all’uscita del Galvani
Nell’ostile città dei punkabbestia con i cani
Mi guardi con disprezzo perché sono stanca e struccata
Dal tuo mascara waterproof io mi sento giudicata
Devi ancora capire le tue aspirazioni
Ma mentre fumi e non aspiri
Guardi i maschi, quei coglioni
Ragazza con gli UGG all’uscita del Galvani
ti senti un pò migliore con i tuoi boots australiani?
Il Liberty Piaggio è la tua idea di viaggio
Il tuo ceto sociale ti da maggior coraggio
Da quando il Rosa Rosae non fa più le colazioni
Ti sei dimenticata anche le declinazioni
Ragazza con gli UGG all’uscita del Galvani
Che non conosci l’acne e non hai pensieri strani
La prossima volta che mi sfregi il motorino ti uccido.
NB: Il titolo dell’articolo è dedicato a Joe Cassano.
Vi sembrerà incredibile (o no?), ma anche lui ha fatto il liceo classico.
Switch off
Oggi è il grande giorno dello switch off al digitale per l’Emilia – Romagna.
Switch off letteralmente in inglese significa spegnere: la vecchia tv analogica cede il passo ad una tv nuova, quella digitale.
Il principe di Salina commenterebbe che “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
E infatti eccoci qua con una televisione che sa di tappo (abbiate fede, avremo Fede!) mascherata da decoder multicanale confezionati dall’”anonimo” Paolo Berlusconi.
Mio nonno, che è un po’ sordo, pensa che Suichoff sia il nuovo presidente russo.
Mia nonna per ovviare al problema ha già comperato Famiglia Cristiana di dicembre e sta intensificando le sue presenze alle messe.
Anche il mio sarà uno switch off “all’inglese”: da oggi tutto spento.
Non mi va di guardare l’ultima partita del monopolio imperfetto, non mi va di vedere l’ultima edizione del Grande Fratello (dove entreranno eccezionalmente un nano da giardino gay, una suora suadente, un templare, un ex obeso indisponente ed un negro albino), non mi va di vedere il sedere, le pere, la telenovela da parrucchiere, la pubblicità dello yogurt per la pigrizia intestinale e Gigi Marzullo prima di dormire.
Fine delle trasmissioni.
Bzzz…zzz…bzzz.
Click.