Sex & Mixtapes. Ho ritrovato le cassette con le playlist che usavo per propormi sessualmente

music_for_orgiesQuando ero più piccoletto ero convinto che creare la giusta atmosfera in casa prima di ospitare una possibile fidanzatina fosse una priorità. Ancor più importante di sapere bene come slacciare un reggiseno o cosa fare subito dopo. Una specie di rituale per la preparazione della “tana del lupo” che visto con gli occhi di oggi risulta tanto tenero quanto patetico. Le luci già pronte in un certo modo, musica selezionata ad hoc con i pezzi più avvolgenti selezionati per partire dopo un’oretta dall’arrivo dell’ospite (sì, ero ottimista, e infatti spesso al momento del dunque il cd era già finito e si poteva sentire di sottofondo solo la vicina napoletana rimproverare in dialetto il figlio scapestrato o peggio quelli dell’appartamento sopra scopare come veri professionisti con tanto di sonorità da film di Schicchi). Appestavo l’aria di improbabili incensi al sandalo e cercavo di programmare una reazione a ogni possibile risvolto del tutto. Hai sete? Pazzesco che caso ho l’acqua vicino al comodino. Vuoi due schiaffi? Fortuna che ho cilicio di mio zio seminarista sotto il cuscino. Non ti scopo bene? Tò mò meno male che ho il mio amico Gaby il Nerboruto nascosto nell’armadio pronto a risolvere la situazione. Roba così insomma.

Ovviamente alla fine tutto si risolveva in una aranciata amara bevuta in terrazzo con tanto di bacino finale sulla guancia e tanti saluti alla tua mamma che come al solito i suoi biscottini sono favolosi ora però scusa vado da Tafano un tizio che nemmeno conosco bene ma sono sicuro mi scoperà da Dio anche se poi mi ferirà a morte facendomi sentire sporca e puttana  piangerò un mese scrivendo frasi di Jim sulla Smemo quando avrei potuto scegliere te che invece insomma magari non sei un Adone ma almeno hai buon gusto nello sceglierti i vicini.

Col tempo tutti noi abbiamo capito che organizzare la tana del lupo è una sordida perdita di tempo oltretutto palese (voglio dire, chi cazzo mette davvero incenso al sandalo in una camera chiusa??), e nessuna luce soffusa influirà su una scopata come si deve. Certo, a quell’età si passa spesso anche al contraltare del sesso estemporaneo nei fetidi cessi dei locali o sul retro di una utilitaria, ma insomma per arrivare alla perfezione è giusto provare gli estremi più laidi (NdR. il concetto di perfezione è qui inteso come un atto fornicatorio terminato senza intrusioni di guardoni ubriachi tossici tuo padre gli sbirri).

music_tapeUn elemento che però continuo a ritenere fondamentale è quello della colonna sonora. Qualsiasi cosa la giornata preveda è insindacabilmente necessario associarla alla giusta playlist o alla giusta band (NdR. si escludono qui i comunque rari episodi di corsa al parco, durante la quale la tendenza a correre tenendo il tempo della musica nelle orecchie può portare a infarti ictus e strappi muscolari soprattutto in caso di Battles, Fear Factory e Aphex Twin). Da ragazzetto durante il tragitto da casa a scuola (tipo 250 metri) tenevo la musica irragionevolmente altissima sparata nelle orecchie, e cercavo di settare la giusta sequenza in base alla giornata che mi aspettava (operazione tra l’altro complessa e macchinosa data la leadership di mercato del tempo delle musicassette). Un bel bagno in vasca non era tale senza un LP dei Grant Lee Buffalo, una partita a Doom non si poteva chiamare così senza About Time dei Pennywise e una depressione post-due di picche non aveva la stessa valenza se non si udiva in sottofondo Fading Hours dei Rage (chi non la conosce clicchi qui, nessuno come i metallari nordeuropei sa canalizzare il disagio delle generazioni più insicure). Con l’avvento degli mp3 si è forse perso il gusto dell’album per ogni situazione, e le compilation che un tempo erano a esclusivo uso regalo indie per giovani flirt sono divenute una necessità per combattere la claustrofobia di genere (musicale e non). Carrettate di GB sono oggi occupate da album scaricati (legalmente eh) destinati a non essere ascoltati più di una volta, il contatore di iTunes impietosamente segnala decine di brani ascoltati zero volte e talvolta mettendo lo shuffle ci avviciniamo curiosi allo schermo chiedendoci di chi cazzo sia quel pezzo che il nostro stesso computer sta suonando. Creare una playlist dei nostri brani è ormai un’opera titanica che richiede una pazienza certosina che poche volte si ha, motivo per cui si torna ad ascoltare quella creata tre anni fa per la laurea di vostro cugino dove avete osato mixare Corona e i Black Flag passando da Fiorello e gli Husker Du.

kilowattGrazie a Dio esistono illuminati (intesi come società segreta di matrice occulta) che hanno capito questa necessità di ordinare il caos e hanno creato Pill Tapes (qui il sito ufficiale), servizio di assitenza medica musicale per curare i più svariati malesseri della società odierna. Playlist offerte gratuitamente all’ascoltatore come rimedio a disagio depressione psicosi sindrome da complottismo vaticano.
Sul sito si possono ascoltare playlist già confezionate da contributor esperti di ogni genere musicale si possa pensare (sì, anche di musica barocca), ordinate come:

– Analgesiche
– Antidepressive
– Anestetiche
– Antipsicotiche
– Anticomiziali
– Sedativo-ipnotiche

Grazie alla piattaforma Dragontape son ostati mixati pezzi di Late of the Pier, Twin Sister, Fujiya & Miyagi, Drink to me, Röyksopp, Satan’s Pilgrims, Boards of Canada, Grimes, Ennio Morricone, Caribou e migliaia di altri che mi scoccia copiaincollare dal sito. Dategli voi un’occhiata e diteci cosa ne pensate. La descrizione del’header qui sotto dice già tutto ciò che vi serve sapere. Se mi posso permettere, consiglio la “#666 Antidepressant MAO in Halloween Party”. Se vi affrettate la trovate ancora in home page. Ricordate comunque di selezionare una playlist che duri almeno 6 minuti prima di coricarvi con la vostra nuova fidanzata. Non vorrete mica che la musica finisca prima di voi..

pill_tapes

De graffitarum apreciandum e ultimo live degli Skiantos

fascio-infame-like-button

Ecco, una roba del genere

Passeggiando per le strade di Bologna mi rendo conto della frustrazione che provoca non poter interagire con le scritte che adornano i muri medievali della città. Una sensazione strana e svilente, tanto più nell’epoca in cui è possibile interagire con qualsiasi bestialità leggiamo sul web. Cristo, possibile non si possa commentare in tempo reale un graffito di blu o una frase sgrammatica sulla figa? Nemmeno un like volante? E il poke? Dov’è il poke? E cosa cazzo è soprattutto ‘sto poke?! Dovrebbero fornirci di stencil del like button in modo da poter esprimere al volo la nostra approvazione. “Carina quella scritta berlusconi mafioso topo di fogna sotto casa tua. Aspetta che disegno il like”. Come quando ero sbarbo e su ogni cesso delle scuole che si rispettasse trovavo la scritta “chi ama la figa tiri una riga”. Muri colmi di tratti decisi che mostravano una umida voglia di sostenere la causa.
Pare che una scritta simile campeggiasse anche nel cesso di Paolo Calissano, ma in quel caso l’interpretazione è stata un po’ diversa e più creativa.

freak-antoni

Freak in un momento di ispirazione

L’ironia di strada andrebbe valorizzata e tramandata, e in particolar modo nella nostra città. Negli anni in cui la cultura popolare si esprimeva sui muri con gemme come “Rapiamo Cossiga, nel senso di rapire”, “I borghesi sono buoni. Mangiamoceli!” e “L’immaginazione al podere”, personaggi come Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Freak Antoni e Filippo Scòzzari aiutavano a creare un immaginario surreale che ancora oggi fa a suo modo scuola. Alcuni di loro non ci sono più, altri si sono pettinati e hanno cambiato mestiere, altri, alla veneranda età di 58 anni, ancora calcano i palchi di tutta Italia sbraitando messaggi alieni dal buon senso come “Riprendiamoci la corsica”, “Ti frugo nel frigo”, “Italiano terrone che amo”, “Calpesta il paralitico”, “Sono un ribelle mamma” e così via. Roberto Freak Antoni è una di quelle certezze che rassicura chiunque stia a Bologna. Un po’ come il poeta di piazza Santo Stefano, Melania, Gennarino o il tizio del tso. Qualunque cosa ti capiti, loro sono lì, provati da esperienze che Dio solo sa, ma comunque costanti nella loro assurdità fuori dal tempo. Per anni la combo live-degli-Skiantos-all-Estragon-estivo più Spettacolo-di-Luttazzi-al-Made-in-Bo ci ha confortato al ritorno dalle vacanze, e trovarsi ad uno di quegli eventi era anche una tradizione, per rivedere gente che magari non incontravi dall’anno prima ma che eri certo avresti incrociato lì, a ghignarsela senza rimpianti.
Enrico Brizzi inserì Freak sotto le vesti di Beppe Starnazza nel suo capolavoro Bastogne. Lo immaginava come un cantante punk sovrappeso intento a suggerire agli spettatori di costruire una terza torre di plastica colma di elio di fianco agli Asinelli, per disorientare gli assonnati bolognesi ormai insensibili alle bellezze architettoniche della propria città. Dadaismo, surrealismo, non sense e volgarità esplicite. Tutto ciò che Seven Heaven ci intimava di disprezzare, lui le ha inserite in 40 anni di fulgida carriera.

ultimo-live-skiantos

Oggi siamo arrivati al capolinea. Venerdì 25 maggio 2012 al Crash Freak canterà per l’ultima volta con gli Skiantos. Dandy Bestia, chitarrista e “musicista bevente”, come recita la targa della piazzetta a lui dedicata all’Osteria del Sole, promette che ne raccoglierà l’eredità. Ma non sarà la stessa cosa. Io da parte mia sto facendo marcire da un mese verdure in frigo per rievocare il rito del lancio degli ortaggi sul palco. Sarà pure la loro ultima esibizione al completo, ma le tradizioni non si possono abbandonare così dal nulla. Spero farete altrettanto.
Che poi viene da chiedersi  che cazzo di senso avrà adesso l’Estragon estivo, se non quello di radunare hippie stempiati e ragazze scalze al concerto dei Modena City Ramblers. Freak glisserebbe con un “a volte il fumo è molto meglio dell’arrosto”. La sua quote con cui però vorrei chiudere un pezzo che mio rendo conto possa sembrare un coccodrillo post mortem è questa:

“Se sei muto ridi con gli occhi, se sei cieco ridi con la bocca. Se sei muto e cieco c’è ben poco da ridere”

Amen.

P.S. L’immagine “Fascio infame like button” è copyleft (this) blog. Prendete e condividetene tutti.

Nuovi album: Hanni El Khatib. Garage blues per skaters pentiti

Normalmente i titoli di coda di ciò che vedo alla tv o al cinema li seguo fino ad un certo punto. Mi piace aspettare il tempo necessario a capire le location dei set o gli autori della colonna sonora, ma niente di più. Detesto gli intellettuali radical chic che si ostinano a piantare il culo sulla poltroncina anche quando le luci sono ormai accese e io devo passare per andare a pisciare e loro devono essere sicuri che sì, era technicolor, e sì, ringraziano il comune di campitello matese e sì, adesso ti alzi perchè la gente spinge e devo uscire da qui c’è una puzza tremenda e il suolo è asfaltato di patatine al mais e cola conad. E questo è solo quando vedo la tv a casa mia. Immaginate al cinema.

hanni-el-khatibPoco tempo fa, però, una puntata di un telefilm americano che stavo seguendo sul divano pagando ovviamente i diritti alla Showtime si è conclusa con un pezzo che mi ha fulminato. Sembrava che Jack White si fosse unito a Jon Spencer tramite la fusion (per chi non è cresciuto a pane e Dragonball Z, è una mossa che Trunks e Goten utilizzano per unire le proprie forze combattive creando un unico potentissimo guerriero), e si fosse iscritto ad un master di soul all’accademia di New Orleans.
Insomma dopo diverse peripezie e consulenze strappate a tarda notte viene fuori che chi suonava quel pezzo era Hanni El Khatib, sbarbo di San Francisco figlio di un palestinese e di una filippina (dio benedica l’immigrazione selvaggia) che una volta appeso lo skateboard al chiodo o dove cazzo si appende lo skateboard si è dato ad un puro ed onestissimo garage rock-blues.

Le influenze del nuovo migliore amico delle mie colazioni sono palesi e quasi ostentate con spocchia: oltre ai già citati Jack e Jon non si possono non citare i Sonics ed il buon vecchio Elvis, di cui ha anche riarrangiato Heartbreak Hotel (arrangiamento acustico con tanto di banjo: ma quanto ti voglio bene??).
Dopo una intro enigmatico-a-cappella partono pezzacci garage e semi rockabilly come Build, Destroy, Rebuild e Dead Wrong; a seguire, svariati episodi di memorabilia musicali alla american graffiti e tanto tanto sfregamento di chitarre sporche e coinvolgenti che paiono scritte apposta per far sentire degli stronzi tutti quelli che mettono più di un fuzz nei loro effetti da fighetti. Verso la fine dell’album (ah, si chiama Will The Guns Come Out) ti stupisce pure con You Rascal You, una cover di Clarence Williams del 1931 già rivisitata da Louis Armstrong che spara a mille in una maniera forse troppo simile alla Hello Operator dei White Stripes. Per la cronaca, era questo il pezzo che era stato utilizzato dalla Showtime per il suo telefilm.

Sul suo sito la dedica che campeggia nella home è :“These songs were written for anyone who’s ever been shot or hit by a train“. Bravissimo.

Quelli che cioè a noi ci sembrano gli album italiani troppobbelli del 2011

spaccare tutto senza un valido motivoBrutta storia la disoccupazione. Ti fa guardare merda in tv, ti mette ai fornelli a cucinare storie tipo suorgermana imparate su youtube e ti permette di ascoltare più roba di quel che dovresti. Mandare curriculum ovviamente è fuori discussione. C’è la crisi. Figurati se vengono a cagare proprio me. Tanto vale finire le stagioni di Bored to Death e Breaking Bad. Magari rivedermi un paio di episodi di Death Note. Certo è vero che nei ritagli di tempo tra un non-colloquio e l’altro bisogna pure andare a comprare viveri e bevande, e si sa gli spostamenti urbani richiedono dosi massicce di musica iniettata direttamente nel cervello via auricolari (o mega cuffie per i più fescion). E’ altrettanto vero però che sempre meno novità di valore vengono proposte. Sarà la crisi, sarà sto buco dell’azoto, il fatto che oggi scopano più i diggei che i chitarristi o il crescente numero di gomiti che fan contatto col piede, ma nel mainstream ben pochi soldatini del ’99 si sono dati in pasto all’asburgico mercato musicale. Tanto che ad aprile si parlava dei migliori dischi del primo quadrimestre del 2011 ed erano tutti mostrisacri tornati alla ribalta. Gruppi riformati e poche band di giovanotti. Anche perchè l’unica che c’è è già costata la vita ad un operaio sottopagato, quindi potremmo anche devolvere i minuti sprecati nell’ascoltare costui al curling su ghiaia o meglio al puntocroce in apnea.

Dato comunque che le pause di riflessione tra una pennica e una partita all’xbox mi consentono di gestire al meglio il mio tempo, ho produttivamente deciso di  chiedere a due redattori di (this) cosa questo 2011 abbia regalato a noi avidi divoratori di novità musicali. Roba italiana, preferibilmente. Roba che puoi anche ascoltare live senza pagare 70 euro di biglietto, e magari in un raggio inferiore ai 70 km da casa tua (contestualizzando ovviamente come casa tua il luogo dove svieni la sera e bevi il caffè la mattina). Queste le trascrizioni delle interviste effettuate a pabblobabol e danji tra una sfida a biliardino col padrone del de marchi e un bicchiere della staffa con contratto indeterminato.

Brutta storia la disoccupazione.

pabblobabol:

La differenza tra me e te è che tu ascolti punk perché sei sempre incazzato e non hai niente da dire, io invece ascolto hip hop perché rifletto sugli eventi. Così mi ha detto qualche anno fa un amico che non ha mai capito un cazzo né di musica né di nient’altro.
Quest’anno è iniziato a suon di punk con Proteggere e Servire degli Smart Cops, forse il più longevo dei dischi nell’archivio del mio lettore mp3. Gente che è incazzata, molto, e di roba da dire ne ha sicuramente di più di quei cazzoni dei club dogo che voglio ricordare a chi tanto li osanna hanno fatto un featuring con biagio antonacci.
kaos one post scriptaE invece quest’anno è finito ancora più incazzato perché a 27 anni ho scoperto il rap e ancora non me ne capacito. Per quanto abbia sempre considerato merda il novanta percento delle produzioni da qualche mese sono in loop con Kaos come un neonato con la giostra dei cavalli sulla culla. Come il buon Giangi di -bastonate- ha sottolineato il mese scorso “Per Dargen D’Amico il rap è fare finta che domani muori; per Kaos invece è morire ADESSO, in ogni istante, e per davvero. Capisci? È sempre stata questa la differenza. Non avere alternative, giocarsela fino in fondo, fino alla fine, senza un altro posto dove andare, senza un piano B.” e non posso che sottoscrivere ogni virgola.
Infatti anche se non ho mai capito niente di rap e credo ben poco ne capirò Kaos ha tutto il mio rispetto. Il che vuol dire che potrei addirittura finire ad un suo concerto, e vi assicuro che la cosa mi preoccupa seriamente. Tutto questo per dire che Post Scripta, album uscito giusto un mese e mezzo fa, merita di stare in altissimo nella classifica della merda – buona – che ho ascoltato quest’anno.

forty winks bow howSperavo uscisse qualcosa di nuovo degli X-Mary e invece a quanto pare bisognerà aspettare i prossimi mesi. Pazienza. A tirar fuori qualcos’altro così su due piedi mi vengono in mente i Verme – il 7” Bad Verme – e pure Bow Wow dei Forty Winks, che manco sapevo avessero fatto un altro album, ma al primo ascolto m’è sembrato very nice, poi magari se ne riparlerà in futuro.
Continuo invece a chiedermi come cazzo faccia Bugo a continuare nella sua inarrestabile decadenza, forse dovrebbe farsi ricrescere i capelli.

Nella categoria non c’entra niente ma lo voglio dire lo stesso il back to the roots (non so se si dice così?) dell’anno. Discografia dei Social Distortion. Mi sono tornati i brufoli sulla fronte.

danji:

Se posso permettermi di eliminare dalle tue aspettative Verdena, Brunori SAS e i Classic Education per legittimo impedimento nel prenderli sul serio, ti dirò che quest’anno è andato piuttosto bene, soprattutto per chi ama il punk-core e il folk-rock fatto senza tante menate di testi sacri e virtuosismi onanistici. La più gradita sorpresa è senza dubbio quella dei Gazebo Penguins, trio emiliano dedito alla fucilazione dei timpani con uno spaghetti hard core di primo livello, che col suo Legna (nomen omen) ha stupito un pò tutti. Disco in free download (qui) e tanta ironia distorta per chi ha le orecchie a prova di riff full metal jacket.

raein sulla linea d'orizzonteAltro prodotto da prendere sul serio è Sulla Linea D’orizzonte Tra Questa Mia Vita e Quella di Tutti dei Raein, gruppo screamo di pazzoidi forlivesi che se chiedi di loro nel resto del mondo ti mostrano i tattoo col loro logo anche nel buco del culo, ma che qui in Italia a mio giudizio non hanno ancora ricevuto il tributo che meriterebbero. Sicuramente comunque più bravi a suonare che a giocare a calcetto (la dovevo mettere, concedetemelo).

Sugli Zen Circus ci siamo dilungati già abbastanza, rimane comunque  il fatto che Nati per Subire è una delle perle dell’anno. Buoni anche i lavori di The Death of Anna Karina (Lacrima / Pantera) e di 33ore, menestrello postmoderno che da oltre un anno rappresenta la punta di diamante della ottima Garrincha Records.

Sono un pò scettico sul ritorno dei One Dimensional Man, non tanto per il loro disco A Better Man, quanto più per questa roba che i gruppi si devono riformare (non erano formalmente sciolti ma nemmeno costanzo è formalmente sposato con un uomo). Cristo se qualcosa dovrà andare storto lo farà, recitava la legge di murphy, ed evidentemente qualcosa era successo. Questa voglia di tornare insieme per tutti sti gruppi mi fa davvero incazzare, e non parlo solo nel panorama italiano (fanno eccezione solo gli Stone Roses: bravi ragazzi, dateci dentro). Tanto più che spesso ripropongono i vecchi successi per un tour (vedi Rage Against The Machine) e poi ritornano a sfancularsi liberamente una volta incassato il bonifico.

Anyway

Sui JoyCut non sono obiettivo da quando ci fotterono metà concerto perchè dovevano fare il loro soundcheck meglio di noialtri e fecero slittare tutto il live di più di un’ora (ad ogni modo fanno cagare). Bella lì per i Love Boat che hanno fatto uscire un EP e per I Cani, che hanno ritruffato la storia della  musica con il loro paraculo ma funzionale Il sorprendente album bla bla.

E’ chiaro che una marea di gruppi e cantanti son rimasti fuori dall’elenco, vedi Giorgio Canali ed Ex-Otago, ma non sono disoccupato da abbastanza tempo per essere informato proprio su tutto.

Se però mi offri il prolungamento di contratto per il bicchiere della staffa sono disposto a scaricarlo e riassumertelo in poche parole. O a giudicarlo dalla copertina. Fai te

Io non sono figlio unico, e critico i film (e dischi) anche senza prima vederli

Nuovi album + live: the Sonics. Quando Abe Simpson imbraccia la chitarra

Quando avevo poco più di 12 anni, un compagno di classe mi chiamò da lui per farmi vedere una cosa incredibile. “Roba forte, non sono sicuro sarai in grado di apprezzarla”. Salutai mia madre in tutta fretta e saltai rapido sulla BMX, pedalando a più non posso, smosso da una curiosità innata che era stata stuzzicata nei suoi punti di pressione più sensibili. Le ipotesi si alternavano veloci nella mia testa mentre dribblavo le auto lungo la strada di periferia che separava le nostre case. Una Magic rarissima, in edizione limitata per il mercato nordeuropeo? Un manga ultraviolento ancora inedito nel nostro negozio di fiducia? Il corpo di un qualche animale alieno nascosto alle autorità? Arrivai trafelato nel cortile di casa sua, gettai la bici sul vialetto di ghiaia e corsi le scale saltandone a due a due (trovandomi regolarmente l’ultimo gradino singolo a rovinarmi il ritmo, maledette rampe con scale in numeri dispari). Arrivato nella sua stanza trovai una scena torbida che ancora oggi mi fa svegliare nel sonno orrendamente sudato. Con le braghe un pò calate il mio ormai ex-amico mi invitava a vedere un VHS pornografico, più dettagliatamente di genere “geriatric”, chiamato “Geriatric Valley Girl”. La storia in sostanza girava intorno a delle arzille vecchiette che facevano roba ai ragazzini di un liceo americano. Non ho mai voluto indagare su come si fosse procurato quel video, nè sul perchè volesse condividere con me quel momento di cameratismo preadolescenziale. Ciò che conta, è che per gli anni a seguire, la mia considerazione degli anziani è stata irrimediabilmente contaminata dalle immagini di quello spogliatoio della palestra. Non riuscivo nemmeno a cedere il mio posto sul bus ad una vecchia, senza pensarla invischiata in qualche becera pratica contorsionistica finalizzata al demolire in toto il fanciullesco rispetto giovane-anziano.

Questo fino a venerdì sera.

the sonicsLa redazione di (this) nella sua quasi completezza si è infatti recata al Bronson di Madonna dell’Albero (RA) per vedere il concerto-evento dei Sonics, gruppo garage rock con alle spalle più di 50 anni di carriera musicale, finalmente riunito e proposto alla platea più eterogenea che abbia mai visto. Già un’ora prima dell’apertura dei cancelli, ragazzini ribelli trotterellavano vicino ai genitori nostalgici che attendevano di vedere la band della loro gioventù; gruppi di commercialisti con passato da rocker stiravano sulla pancia il vecchio giacchetto di pelle riesumato per l’occorrenza, ormai troppo stretto per non evidenziare gli anni a sgobbare su una scrivania; hipster pettinatissimi commentavano saggi il suono fuzz dei primi album degli anni’60, mentre sessantenni spaesati guardavano increduli i loro alter-ego-40-anni-dopo con non poca apprensione. Dentro il locale, una vecchia signora americana davvero troppo simile alla mia insegnante di educazione artistica spacciava cd e magliette, dispensando sorrisi educati che ti aspetteresti più dalla tua salumiera che dalla venditrice di gadget e memorabilia. Tutto sommato, comunque, mi ispirava abbastanza fiducia dal non immaginarla intenta in pratiche sessuali perverse e immorali.

Il live è stato aperto dai bolognesi Tunas, highlander del garage rock bolognese che hanno dato per l’ennesima volta prova del proprio talento e della loro abilità nel far sembrare semplice lineare e naturale tutto ciò che non lo è. Poco meno di un’ora di live, e altra bandierina piantata nel loro già eccezionale palmares di collaborazioni live, una su tutte quella con i Buzzcocks di qualche anno fa. Il tempo di una birra da 0,3 a 5 euro e sul palco cominciava a muoversi qualcosa. “Un girello” per qualcuno. “Un polmone d’acciaio” per altri. L’ironia si spreca sempre quando ci sono i Sonics di mezzo. D’altra parte, un gruppo che con due album all’attivo in 50 anni di carriera (non contiamo gli innumerevoli singoli, cover e compilation) è arrivato ad essere un’icona del genere, al pari di Fuzztones e Wailers, non può che stimolare commenti di amore/odio. Gli scettici che temevano saltassero dentiere e cateteri durante i pezzi più tirati come Cinderella, Psycho o Strychnine sono rimasti piuttosto delusi. Una carica come quella espressa dalla band di Tacoma non la si vedeva da un bel pezzo, e chi si aspettava tutti i singoloni non è rimasto deluso (l’unico lasciato fuori è risultato alla fine Do You Love Me, comunque cover dei Contours). Un’ora e mezza di live dall’intensità sempre crescente, dove il nuovo bassista (comunque ultrasessantenne) e il tastierista si sono alternati alle voci con perfezione chirurgica. Lo show non ha deluso nessuno. Adulti pogheggianti e signore applaudenti compresi. Unico neo forse il sassofonista che pensava più a promuove il nuovo cd o le magliette tra una canzone e l’altra piuttosto che virtuoseggiare come comunque sa fare. “A chi compra una maglietta regaliamo un cd!” urlava roco con fare da venditore di ortaggi al mercato del sabato.

sonics new album coverMarketing a parte, comunque, il messaggio è stato devastante. Un nuovo cd dopo 30 anni di silenzio? Cercando nella rete si trovano ben pochi commenti e recensioni su questa registrazione, e quel che si trova non prescinde dalle critiche su età, poca originalità e paraculaggine. Tutto vero. Oltretutto sono 8 canzoni di cui 4 live delle solite note. Ma le prime 4 no. Le prime 4 sono eccezionali ruggiti del leone anziano, che vuole ricordare ai giovani che il synth pop è roba di cui ci dimenticheremo presto e l’indie pop è roba da ascoltare da H&M mentre ci proviamo una sciarpa e nulla più. Bad Attitude ha una linea di chitarra elementare ma davvero efficace su cui Roslie strazia le proprie corde vocali manco avesse 25 anni. Don’t Back Down strizza l’occhio ai Rolling Stones e al blues rock 70’s in un quattro quarti che scivola via senza stanchezze e virtuosismi di chi vorrebbe rinnovare un genere che ha contribuito a creare. La dissonante Vampire Kiss è forse la più contaminata dalla musica degli ultimi decenni ma risulta comunque per chi scrive una perla da insegnare a chi vuole avvicinarsi al mondo della chitarra blues.

La combo live+nuovo album, in sostanza, ha convinto chiunque fosse presente che i Sonics non sono quei dinosauri che si vuol far credere (la performance al Festival Beat di due anni fa pare non fosse stata all’altessa delle aspettative). Grinta, autoironia e capacità di saper gestire un tesoretto in effetti piccolo vista la lunga carriera, ma comunque immortale. Io, per quel che può contare, oggi ho ceduto il posto sul bus ad una vecchietta. Ho pensato fosse una amabile nonnina che andava dai nipoti a portare dolci presi al mercatino di Santa Lucia. Niente roba strana. Niente incubi la notte. La terza età si può reinventare al suono di una pentatonica maggiore. Basta rimanere fedeli alla linea. Ed evitare di scimmiottare roba che ormai è per altre generazioni. Le vecchie pornostar e Axl Rose sono avvisati.