Perchè sfilare nudi a Bologna non porta necessariamente alle dimissioni

dildo-islandUno strumento per monitorare le discussioni sui social media che forse non esiste ma è soltanto il mio insindacabile parere dice che i trend topic di questi giorni sono 3: Minetti, Radiohead e Polverini. Ora, premesso che a questi tre soggetti si associano tre azioni differenti e a loro modo noiose ovvero sfilare nuda, tornare a Bologna e dimettersi dal proprio posto, un semplice gioco di reinterpretazione della realtà (quello, per capirci, tanto caro a Capezzone) renderebbe almeno un poco interessante questa prima settimana autunnale. Allora la Minetti potrebbe dimettersi dal proprio posto mentre i Radiohead potrebbero sfilare nudi, magari per una qualche causa umanitaria. Tuttavia questo porterebbe la Polverini a Bologna e dato che in effetti quella salsiccia al profumo di revisionismo dalle nostre parti non ce la vogliamo ripensiamo gli scambi. I Radiohead potrebbero dimettersi dal ruolo di gruppo più sopravvalutato degli ultimi 20 anni, la Minetti potrebbe fare un salto a Bologna che in effetti di zoccole (nella concezione barese del termine) non ce ne sono mai abbastanza e per finire la Polverini dovrebbe sfilare nuda. Cosa che escluderei a priori dato che è già stata messa in agenda dai Maya per giustificare il casino di fine dicembre. Allora boh, facciamo che i Radiohead spogliano la Minetti mentre la pingue Polverini si dimette dal ruolo di chi ritorna a Bologna. E Bologna si dimette dal ruolo di chi ritorna su se stesso, ripensando a come non infastidire chi si sta spogliando. nakedD’altro canto, chi vorrebbe le dimissioni di una che si sta spogliando? Fosse Thom Yorke per carità, alzerei la mano per primo, ma metti che tutto ciò fosse per un motivo nobile tipo le dimissioni di Sallusti che comunque da qualche parte dovevo infilare come fai a dirgli di no. L’opzione di spogliare il dimissionario Sallusti mentre torna a Bologna mi pare forzata e in effetti non so come l’intervento della Polverini possa in fondo modificare l’impianto di questa teoria. Comunque in qualche modo farraginosa, me ne rendo conto. Di solito si fa subentrare un deus ex machina per sbrogliare una situazione ormai compromessa, ma gli escamotage mi escono sempre artificiosi quindi mettiamo che una delle azioni in più sia “sta per andare al gabbio“. Al fresco suona troppo Starsky e Hutch e dietro le sbarre un fumetto con il sempiterno eroe romantico Gambadilegno braccato da quel cocainomane metrosessuale di Topolino. Mettiamo allora che Gambadilegno si spoglia a Bologna per sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere le dimissioni del deus ex machina. “Troppo facile così” sarà lo slogan scandito dalla folla inferocita, che da che mondo è mondo non è una folla inferocita se non ha forconi e torce ripescate in cantina per l’occasione dopo i bei tempi dei cappucci bianchi a punta del papà. Il re non potrebbe ignorare la richiesta del popolo e alla fine andrebbe a finire in una maniera male. Roba tipo che paghi tasse o biglietti a caro prezzo per le mancanze altrui. Che siano queste dipartite di aiutanti o aiutanti partite con soldi pubblici. O aiutanti ripartite in frazioni uguali e vendute a Sandro Bondi al mercato vicino piazza Maggiore da un pakistano che nasconde un segreto. Piazza dove io nel dubbio siederò stasera, osservando felice lo splendore del mondo che mi circonda.

(grazie a Mindtapes per il solito prezioso supporto audiovisivo)

Woody Guthrie [14 Luglio 1912 – 3 Ottobre 1967]

A well respected man

Avessimo voluto pubblicare questo pezzo su rockit avremmo potuto iniziare dicendo che senz’altro non è un caso il fatto che Woody Guthrie sia nato il giorno della presa della Bastiglia. Ma fortunatamente possiamo sbattercene il cazzo dato che I Cani non hanno fatto ancora nessuna cover.

Comunque sì, è nato il 14 luglio. Di cento anni fa.

Non stiamo a menarvela tanto su chi era e cosa ha fatto, potete tranquillamente andare a visitare Wikipedia o il suo sito ufficiale. Quello che conta è che Woody Guthrie era uno che suonava canzoni folk.

“Scrivo canzoni di protesta, quindi sono un cantante folk”. Joe Strummer sapeva che cosa voleva dire suonare folk. Perché non era un coglione e perchè conosceva bene Woody Guthrie. Non per niente si faceva soprannominare Woody.

This machine kills fascists portava scritto sulla sua chitarra. E probabilmente ne ha seccati più lui con quella chitarra della P38 di Prima Linea.

A Joe Strummer il Comune di Tonara ha dedicato una via. A Woody Guthrie quello di Modena dedicherà un monumento dentro una rotonda. Certo, potevano pure scriverlo nella sua lingua this land is your land, ma sempre meglio di niente.

Dunque senza Guthrie niente Strummer, niente Dylan, niente Baez e, pensa te, ora la dico grossa, niente De Gregori. Sticazzi direte voi. Lo dico anche io.

Per dire, Woody Guthrie ha scritto un intero album su Sacco e Vanzetti e nonostante ciò niente ci leverà di dosso quell’incredibile vergogna di aver dovuto subire la rivalutazione delle loro figure grazie a una canzone – non di Guthrie – cantata da Emma Marrone e i Modà a Sanremo. Ah, per inciso, caro Morandi, Sacco e Vanzetti sono stati uccisi perché erano anarchici, non perchè erano italiani.

Comunque, Woody Guthrie, che è nato cento anni fa, ha scritto tanta di quella roba che alla fine Billy Bragg e Wilco c’han fatto su un disco con i suoi testi. E She came along to me è una di quelle canzoni che farebbero innamorare di voi tutte quelle belle ragazze alternative che state puntando dagli aperitivi di inizio Maggio ma no, ciò non vuol dire che vi debbano per forza piacere le birkenstock, ricordatelo.

Morto a causa di una delle malattie peggiori che il vostro dio abbia mai mandato sulla faccia di questa terra, la Corea di Huntington, aveva detto una cosa del genere:

A folk song is what’s wrong and how to fix it or it could be 
who’s hungry and where their mouth is or 
who’s out of work and where the job is or 
who’s broke and where the money is or 
who’s carrying a gun and where the peace is

Quindi, cortesemente, la prossima volta che nella vostra città organizzate un concerto di gente tipo Maria Antonietta, evitate di scrivere “folksinger” nel comunicato stampa.

Perchè io la capsula di cianuro ce l’ho sempre in tasca. E in questi casi mi viene davvero voglia di usarla.

De graffitarum apreciandum e ultimo live degli Skiantos

fascio-infame-like-button

Ecco, una roba del genere

Passeggiando per le strade di Bologna mi rendo conto della frustrazione che provoca non poter interagire con le scritte che adornano i muri medievali della città. Una sensazione strana e svilente, tanto più nell’epoca in cui è possibile interagire con qualsiasi bestialità leggiamo sul web. Cristo, possibile non si possa commentare in tempo reale un graffito di blu o una frase sgrammatica sulla figa? Nemmeno un like volante? E il poke? Dov’è il poke? E cosa cazzo è soprattutto ‘sto poke?! Dovrebbero fornirci di stencil del like button in modo da poter esprimere al volo la nostra approvazione. “Carina quella scritta berlusconi mafioso topo di fogna sotto casa tua. Aspetta che disegno il like”. Come quando ero sbarbo e su ogni cesso delle scuole che si rispettasse trovavo la scritta “chi ama la figa tiri una riga”. Muri colmi di tratti decisi che mostravano una umida voglia di sostenere la causa.
Pare che una scritta simile campeggiasse anche nel cesso di Paolo Calissano, ma in quel caso l’interpretazione è stata un po’ diversa e più creativa.

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Freak in un momento di ispirazione

L’ironia di strada andrebbe valorizzata e tramandata, e in particolar modo nella nostra città. Negli anni in cui la cultura popolare si esprimeva sui muri con gemme come “Rapiamo Cossiga, nel senso di rapire”, “I borghesi sono buoni. Mangiamoceli!” e “L’immaginazione al podere”, personaggi come Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Freak Antoni e Filippo Scòzzari aiutavano a creare un immaginario surreale che ancora oggi fa a suo modo scuola. Alcuni di loro non ci sono più, altri si sono pettinati e hanno cambiato mestiere, altri, alla veneranda età di 58 anni, ancora calcano i palchi di tutta Italia sbraitando messaggi alieni dal buon senso come “Riprendiamoci la corsica”, “Ti frugo nel frigo”, “Italiano terrone che amo”, “Calpesta il paralitico”, “Sono un ribelle mamma” e così via. Roberto Freak Antoni è una di quelle certezze che rassicura chiunque stia a Bologna. Un po’ come il poeta di piazza Santo Stefano, Melania, Gennarino o il tizio del tso. Qualunque cosa ti capiti, loro sono lì, provati da esperienze che Dio solo sa, ma comunque costanti nella loro assurdità fuori dal tempo. Per anni la combo live-degli-Skiantos-all-Estragon-estivo più Spettacolo-di-Luttazzi-al-Made-in-Bo ci ha confortato al ritorno dalle vacanze, e trovarsi ad uno di quegli eventi era anche una tradizione, per rivedere gente che magari non incontravi dall’anno prima ma che eri certo avresti incrociato lì, a ghignarsela senza rimpianti.
Enrico Brizzi inserì Freak sotto le vesti di Beppe Starnazza nel suo capolavoro Bastogne. Lo immaginava come un cantante punk sovrappeso intento a suggerire agli spettatori di costruire una terza torre di plastica colma di elio di fianco agli Asinelli, per disorientare gli assonnati bolognesi ormai insensibili alle bellezze architettoniche della propria città. Dadaismo, surrealismo, non sense e volgarità esplicite. Tutto ciò che Seven Heaven ci intimava di disprezzare, lui le ha inserite in 40 anni di fulgida carriera.

ultimo-live-skiantos

Oggi siamo arrivati al capolinea. Venerdì 25 maggio 2012 al Crash Freak canterà per l’ultima volta con gli Skiantos. Dandy Bestia, chitarrista e “musicista bevente”, come recita la targa della piazzetta a lui dedicata all’Osteria del Sole, promette che ne raccoglierà l’eredità. Ma non sarà la stessa cosa. Io da parte mia sto facendo marcire da un mese verdure in frigo per rievocare il rito del lancio degli ortaggi sul palco. Sarà pure la loro ultima esibizione al completo, ma le tradizioni non si possono abbandonare così dal nulla. Spero farete altrettanto.
Che poi viene da chiedersi  che cazzo di senso avrà adesso l’Estragon estivo, se non quello di radunare hippie stempiati e ragazze scalze al concerto dei Modena City Ramblers. Freak glisserebbe con un “a volte il fumo è molto meglio dell’arrosto”. La sua quote con cui però vorrei chiudere un pezzo che mio rendo conto possa sembrare un coccodrillo post mortem è questa:

“Se sei muto ridi con gli occhi, se sei cieco ridi con la bocca. Se sei muto e cieco c’è ben poco da ridere”

Amen.

P.S. L’immagine “Fascio infame like button” è copyleft (this) blog. Prendete e condividetene tutti.

Nuovi album: Hanni El Khatib. Garage blues per skaters pentiti

Normalmente i titoli di coda di ciò che vedo alla tv o al cinema li seguo fino ad un certo punto. Mi piace aspettare il tempo necessario a capire le location dei set o gli autori della colonna sonora, ma niente di più. Detesto gli intellettuali radical chic che si ostinano a piantare il culo sulla poltroncina anche quando le luci sono ormai accese e io devo passare per andare a pisciare e loro devono essere sicuri che sì, era technicolor, e sì, ringraziano il comune di campitello matese e sì, adesso ti alzi perchè la gente spinge e devo uscire da qui c’è una puzza tremenda e il suolo è asfaltato di patatine al mais e cola conad. E questo è solo quando vedo la tv a casa mia. Immaginate al cinema.

hanni-el-khatibPoco tempo fa, però, una puntata di un telefilm americano che stavo seguendo sul divano pagando ovviamente i diritti alla Showtime si è conclusa con un pezzo che mi ha fulminato. Sembrava che Jack White si fosse unito a Jon Spencer tramite la fusion (per chi non è cresciuto a pane e Dragonball Z, è una mossa che Trunks e Goten utilizzano per unire le proprie forze combattive creando un unico potentissimo guerriero), e si fosse iscritto ad un master di soul all’accademia di New Orleans.
Insomma dopo diverse peripezie e consulenze strappate a tarda notte viene fuori che chi suonava quel pezzo era Hanni El Khatib, sbarbo di San Francisco figlio di un palestinese e di una filippina (dio benedica l’immigrazione selvaggia) che una volta appeso lo skateboard al chiodo o dove cazzo si appende lo skateboard si è dato ad un puro ed onestissimo garage rock-blues.

Le influenze del nuovo migliore amico delle mie colazioni sono palesi e quasi ostentate con spocchia: oltre ai già citati Jack e Jon non si possono non citare i Sonics ed il buon vecchio Elvis, di cui ha anche riarrangiato Heartbreak Hotel (arrangiamento acustico con tanto di banjo: ma quanto ti voglio bene??).
Dopo una intro enigmatico-a-cappella partono pezzacci garage e semi rockabilly come Build, Destroy, Rebuild e Dead Wrong; a seguire, svariati episodi di memorabilia musicali alla american graffiti e tanto tanto sfregamento di chitarre sporche e coinvolgenti che paiono scritte apposta per far sentire degli stronzi tutti quelli che mettono più di un fuzz nei loro effetti da fighetti. Verso la fine dell’album (ah, si chiama Will The Guns Come Out) ti stupisce pure con You Rascal You, una cover di Clarence Williams del 1931 già rivisitata da Louis Armstrong che spara a mille in una maniera forse troppo simile alla Hello Operator dei White Stripes. Per la cronaca, era questo il pezzo che era stato utilizzato dalla Showtime per il suo telefilm.

Sul suo sito la dedica che campeggia nella home è :“These songs were written for anyone who’s ever been shot or hit by a train“. Bravissimo.

Sanremo vs Henry Rollins. L’atrofia da tweet e un caffè troppo freddo

Stamattina mi sono alzato di buon umore. Le ultime notizie discusse ieri sera erano l’arresto di uno sbirro omicida condannato a quasi 10 anni di cella, la sentenza Eternit e la fine dei patti lateranensi dopo 80 anni di vergognosa concussione cattolica. Wow. Oltretutto il risotto ieri mi era venuto una bomba e la neve si era definitivamente autoeliminata dalla vespa, lasciandomi finalmente libero di poter decidere se scarpinare ancora per la città o rischiare il collo sgommando sul ghiaccio dei viali.

Mentre mixo sommariamente del latte freddo con del caffè ancor più freddo, cerco di mettere a fuoco la situazione e capire cosa dovessi fare di così urgente. Eppure era roba grossa, penso, mentre un biscotto secco si rifiuta di intenerirsi dentro quella bibita congestionante. Boh. Il nulla. Comunque. I media nazionali mi hanno insegnato a consultare twitter quando vuoi capire cosa è successo, sta succedendo e succederà, come fosse l’unico polso da tastare per comprendere che cazzo passa per la testa della gente. E in effetti non hanno tutti i torti. Diavolo di un Paolo Liguori.

Fiducioso sul mondo migliore che ho lasciato ieri sera, giusto, giustizialista e giustappunto stronzo con chi lo merita, mi connetto. E Wow. Davvero Belen ha fatto vedere la figa su RaiUno?? Che spacco sul vestito! No aspetta, davvero aveva un tatuaggio?? E a farfalla per di più! Che audacia! No, aspetta, Morandi mangia la merda???? Non mi dite che hanno davvero eliminato la figlia di Zucchero.. E Celentano?

Ma che cazzo.

belen-sanremo-nudaE’ vero che c’è Sanremo. Quindi se ne riparlerà tra una settimana di commentare il mondo reale. Che palle. Che poi io lo spacco di Belen, quello vero però, lo avevo già visto da mesi. E il tattoo con la farfalla fa tanto daddy’s little princess e morandi è chiaro che mangia la merda con quelle mani enormi te lo immagini mangiare cose mostruose mica pisellini e ceci e poi cristo chi cazzo è la figlia di zucchero??? e perchè so che era vestita da hippie???

henry-rollins-bolognaPer la cronaca ciò che dovevo ricordarmi era l’esibizione di Henry Rollins stasera all’Estragon (20 euro comunque?? Veramente? Un week end che inizia con 20 euro di giovedì non può che finire malissimo). Il fu cantante dei Black Flag, nella seconda parte di carriera della band hard-core. Un energumeno che vorresti sempre avere al tuo fianco durante una rissa da stadio, e al contempo un illuminato da cui vorresti copiare durante la terza prova della maturità. Due cose inconciliabili, apparentemente. E invece..

Niente da fare, comunque. Non passerò domani un’altra giornata senza avere nulla di attualità da dire, tipo il vestito di lei sul palco o l’imbottitura di lui sul pacco. Ci sono priorità, Henry. Sono desolato. Ma la tribù dei social network ha parlato e sentenziato. Nonostante nessuno lo guardi, tutti ne parlano. E allora basta ipocrisie, ci meritiamo sanremo, ci meritiamo che se ne parli, e, perchè no, ci meritiamo una fighetta argentina che ci stuzzica l’appetito con un vedononvedo là su quel palco dove si sono esibiti Nilla Pizzi, Claudio Villa, Iva Zanicchi, Alexia e Ron. Solo per citare i migliori.