Incattivirsi contro Sanremo ha ancora senso?

Bullismo durante Sanremo
Cosa succede agli italiani quando la TV nazionale trasmette Sanremo? Quale corda di insoddisfazione e rancore tocca questo festival, innocuo per 50 anni e oggi valvola di sfogo della più feroce cattiveria da tastiera?

Un tempo le reazioni si dividevano tra pro e contro, le discussioni a riguardo si limitavano al “lo hai visto quel cantante?” “No.” e tutti amici come prima. Per qualche mese le radio trasmettevano varie hit monouso e qualche ultimo classificato sbancava a caso le classifiche italiane. Punto.

Oggi Sanremo è la cosa più vicina ad un talent alla X-Factor o the Voice, ma con in gara uno spettro di cantanti che va da “Ero in classifica quando Andreotti era portaborse” a “Facciamo presto che domani ho la verifica di geografia”. Ora, senza soffermarsi su questa linea adottata per raccogliere quattro generazioni di spettatori, il vero problema è che il pubblico non ha ancora capito la differenza tra X-Factor e Sanremo. Certo, si vota da casa, si canta più o meno bene e si indossano capi orrendi in entrambi. Ma la necessità dell’interazione è ben diversa.

Mi spiego. Stiamo parlando di un programma che probabilmente era in sottofondo mentre venivate concepiti, e che già allora risultava fuori dal tempo. C’è davvero bisogno che tiriate fuori tutta la cattiveria possibile per sottolinearne l’inadeguatezza? O seguire l’onda di chi usa Twitter una settimana all’anno per smerdare una vecchia gloria che si rimette in gioco vi fa sentire parte di qualcosa di più grosso?

Bè, sorpresa: quel qualcosa di più grosso è il bullismo. Bullismo dei peggiori tra l’altro, perchè inflitto in maniera vigliacca tramite un account che vi identifica come @CippaLippa86. Che differenza c’è tra quattro ragazzotti scemi che strattonano un ragazzino nerd con un maglione di merda, e seicento scimmie che si accaniscono sul vestito di una cantante vittima di un fashion designer ubriaco? La differenza è che almeno i primi ci mettono faccia e mani. Che poi vorrei vedere come sono vestite tutte queste paladine del buon gusto mentre twittano l’ennesima arringa contro l’ardito accostamento di tessuti ora in onda. Ad andar “bene” parliamo di pigiami di pile con orsetti e calzettoni di spugna comodoni.

Se GarageBand ha dato a tutti la certezza di essere delle rockstar, lo smartphone di essere dei fotografi e la GoPro dei registi, i social network hanno convinto orde di macachi tecnologicizzati di essere dei Bill Hicks pungenti e unici nel loro genere. Bè, non è così.

Durante Sanremo il popolo si ribella cosí al padrone, cercando quello spiraglio di autodeterminazione che non gli è concesso nella vita politica. Per quattro giorni all’anno può insultare il servizio pubblico, le personalità e tutto il sistema dello spettacolo impunemente, salvo poi offendersi se uno di loro fa la battuta sbagliata (vero, difensori di Ezio Bosso, che inveite contro Spinoza ma avete le chat di Whatsapp intasate di montaggi in cui Andrea Bocelli viene perculato in ogni modo ma quella dai è cecità è meno pesa?). Questa Rivoluzione d’Ottobre digitalizzata non è altro che una gangbang di autocelebrazione conformata alla massa, la cui iperbole orgasmica è il retweet di profili simpaticoni con qualche migliaio di fan in più.

Sanremo può non piacere (e ci mancherebbe), ma in quel caso fate altro. Ci sono un sacco di libri da leggere, strumenti da suonare, concerti da vedere, film da riguardare e donne/uomini da conquistare. Ingobbirvi sul telefono dandovi cinque alti virtuali per il vostro comune dissenso non aumenterà la qualità del vostro tempo libero. Giuro.

Contro la ciccionizzazione di Bologna

Mi sono perso il momento esatto in cui si è deciso che lo standard minimo per uscire la sera d’estate fosse la sagra del cinghiale biologico. Sempre che il cinghiale biologico esista sul serio. Sempre che il biologico esista sul serio.

Fateci caso, non esiste proposta culturale/musicale/cinematrografica a Bologna che non preveda a lato una serie di stand enogastronomici che con l’offerta della serata c’entrano tanto quanto valgono più di 100 anni di lotte sindacali per il Jobs Act: zero. E il discorso non vale certo per la sola Bologna, ma per una volta guardiamo nel nostro piatto (letteralmente).

Da qualche parte a Palazzo D’Accursio hanno deciso che eventi e festival per essere allettanti debbano annoverare tra le proprie offerte panini al sesamo integrale, kebab di seitan tofuizzato e polpette di sostegno subsahariano. E poco importa che in un attimo l’atmosfera da Festa-dell-Unità-lunga-un-estate invada anche i festival più interessanti. Insomma “A qualcuno piace fritto” sosterrebbe caustico Billy Wilder se non fosse morto da 13 anni.

Imago-Bologna
Siamo nel mezzo della tratta media del turista da guida Mondadori in visita al Belpaese (Roma-Firenze-Venezia) ma non abbiamo canali, Michelangeli o Fori, dunque si è deciso che per bloccare un giorno i viaggiatori a Bologna è necessario vendersi come la città del cibo, del cinque alto al colesterolo, del “non esiste spaguetti bolonese”. Una bella scocciatura per chi non ne ha mezza di americani in calzoncini che cercano mortadella da trafugare nei bagagli al check in. E dire che la tradizione musicale e l’intraprendenza artistica non ci sono mai mancate.

Esistono per fortuna realtà che guardano alla ciccionizzazione di Bologna con temperato scetticismo, affidando a musica e arti visive il compito di saziare i nostri stomaci voraci.

Imago, tra tutti, è il festival che ha cercato di offrire l’intrattenimento più soprendente, grazie ad una selezione mai banale dei musicisti e a una scelta delle location da mettere i brividi. Vi dice niente il Cimitero della Certosa? Bene, immaginatelo di notte. Fatto? Bene, ora metteteci un sottofondo di jazz nella sua forma più delirante contaminato dall’elettronica d’avanguardia. Ci siete riusciti? Io no, d’altra parte di musica non capisco un cazzo quindi mi sono fatto spiegare da uno degli organizzatori che musica avrei potuto sentire alle loro serate. La risposta è stata “elettronica di ricerca influenzata da suggestioni etniche, di grande lirismo e impatto. Da Campbell Irvine a Caterina Barbieri, musa della musica sintetica modulare, passando per il techno-ambient Polar Inertia e 80Mesh, esperimento che valorizza il movimento generato dal suono per modulare la sabbia”. Ho annuito con fare grave, ovviamente, mentre controllavo il loro sito di nascosto sul mio cellulare per trovare almeno una parola di cui conoscessi il significato.

Imago-Bologna
La molteplicità dell’identità è al centro della sperimentazione audio visiva di quest’anno (hipster trasformisti di tutto il mondo:unitevi!). Le scorse serate si sono svolte al Museo Civico Medievale, altra location ad alto rischio di Sindrome di Stendhal. Domenica 28/6 alla Certosa ci sarà l’evento di chiusura, durante il quale sarà anche possibile infilarsi in tour organizzati degli angoli più suggestivi. Buone notizie per gli amanti dei festival-solo-festival, gli appassionati di musica non esattamente in quattro quarti, i profanatori di tombe e i sabba entusiasti. Quanti di voi hanno detto “Non ho mai fatto un giro dei canali sotterranei di Bologna nè un giro alla Certosa di notte”?

Bè questa è l’occasione per espiare almeno metà delle vostre colpe.

(Per inciso, alla serata è vietato mangiare. Giuro.)

Per maggiori informazioni questo il link al sito ufficiale e questo alla pagina Facebook.

Perché le serie tv hanno rovinato un’intera generazione

Ho smesso di scrivere per un po’ su questo blog grazie a una scommessa con un amico. Avevamo puntato 10 euro sul fatto che se avessimo interrotto per alcuni mesi ogni attività che avesse previsto l’utilizzo anche minimo del cervello saremmo finiti a commentare su Twitter l’eliminazione da Masterchef di un cuoco crudivegano e a commuoverci per le tragedie familiari snocciolate dai telegiornali generalisti. Ovviamente al tempo non potevamo sapere quanto spesso le due cose coincidano, ma è stata comunque un’esperienza fondamentale. Niente lettura, niente scrittura, niente musica, niente disegno, niente tempo per fermarsi un attimo e organizzare le idee. In sostanza, sedersi e guardare uno schermo.

Perché le serie tv hanno rovinato una intera generazione3

Pare infatti che nel 2015, chi non ha interessi particolari, voglia o tempo per coltivarne di nuovi, passioni generiche o solamente spirito di iniziativa, investa gran parte del tempo libero in una o più di queste attività:

1) Fare sarcasmo da quattro soldi sui social network commentando programmi tv, sfighe altrui, VIP, eventi di cronaca
2) Emulare ricette culinarie apprese dai cuochi in tv, nuovi punti di riferimento della cultura popolare che cavalcano furbescamente a rotazione l’onda del benessere, dell’etnico, del design a portata di mestolo
3) Guardare compulsivamente serie televisive di ogni genere, immedesimandosi in personaggi che guarda sembro io quando mi sono lasciata con Gianni / quando studiavo scherma medievale / quando spacciavo bamba ai ragazzini del Copernico.

Curiosamente tutte queste attività necessitano di un apparecchio televisivo ben sintonizzato e di una buona dose di ore vuote a lui dedicate. Dico curiosamente perchè nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad una poderosa contestazione televisivo negazionista che ci ha fatto sentire almeno una volta la frase “non lo so, io la tv nemmeno ce l’ho a casa” (detta rigorosamente ad alta voce, per far si che tutti i presenti ne fossero al corrente). Questo mantra post berlusconiano dà forse il peggio di sé quando usato come incipit (“Premesso che io non ho la tv a casa..”), ma ovviamente ognuno è libero di acquistare gli elettrodomestici che preferisce.

Qui si vuole piuttosto sottolineare l’imbarazzante contraddizione di una generazione che vuole giustamente distaccarsi da Barbara D’Urso, i quiz e le veline ma al contempo si frigge il cervello a fare binge-watching di stagioni intere di una serie tv mentre fuori il mondo cerca disperatamente gente normale con cui ricostruire il concetto comune di decoro. Il problema della tv non è mai stato il livello medio delle trasmissioni, il problema della tv è da sempre il potere soporifero che ci rende tutti procrastinatori cronici. Che differenza c’è allora tra una Adalgisa qualunque che si spacca di Affari Tuoi, Buona Domenica e Porta a Porta e un giovane brillante designer con montatura spessa che si vede 8 puntate di fila di The Walking Dead e poi fa un richiamino con due di Better Call Saul?

Perché le serie tv hanno rovinato una intera generazione2

Capisco che la mia generazione abbia perso fiducia nel grande schermo quando ha capito che i modelli di vita proposti e le situazione di vita quotidiana ritratte erano tutto fuorchè realistiche, ma da qui a immedesimarsi in modelli più realizzabili come spacciatori di meth, avvocati senza scrupoli, nerd figarepellenti, dottori in amore e sbirri schizofrenici ce ne passa. Se oggi guardiamo con fatica un film di tre ore ma siamo capaci di vederci 5 puntate di fila di The Wire è solo perchè Hollywood ha alzato troppo il tiro con la sua presunzione e i suoi ritmi e temi non ci rappresentano più.

Guardate cosa ci ha fatto con il mare. Chiunque si ritrovi a nuotare a centro metri dalla riva (per chi nuota nell’Adriatico, si consideri una distanza minima di 500 mt) non vedrà più i suoi piedi. Il buio. Reazione immediata? Mente che ritorna alle decine di film con animali feroci che nuotano in cerchio aspettando di assaggiarci e camera mentale che passa alla prospettiva del predatore, intento a osservare quelle belle gambe grassottelle che zampettano in controluce.

Peggio ancora ha fatto con i temporali. Tuoni e fulmini sono per Hollywood il preludio a intrusioni di assassini, ladri o ad andar bene di risate malvagie. Se poi salta la corrente si cerca già il coltello da cucina. Idem per le cantine buie e i vicoli di periferia, troppe volte teatro di incontri fatali. Un immaginario condiviso rovinato per sempre dalle psicosi e sindromi di abbandono di sceneggiatori ansiosi e paranoici.

Perché le serie tv hanno rovinato una intera generazione

Questo per dire che se la gente non sa più quanto costa un biglietto del cinema, di un concerto o di un volo continentale ma conosce almeno 12 siti su cui guardare in streaming prodotti a bassa definizione, possiamo davvero dire di essere migliori di chi (forse più onestamente) aspetta che film e serie tv vengano inserite nel palinsesto? Da avido consumatore di prodotti seriali non posso dare un giudizio, quello che mi viene però da evidenziare è l’attegiamento snobbistico di chi fa finta di non capire che essere cultori di serie tv non ci rende intellettuali (no, The Newsroom e Frasier sono solo un po’ più complessi di altri dove si ammazzano a spadate). Leggere i libri da cui sono tratte tantomeno, dal momento che avendo già visto la trasposizione viene meno l’aspetto di immaginazione dei volti dei luoghi e delle voci che internamente sviluppiamo quando leggiamo un libro non ancora portato in sceneggiatura.

Le serie tv non sono il nuovo teatro, dove le star si riciclano per dimostrare quanto valgano in realtà. Spacey, Bacon, Roth e compagnia danzante non hanno accettato il passaggio a questo format perché l’attore dimostra il proprio valore sul lungo periodo seriale, ma solo perché ora è lì che ci sono i soldi. E la grande truffa del nuovo millennio è far pensare ai telespettatori (perché questo si rimane, anche se si usa un MacBook Air Retina da 258 pollici) di essere migliori di Adalgisa. I cui gusti televisivi faranno pure cagare ma almeno sa tirare la sfoglia da Dio e conosce il segreto di una buona stiratura dei colletti. Quanti di noi possono dire lo stesso?

10 tipi di sportivi post-vacanza

Prima di essere una stagione dell’anno, l’estate è innanzitutto uno stato mentale. Gioia, spensieratezza, senso dell’avventura? Cazzate. L’estate è sopra ogni cosa una resa senza condizioni alle nostre debolezze.

C’è un sottile sentimento di lassismo autolesionista nella stagione calda che fa si che tutti gli sforzi fatti durante l’anno per rimettersi in forma, entrare nei vestitini di cotone o eliminare vizi di varia natura vengano meno in quelle poche settimane di vacanze di agosto.

Diete, fioretti, jogging selvaggi a due giorni dalla prova costume, sono solamente crediti da giocarsi con la nostra coscienza per scolarsi una birra in più in spiaggia (“Ho corso sul tapis roulant per 8 mesi, una birretta in più me la posso pure concedere no?”) o ingollarsi interi silos di gelato alla gianduia.

Sportivi post-vacanza
Secondo dati Ho Chiesto A Diversi Amici, il 90% di voi è andato in posti dove sì il mare è bello sì i paesaggi sono mozzafiato sì la cortesia della gente ma la cucina locale è annoverata dal Consiglio per la sicurezza Nazionale come nemico della democrazia e dei vostri jeans ultra skinny che fino a giugno vi calzavano come un guanto. Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna, Grecia, Spagna o Berlino che sia (Berlino, esatto. Come sapete la gente oggi non va in Germania, va a Berlino) il fil rouge delle vostre vacanze è stato questo SMS inviato agli amici rimasti in citta: Sto mangiando come un cinghiale, da settembre torniamo in palestra.

Eccoci qui, allora.

Il 70% del fatturato annuo delle palestre si materializza proprio adesso, quando neanche gli specchi magici di H&M possono più mentire sulla propria forma ellittica, e la reazione è una sola: da lunedì comincio con la palestra / il calcio / la danza / una forma qualsiasi di hobby brucia calorie. Ovviamente i (buoni) propositi essendo tali durano di norma quanto un governo della sinistra: poco e male.

Le tipologie di sportivi post-vacanza sono decine, ma per facilitare la digestione di questo ennesimo boccone di troppo le ridurremo a 10.

1) I Corridori – I corridori last minute li riconosci prima ancora che dalla corsa dal loro abbigliamento. Indossano maglie di gruppi o di squadre da calcio e calzano sneakers. Spesso sfoggiano occhiali da sole e uno smartphone in mano, con il quale alla fine del primo giro si faranno autoscatti per condividere con gli amici quella pazza esperienza. Raggiunti i 30 like abbandonano l’attività.

2) I Gym Tonic – La piccola Jane Fonda che si allena esausta nel cuore di tutti noi ogni tanto alza la voce e ci spinge a poggiare il nostro drink e a muovere il culo in una palestra attrezzata fino ai denti. Ovviamente la funzione di gran parte dei macchinari è oscura ai più e ci si rassegna rapidamente all’allenamento preimpostato del tapis roulant e della cyclette. Presi a schiaffi dalla noia già al secondo allenamento, difficilmente ci si ripresenta al terzo.

3) I Falcão – Questa categoria prende il proprio nome dal brasiliano Alessandro Rosa Vieira, meglio noto appunto come Falcão, a detta di molti il miglior giocatore al mondo di calcio a 5. Dopo i primi successi fu chiamato da una delle squadre di calcio a 11 più forti del Sud America, il San Paolo. Purtroppo il campo grande e le corse estenuanti non erano sostenibili per il minuto Alessandro, che tornò mesto alla sua categoria di competenza. Fanno parte di questa categoria tutti quelli che si danno al calcio per sgranchirsi le gambe con gli amici. Sfiancati, in breve passano al calcio a 7, e in men che non si dica eccoli alle prese col calcio a 5, dove gli scatti e le progressioni sono ridotti a livello “teenager ai primi giorni di saldi”. In poco tempo anche questa categoria diventa troppo estenuante e l’unico calcio giocato sarà quello dell’XBox.

4) I nuotatori – Forse i più pericolosi. Generalmente desistono quando vedono che tipo di costume e cuffia bisogna indossare in piscina. Se non lo fanno, smettete di frequentarli. Chi va in piscina parla solo di quanto gli faccia bene e di quanto si sentano più tonici da quando nuotano. In realtà stanno cercando di convincere loro e non voi stessi.

Sportivi post-vacanza
5) Gli Audaci – Stanchi dei noiosi sport mainstream, questi sportivi post-vacanza spulciano la rete alla ricerca di attività fisiche innovative e cool. Che sia rugby sui pattini, parkour o cross-fit non importa. L’importante è avere l’attenzione di tutti quando li si racconta al bar. Di solito una frattura scomposta o una lesione articolare riducono velocemente gli entusiasmi.

Sportivi post-vacanze
6) Gli Old School – Appassionati di skate, roller, biciclette, pattini e surf, unitevi!  Scordatevi le rotule e le clavicole sfondate che vi avevano costretto a 16 anni ad appendere le ruote al chiodo, cosa c’è di meglio di uno sport ad alta velocità che richiede equilibrio e pratica costante?

Sportivi post-vacanza
7) I Combattenti – Una generazione cresciuta con schiaffi nei cartoni, schiaffi nei film, schiaffi a scuola e schiaffi all’autostima non poteva che crescere con il mito del Ju Jitsu e del Muay Thai. Cinghiamattanza a parte, ogni disciplina di schiaffi ha una sua cultura e dignità, ma possiamo anche sbattercene delle radici culturali e pestarci come non ci fosse un domani in nome del fitness (“Un tizio aveva il culo che sembrava pasta lievitata. Dopo qualche settimana era scolpito nel legno” cit.). Gli specialisti di rinoplastica ringraziano.

Sportivi post-vacanza

8) I Combattenti 2.0 – Dopo il Mixed Martial Arts vale tutto. La ricerca delle arti marziali più esclusive non conosce limiti, e gli adepti di queste guardano i semplici Combattenti con la stessa tenerezza con cui voi guardereste il video di un piccolo riccio che abbraccia un cucciolo di panda che accarezza una gang di gattini grandi come un palmo di mano mentre due anziani si danno un bacio dandosi la manina.

Sportivi post-vacanze

Japanese Neon Lamp Fights. Esiste davvero, giuro.

9) I Danzatori – La danza non sarà un vero e proprio sport, ma esiste Beyoncé. E da quando esiste Beyoncé tutto ciò che fa Beyoncé va bene se questo vuol dire essere Beyoncé o anche solo assomigliare a Beyoncé. Beyoncé, ragazzi..

10) I Peronisti – intesi come cultori della birra Peroni, e non effettivamente del caudillo argentino, i Peronisti sono gli sportivi più sinceri. Parlano di future attività fisiche mentre scolano la terza birra della mattinata, si ripromettono di dare una svolta alla loro sedentaria vita ipercalorica, ma alla fine rimangono fedeli alla linea (curva) e risultano sorprendentemente i più felici di tutti.

Sportivi post-vacanze
Che poi per evitare di parlarsi addosso ripromettendosi cambi irreali di stili di vita basterebbe solo un po’ di buon senso. Pasti regolari, un po’ di dinamismo e un consumo moderato di alcoolici. Oppure gettare la bilancia vestirsi largo come nemmeno 2Pac oserebbe e stapparsi cartuccere di birre alla salute di James F. Fixx, inventore del jogging, morto di infarto mentre faceva jogging.

E poi dicono che le startup migliorano la vita.

La colpa dei contributi foto e video è di Mindtapes

Un letto estraneo

Mi sveglio in stato confusionale in un letto che non conosco.

Non so chi sia la persona che mi dorme vicino e non ricordo nulla di cosa sia successo nelle ultime ore. Mi infilo di soppiatto i vestiti per uscire da lì il prima possibile, quando squilla il cellulare. Pare non abbia sentito quindi azzero la suoneria e mi avvio in punta di piedi verso la porta della cucina. O quella che spero sia la cucina. O un cesso. O un posto dove non ci siano peli di cane e senso di colpa. Trovo una specie di soggiorno. Ovunque odore di torneo alla playstation. Quel fetore che solo chi ha convissuto con chi ha sudato, fumato, rovesciato birre e assunto droghe giocando a pes per giornate intere può riconoscere. Cerco al buio i miei vestiti, e trovo solo la camicia e una scarpa. Non riesco a focalizzare bene. Chi? Dove? Come? PERCHE’?

un-letto-estraneoNon deve essere andato tutto liscio perchè nel corpo ho una mappa di lividi così dettagliata da poter metter tre carri armati sul Siam. Mi siedo su quello che una volta era probabilmente un divano e cerco di ricostruire. L’alba sembra ancora lontana (le quattro? le cinque? meglio non saperlo). Una sigaretta lasciata da qualcuno nel posacenere. Mi schifa il solo pensiero ma magari accenderla mi aiuterà a calmarmi e a riflettere. Rubo un fiammifero da una scatola dimenticata sul tavolo e nel bagliore vedo i miei jeans sotto il tavolo. Manca la cintura. Ma il portafogli c’è. Controllo al tatto quante banconote ci sono e capisco che per qualche giorno dovrò saltare la colazione al bar.

Mi affaccio. Getto il mozzicone in strada e cerco di capire in che parte della città sia. Quartiere anonimo, medio borghese, poche macchine in transito e primi uccellini che danno il buongiorno a chi di avere il buongiorno ne farebbe volentieri a meno. Davanti al portone vedo il mio scooter. Pare essere ok. Forse non ho guidato io. Con i piedi scalzi tocco qualcosa. E’ ricamato, ha una forma irregolare.

Deve essere il mio reggiseno.

Lo è.

un-letto-estraneo-confusioneLo indosso, mi infilo  i jeans senza mutande e decido di svegliare quel cazzone che russa placido nel letto per chiedere dove cazzo siamo e come cazzo siamo finiti lì.

Mi avvicino alla stanza da letto, quando la mia attenzione viene catturata da una luce debole che penetra dalla fessura di una porta rossa. E’ tappezzata con foto di giovani star, ma non riesco a distinguerne i volti. Mi avvicino. Apro piano cercando di fare meno rumore possibile. Illuminata da una lampada notturna, di fronte a me compare la stanza di una bambina. Una bambina che dorme silenziosa sotto un piumone con dei personaggi disney stampati sopra. “Quel figlio di puttana ha una figlia. Quel figlio di puttana si porta la gente a casa mentre sua figlia dorme nella stanza di fianco”. Rimango sconvolta pensando alle condizioni della casa in cui quella ragazzina è costretta a vivere. Non riesco a smettere di guardarla, e per un attimo ho la tentazione di svegliarla e portarla via. Di bere con lei un succo di arancia in una terrazza sul mare e di passeggiare in un parco insegnandole i nomi degli alberi. Il rumore di una motocicletta deflagra improvvisamente dalla strada. La bambina ha un sussulto e si rigira ancora con gli occhi chiusi nel letto. In un istante troppo lungo per non esserne angosciata e troppo breve per evitarlo apre gli occhi. Mi osserva per qualche secondo cercando di mettermi a fuoco.

Ha una mia foto sul comodino.

Ci ritrae in costume sulla costiera amalfitana.

L’anno scorso. Forse due anni fa. Ora ricordo.

“..Mamma?!”

“Sì amore sono io. Ma ora rimettiti a dormire. Domani ci aspetta una lunga giornata”

(this) vuole esprimere a suo modo la propria solidarietà verso chi è affetto da malattie oggi incurabili come l’Alzheimer. A seguito delle recenti notizie di cronaca nera e delle ultime insensate sparate fantascientifiche, vogliamo anche (per quanto possa contare) dimostrare la nostra stima verso chi si prende cura dei propri cari affetti da questo morbo.