Radiohead live a Bologna, tra cronaca reale e necrofilia spicciola

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Fasi salienti del live dei Radiohead a Bologna – luglio 2012

Mi chiamo Tommaso per gli amici Tommy per mia madre Tommaso sono un correttore di testi per annunci erotici vado pazzo per il chinotto e martedì 3 luglio 2012 ero a Bologna per il concerto dei Radiohead. Vivo in un paese senza troppe pretese vicino Alessandria, si chiama Novi Ligure lo so ora direte magari ammazzi tua madre e il tuo fratellino ma no manco per il cazzo voglio bene a mia madre e il mio fratellino è alto uno e ottantacinque e l’unica volta che ho provato a dargli uno schiaffo perchè mi aveva finito il fumo mi ha rovesciato su un lato con un calcio che cristo ancora sento la fitta allo stomaco.
Ho comprato il biglietto per i Radiohead perchè la mia vicina che è Sara va pazza per loro a me fregava il giusto ma tant’è ho pensato ne prendo due uno glielo regalo ci facciamo due giorni a Bologna magari ci scappa un pompino comunque sicuro è felice io le voglio bene però certo se ci scappa un pompino è meglio. Sara fa l’infermiera in una clinica per vecchi che stanno morendo quando ci troviamo sul tetto del nostro palazzo per fumare un po’ di erba mi dice cose della sua vita tipo che una volta ha pulito la merda di uno che era appena morto perchè mi ha detto quando muori ti caghi addosso. Ho comprato il biglietto per il concerto cristo carissimo più l’aereo per andare a Bologna che lei ha la para del treno che tanti anni fa dalle nostre parti c’era uno che struprava le troie nei cessi dei treni io le dico cazzo tu non sei una troia e poi il tipo credo lo abbiano preso però insomma io per evitare discussioni le metto in una busta il biglietto dei Radiohead e quello dell’aereo glielo sto per dare quando venerdì 15 giugno 2012 lei mi dice sai Tommy ti devo dire una kosa mi sono messa kon Tafano ke pazza ke sono proprio Tafano ke pheeqo 6 felice per me 6 il primo a cui lo diko il primo luglio mi porta a Civitanova Marke ke ha una casa. Io penso che culo Civitanova Marche spero vi schiantiate all’uscita dell’autostrada te e quel finocchio di Tafano col cazzo ti do il biglietto ci vado da solo.

Piglio l’aereo prenotazione per due quella troia al check in mi dice pure ma qui ci son due reservescions lei è da solo io le sputo su una mano dico fatti i cazzi tuoi mi piace viaggiare largo. Arrivo a Bologna mi fermo nell’unico ostello a tipo mille chilometri dal centro passo un lunedì tranquillo vedo le torri rubacchio da Feltrinelli e mangio crescenta troppo unta e la sera finisco in un giardino interno coi portici mi dicono si dice quadriportico la musica non è male bevo parecchio e torno a piedi tipo all’alba in ostello. Martedì 3 luglio 2012 i Radiohead suonano a Bologna non più in piazza ma in una arena lontanissima dal centro cazzo di bolognesi devi fare chilometri per ogni cosa comunque dalle 16 sono già lì benzinato di birra e vodka la gente arriva in gruppetti provo a far conoscenza. Trovo un gruppo di pugliesi tra questi una tipa bionda mi guarda mentre parlo al suo amico frocio allora le dico ciao sono Tommy posso offrirti una drink. Le offro una birra lei non pulisce la merda dei morti ma studia economia dice voglio mettere su una start up io non so neanche che cazzo sia una start up ma annuisco alla grande le guardo le tette e penso magari il pompino lo rimedio comunque. Comincia il concerto e perdo il gruppo di pugliesi meglio così sono troppo sbronzo per far finta di essere interessato ai loro discorsi universitari peccato per la bionda però Thom Yorke è sul palco e inizia il live con 15 steps.

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Thom Yorke sul palco dell’Arena Parco Nord, Bologna – luglio 2012

Johnny Greenwood sfoggia un ciuffo invidiabile abbinato ad una t-shirt dei Mad Season, mentre il fratello Colin appare intimorito dalla bolgia che tributa l’entrata della band con cori vivaci. O’Brien e Selway si scambiano una birra schiumosa e un cinque, prima di prendere posto. La scenografia come sempre è impeccabile: giochi di luce fluorescente rendono l’arena una navicella spaziale in rotta verso la serata più emozionante di questa afosa estate 2012. My Iron Lung e Street Spirit vengono eseguite in sequenza senza pausa, dimostrando ancora una volta la grinta che la band inglese mette nei suoi live, mentre Weird Fishes, Jigsaw Falling Into Place e All I Need vengono sparate in faccia una dietro l’altra testimoniando la bontà nella resa live di In Rainbows. Da Ok Computer viene estratta solo Karma Police, suonata in acustico e terribilmente emozionante per i giochi di luci bianche e verdi e per l’accompagnamento costante del pubblico (non sempre intonatissimo, va detto). Dopo circa un’ora di live Yorke rimane solo sul palco e accompagnandosi con una chitarra acustica dedica un inedito alle popolazioni dell’Emilia colpite dal  terremoto, raccogliendo applausi ancora più sentiti. Momento emozionante che viene interrotto da un duetto di pezzi da Kid A che smuove nuovamente il pubblico forse un po’ intorpidito dal caldo asfissiante (circa 40 gradi percepiti) e dalla lotta costante con gli insetti che popolano queste latitudini. Dopo circa un’ora e mezza di live la band non cenna a diminuire l’intensitbasta dopo due ore di live finalmente han finito di suonare io non mi reggo in piedi ho sboccato sull’invicta di una riccia con una maglia dei Total Chaos e credo che un finocchio mi abbia infilato la lingua in bocca. Troppa gente caldo caos e sudore devi andare al cesso ma la fila è troppo lunga quindi decidi di riutilizzare il bicchiere finito di birra e fai felici quei cazzo di ecologisti. La serata è finita ma ti manca qualcosa oltre ad un passaggio per l’ostello lo sai e mentre ci pensi passa la bionda pugliese tu la guardi lei ti guarda vi guardate va a finire che un pompino ci scappa. Lei parla male sbanda si mangia tutte le S e le V non capisci cosa cazzo dice però hai deciso che ci sta e allora la porti dietro il cartellone della Heineken le sfili i pantaloni lei dice che cazzo fai ma non si muove. Ti metti sopra di lei, la gente passa dice grande non capisce che la stai stuprando e forse oltre al culo le fotterai anche i soldi che sti fuorisede figli di papà sono imballati e non gli servono come a te che il 13 hai la rata della Fiesta. Quando stai per fartela lei si gira di scatto, prende un sasso te lo sbatte in faccia e un getto caldo rosso scende sul tuo viso cristo puttanella gridi ora ti faccio vedere ti taglio la faccia tiri fuori la lama e le fai uno sfregio sulla guancia che lei urla come un porco sgozzato sta svenendo. Un suo amico arriva per aiutarla e spaccarti il culo si crede Steven Seagal gli tagli tre dita della mano piange come un bambino gli apri i calzoni e gli tagli il cazzo mentre quell’altra striscia via come il verme che è. Il neo eunuco vomita sangue non la smette lo prendi a schiaffi mentre gli disegni roba con la lama sul petto è finita non si muove più. Serata del cazzo io manco ci volevo venire in sta cazzo di Bologna nemmeno un pompino però forse il cadavere di sto coglione può tornare utile provo a scoparlo nel moncherino non entra glielo metto in bocca ed è tutto rosso e appiccicoso di morte. Non capisco più niente svengo sul posto troppi drink Bologna carogna non mi avrai mai più che poi forse io nemmeno ci son mai venuto e forse i Radiohead non han suonato e io non ho ammazzato un fuorisede coi dread che voleva fare l’eroe.

Fenomenologia di una catastrofe naturale. O di un concerto dei Mojomatics

Il mio vecchio maestro di ninjutsu me lo diceva sempre, che la mia forte dipendenza dal glutammato di sodio si sarebbe presto trasformata in un problema più serio di quanto credessi. Bastardo sciovinista, godo del fatto che ora il tuo migliore amico sia lo scorbuto e che la sciatica ti impedisca di fare quel passo felpato sulle punte da ninja del cazzo per cui mi rompevi tanto i coglioni. Chi è che deve flettere meglio i muscoli ora, stronzo?
sogni-scrausiDetto questo, anche se non so bene perchè, devo ammettere che il ricordo del mio maestro di antiche arti orientali mi è stato suggerito in sogno stanotte da un amico che in realtà credo di non aver riconosciuto. “Dammi i numeri, piuttosto” credo di avergli urlato, ma niente. Al loro posto, una confusa accozzaglia di immagini tremende tra cui Beppe Grillo che sudava su un palco di Budrio e la Juventus che vinceva lo scudetto. Mi sono svegliato orrendamente madido, e ho capito che i film di Lars Von Trier prima di coricarmi non agevolano i miei sogni preferiti, dove di solito sudo su un palco di Budrio dopo aver vinto lo scudetto.
Il film in questione era Melancholia, e se non fosse stato per il fatto che alla mia ragazza stava piacendo e che nel cast c’era sua maestà Kiefer Sutherland lo avrei anche mandato affanculo ben prima del 118° minuto.

Comunque sia, quella proiezione non mi ha lasciato indifferente: sia chiaro, apprezzo molto  l’ala catastrofista e stragista di Hollywood, ma l’idea che all’improvviso un asteroide arrivi a romperci le uova nel paniere, magari quando hai appena lavato la vespa o la tua squadra si è appena qualificata ai play-off, mi ha davvero fatto incazzare. Che magari hai appena avuto un aumento, o hai ottenuto il numero di telefono di quella rossa che vedi sempre al baretto, o Google ha appena smesso di mostrare come primo risultato alla ricerca del tuo nome quei video di animali che fanno roba tra loro e non solo, e arriva questo stronzo tomahawk naturale a mandare tutto in mona. Roba da farti convertire all’induismo solo per reincarnarti in un asteroide ancora più grosso e andare a prendere a calci in culo quel fighetto che non sa neanche tenere un’orbita come Dio comanda. Allora mentre mi addormentavo pensavo a tutte le cose che questa cosa precluderebbe, quantomeno per evidente collisione catastrofica tra globi. Magari la terra rimarrebbe intatta ma priva dello sviluppo tecnologico finora conosciuto, una roba alla Mad Max o Ken il guerriero dove personalmente potrei sopravvivere solo diventando la puttana di qualche energumeno cavaliere della scuola di Nanto. Vivremmo in case ultratecnologiche senza però elettricità, e il mio nuovo 32 pollici HD sarebbe utile solo come altare votivo per sacrificare al dio Fame Di Cose Ripugnanti il criceto del vicino. Cristo. Tanto progresso per nulla. Non potrei mai coronare il mio sogno di diventare stuntman nelle commedie romatiche, correttore di bozze di sceneggiature hard o palombaro d’acqua dolce. Saremmo tutti vincitori di un colossale Darwin Awards, e io stasera non potrei andare alle 22 a vedere i Mojomatics e i Movie Star Junkies al Locomotiv Club di Bologna.

Che poi in effetti era il motivo per cui mi ero messo a scrivere questo pezzo.

Future Film Festival 2012 a Bologna. Apocalipsi nau in salsa maya 3d

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Licenze geografiche ignorate per manifesta fine del mondo

Mi ricordo come fosse ieri la prima volta che vidi uno di quei film catastrofici che di solito italia 1 propone quando da altre parti trasmettono finali di champions league, discorsi alla nazione o nuove puntate di Ma Come Ti Vesti. Era il 1995 e, armato di almeno un paio di anni di esperienza nell’affitto di VHS splatter horror e di una notevole riserva di ciocorì e chinotto, entrai al cinema per vedere Virus Letale. Dustin Hoffman, Kevin Spacey, una dozzina di scimmie, Donal Sutherland, Morgan Freeman, molti aerei militari e Rene Russo tutti insieme per spiegare al mondo come l’ebola-AIDS fosse il prossimo nemico dell’umanità. Alla fine il film si rivelò una cagata pazzesca; forse il mondo non era pronto per l’avanguardismo di tutte quelle esplosioni e di quel napalm su civili indifesi.
Così attesi un anno e mi recai nello stesso cinema per vedere il nuovo film del Fresh Prince di Bel Air. Will Smith, insieme a Bill “balle spaziali” Pullman, Jeff “la mosca” Goldblum e James “doom generation” Duvall, stavolta prendeva a calci in culo gli alieni che in Independence Day tentavano di sottrarci (o distruggere, non ho mai capito) il nostro amato pianeta. Quando alla fine anche l’enorme navicella che gravitava sopra l’Africa fu abbattuta da indigeni armati di soli bastoni e lance capii che anche quel tentativo era fallito.
Basta, mi dissi. Niente più film apocalittici. Niente più asteroidi vulcani terremoti alluvioni incendi virus ere glaciali rettili uragani alieni pirana aerei nebbie bombe atomiche valanghe tunnel vortici maya o silvio muccino (le virgole inseritele voi, potrete trovare nuovi fantastici titoli da sottoporre al prossimo produttore di colossal! tipo alieni pirana! o affamati uragani alieni! fantastici!).

future-film-festivalPoi quest’anno scopro che il Future Film Festival di Bologna (rassegna internazionale di cinema, animazione e nuove tecnologie) propone una selezione di film incentrata sul tema della fine del mondo, piuttosto coerentemente con le puntate SNAI dei maya sull’anno in cui i conquistatori sarebbero stati massacrati da un esercito di tigri albine armate di AK-47 (era così la profezia no?) e pregna di revival d’autore. Un paio su tutti l’Esercito delle 12 Scimmie e La guerra dei mondi. No, non quello di Tom Cruise. Maccheccazzo. Sì, quello del 1953 di Haskin, feat. H.G. Wells e Orson Welles. L’anno scorso mi chiusi al Duse una settimana per riuscire a vedere tutte le favolose anteprime, tra splatter survival zombie 3D, alieni alcoolisti e animazioni su futuri ucronici al limite del mad max. Quest’anno si svolge invece alla cineteca Lumiere. Peccato, perchè i tentativi di rianimazione del Duse sono ormai sempre più rari. Meglio, in effetti, perchè avrò così tutto sotto casa e per cibarmi tra una proiezione e  l’altra non dovrò ricorrere al solo Spritz Bar che da anni è sinonimo di ristoro molesto e low cost al FFF.

Sul programma sbrigatevela voi (cliccando qui). Tra gli altri vi cito le anteprime di film come Chronicle di Trank, Deadball di Yamaguchi, From Up on Poppy Hill di Miyazaki, e soprattutto Zombie Ass (Toilet of the Dead) di Iguchi. Per capire meglio di cosa parlo allego in fondo il trailer di quest’ultimo. Da paura.

Se poi passate da Via D’Azeglio per andare a salutare ancora una volta il buon Lucio (a proposito, ciao), date un’occhiata alle vetrine dei negozi. I ragazzi dell’Accademia delle Belle Arti hanno creato una installazione che durerà tutta la durata del festival (ah, già, dal 27 marzo al 1 aprile 2012) chiamata Vetrine in Catastrofe. Buona apocalisse a tutti!

Non capisco LaRepubblica-Sera e Mobile. Questo fa di me un cretino?

strilloni“L’editoria sta morendo evviva l’editoria” urlavano entusiasti gli strilloni agli angoli delle strade, mentre un fascio di onde wi-fi li rendeva impotenti per sempre come un monarca in una democrazia. A me personalmente cambia davvero poco, anche se leggere il Carlino al bar davanti ad un latte macchiato non avrà più lo stesso sapore, dovendo scrollare un tablet con le dita inzuccherate e non potendo più ritagliare i migliori editoriali per il mio dossier “Giornalismo di qualità”.
Comunque sia, non si è qua per commentare il declino che la carta stampata sta vivendo, fenomeno già ampiamente dibattuto e di cui in effetti frega il giusto a chiunque abbia una connessione scroccata dal vicino. Le versioni on line dei quotidiani sono sempre aggiornate, gratuite, e molto più interattive di una pagina di carta riciclata con lo spot delle concessionarie ogni tre paragrafi.

“Sei un mostro! Non capisci che così togli il guadagno alle case editrici e ai giornalisti?”. Certo, mio caro intelocutore immaginario, lo capisco, ma che ci posso fare se quando compro il giornale la metà delle notizie che leggo è già obsoleta, e magari mi hanno anche appioppato una rivista in allegato per 3,50 euro in più dove mi mostrano i migliori tagli di bikini a pois per l’estate 2012?
A me tra l’altro i bikini stanno davvero male. Almeno quelli a pois.
“Cielo, e non pensi agli introti pubblicitari che così facendo calano drasticamente, rendendo il giornale cartaceo un discount di spazi da vendere per pochi spiccioli ai peggiori macellai e ottici della periferia?”. Mio caro interlocutore immaginario, grazie per la perseveranza, ma ora mi stai rompendo il cazzo. No, non mi frega, e se a te fregasse sul serio dovresti anche smettere di guardare i video di Rihanna su Youtube, seguire la tua squadra su Rojadirecta, impostare lo streaming come unica reale alternativa al cinema a 8 euro e crackare i programmi di fotoritocco per pomparti meglio le tette sulla tua foto profilo di Facebook.  O ridurle, se sei un ciccione. Come? Non fai nulla di tutto ciò? Bravo.

Capisco che la situazione sia drammatica, ma il techno-karma ce la fa pagare  abbondantemente, con banner iperinvasivi che se ne fottono di ogni plug-in-anti-banner-iperinvasivi, spot che non puoi saltare prima di ogni video, insinuazioni umilianti di pop up che vorrebbero farci allungare il cazzo e qualità scadente degli aggiornamenti in tempo reale, che sembrano sempre più dei copy/paste dall’ansa piuttosto che vere e proprie elaborazioni giornalistiche.

repubblica+Bene, hanno pensato i capoccia dei giornali italiani. Allora vi mettiamo il giornale a pagamento anche on line, così la smettete di scroccare i nostri servigi. Ottimo, abbiamo pensato noi. Fate pure. Ma se volete fare così, e mi mettete la vostra home page mobile come versione a pagamento del sito tradizionale, non mettete nel footer “Visualizza la versione classica di -inserire testata giornalistica-“. Perchè svilite la nostra intelligenza. Vediamo un pò, pagare per leggere l’articolo sulle nuove tendenze dei cappottini per cani (articoli di cui vado ghiotto, lo ammetto), oppure andare in fondo alla pagina, selezionare versione classica, e godermi aggratis tutti i nuovi trench di stoffe pregiate che rinvigoriscono l’immagine dei nostri piccoli amici a 4 zampe? Ci dovrei pensare.

“Bastardi bolscevichi, allora sfodereremo la nostra arma definitiva, il nostro Pungolo anti-socialismo dell’informazione, la nostra Excalibur paladina della qualità dei servizi”.

Repubblica+. E Repubblica Sera.

“Oh NO! Capitano! Ci contrattaccano a colpi di microabbonamenti da 50 centesimi al giorno, senza banner e pagabili con la carta di credito in pochi minuti!”.
“Buon per loro, Spugna. Si vede che è un servizio di qualità, che alla fine meriterà l’investimento. Approfondiamo, miei fedeli servitori!”
“Capitano, pare sia solo un supplemento virtuale che tratta temi di vago interesse, in quanto quelli realmente importanti devono essere trattati in home page, ma che ti garantisce il pdf di D-Donna di Repubblica ed editoriali inediti sulla situazione finanziaria micronesiana!”
“Perbacco, mio leale amico, temo ci siano tutti i requisiti necessari per fottersene alla grande. Virate a babordo, si torna in spiaggia a dissotterare tesori altrui.”

Servizi per designer lesbiche con l’iPad. Approfondimenti per yuppies radical-chic col tablet preso in leasing. Non so. Il giornalismo di qualità riuscirà a sopravvivere alla crisi portata dalla rivoluzione digitale, ne sono sicuro. Ma con le giuste idee. Mark Potts, ad esempio, co-fondatore dell’edizione online del Washington Post, ha lasciato il suo posto in uno dei più prestigiosi quotidiani al mondo per creare BackFence.com, un’impresa che promuove vari portali di informazione e servizi a carattere locale, i cui contenuti sono interamente prodotti dagli utenti. Di fronte alla fuga degli utenti su altri siti di news, il New York Times ed El Pais hanno eliminato il paywall (servizi a pagamento) limitandolo a chi supera una elevata soglia di visualizzazioni. Niente fuga su altri siti per la stragrande maggioranza degli utenti, e inserzionisti felici. Nel 2011 è stato poi lanciato anche in Italia il servizio di SpotUs, portale statunitense di crowdfunding che cerca i fondi necessari per le inchieste proposte dagli utenti dai lettori stessi della blogosfera. Reporter e giornalisti gestiscono poi il budget reperito per sviluppare l’inchiesta proposta dal basso. Solo un paio di esempi di come, cercando di integrare la partecipazione volontaria degli utenti, sia possibile migliorare realmente un servizio altrimenti destinato ad essere soppiantato dalla lunga coda dei micro mercati autogenerati, dove ognuno dice un po’ il cazzo che gli pare sul suo blog, e un altro decide se credergli o leggerne un altro. Cosa che, peraltro, avrebbe la deprecabile conseguenza di sviluppare un senso critico.

Non sia mai.

Non capisco LaRepubblica-Sera e Mobile. Questo fa di me un cretino? Probabilmente sì, ma nel dubbio mi accontento.

Street Wear Parade, ovvero la musica ai tempi dei saldi di H&M

Da quando ho la possibilità di registrare dati sul mio usurato hard disk cerebrale, i ricordi circa i saldi di gennaio e febbraio sono da sempre associati a sensazioni di angoscia, crisi di panico, richiesta di aiuto materno e darwinismo sociale da quattro soldi.

L’evento più atteso da donne e metrosessuali della città è calcolato con gregorianica precisione e cronometrata aspettativa pre-coitale, e chi si prepara a lanciarsi nella Battaglia campestre de i-cesti-con-tutto-a-5-euro non di rado saluta i propri cari con rassegnata accettazione del proprio destino.
danger,salesLa ricerca dell’occasione da acquistare con cieca fiducia circa il prezzo originale esposto è una sorta di rito di passaggio che ogni teenager deve sostenere per potersi dire finalmente un po’ meno teenager, e la riuscita nella friabilissima scala sociale degli studenti delle medie è in qualche modo correlata a quanti stracci sudici cuciti da bambini cianotici si riesce a collezionare nel Sale-Day.
Davvero, non c’è una cazzo da ridere. E’ roba seria. Ho visto ragazzine minorenni scambiarsi insulti da carcerati e accapigliarsi sudate fino allo stremo graffiandosi la faccia. E per una volta non mi hanno accreditato 29,90 $ dalla carta di credito, per vederle. Il catfight del nuovo millennio è una mutanda da 7,99 gettata in un’arena di studentesse salentine fuori sede.

Ora, non siamo certo qui a giudicare queste catarsi o le aspettative di consumo a basso costo delle nuove generazioni, perchè pochi di noi possono dirsi vergini sotto questo tipo di pratiche, ma il fattore che più mi ha colpito negli ultimi anni è il sottofondo musicale che accompagna lo shopping nei principali negozi di abbigliamento.
Per necessità di nessuna voglia di approfondire tratteremo qui solo il contesto dei negozi di abbigliamento, e in particolare delle principali catene internazionali, i cui prodotti è noto sono creati da bambini taiwanesi pagati in frustate e dischi di Michael Bolton, e la cui qualità farebbe implodere in una supernova Enzo Miccio. No, non parleremo delle botteghe dell’equo e solidale.

Loro i cd li danno dei Sud Sound System.

Comunque.

La prima volta ad esempio che a Bologna entrai da Pull & Bear ebbi un’epifania. Mi si presentò sotto la cristallina forma di un “Ma che cazzo??!” tagliente come un colpo di naso di Maryl Streep e inevitabile come l’herpes dopo una serata al Cassero, e si trasformò presto in un senso di confusione e voglia di ballo di gruppo sotto iboprufene e rum. Una pungente base techno-trance pulsava da casse enormi piazzate strategicamente ovunque, e anche i commessi ormai lobotomizzati dalla cura Paul Kalkbrenner plus Xanax battevano gli scontrini a 150 bpm. La gamma di colori delle magliette esposte, interamente compresi tra il giallo e l’arancione, non aiutò la sottostimolazione. Finito di fare la piramide umana in mezzo al negozio con i miei nuovi amici gabber salutai educatamente e me ne andai.
Soldi spesi: 0 €

Vicino Pull & Bear si può incappare in un’orda di orchi di Sauron travestiti da quattordicenni alla moda, piazzati a piantonare l’entrata di H&M. Se un tempo gli adolescenti il sabato si sfondavano il cranio con cannoni lunghi un braccio nei parchetti dispersi tra i sobborghi urbani, oggi la tendenza è di scomporsi il fegato da McDonald’s e andar poi ad esibire la propria acne in triacetato davanti H&M. Una volta entrati nel negozio il nuovo singolo di Rihanna vi invoglierà a lasciar perdere e rivalutare quei calzoni di vostro padre che in effetti non sono così male, ma stoici e invogliati dal brand così giovanile e accessibile scalerete i piani uno ad uno fino ad arrivare nella vostra sezione di appartenenza. Fashion macht frei. Madonna farà di tutto per farvi uscire da lì, e Lady Gaga entrerà a rimorchio in scivolata puntandovi dritto le caviglie. Ora la voglia è davvero scemata, anche perchè nel frattempo una maglietta con la serigrafia di Duffy Duck vi si è appena sgretolata tra le mani appena presa dallo scaffale, e il commesso froscio con i capelli anti-gravità vi ha già adocchiato il pacco con fare felino. Il nuovo singolo dei Tokio Hotel sarà per voi il definitivo cartellino rosso ed è da ipotizzare che non farete ricorso contro la squalifica di 20 anni imposta dal giudice sportivo. Se ne riparlerà quando dovrete vestire il vostro futuro figlio novocainomane per salvarlo dalla moda cyber-punk(abbestia) lanciata dal figlio negro di Luca Giurato.
Soldi spesi: 0 €

Scendendo lungo l’impon(i)ente via Indipendenza ci si ritrova all’altezza dell’ex cinema Metropolitan, dove la multinazionale spagnola Zara ha imposto uno dei suoi punti vendita, l’unico con opzioni cromosoma Y. Entrate. Una volta scrutati con sospetto dal silente gorilla all’entrata e superata la turbina d’aereo posta per creare escursioni termiche letali all’avventore, troverete un’atmosfera decisamente diversa. E’chiaro che il negozio voglia fare un po’ la parte del cugino fighetto che non approva lo stile di vita laido e bifolco degli altri suoi simili, e la musica si presenta in maniera molto più soft. Un po’ pop, un po’ rock, un po’ mediocrità e un po’ banalità. Praticamente la carriera musicale dei Negramaro. L’atmosfera comunque ne guadagna in vivibilità, girare in tondo per trovare nulla di indossabile risulterà rapido e indolore, ma incazzati per non aver ancora comprato nulla acquisterete a caso una cintura a scacchi davvero elegantissima. Se siete Alfonso Signorini.
Soldi spesi: 6,99 €

A questo punto le opzioni low cost cominciano a scarseggiare. Benetton ammazza troppi indios mapuche, Sisley ne ammazza troppo pochi, da Bata ci sono fragranze degne dello spogliatoio dei Chicago Bulls e di catene come Yamamay Camaieu e simili non so un cazzo perchè indossare intimo femminile dozzinale mi fa venire fastidiose irritazioni all’interno coscia. Un pò delusi e rassegnati ad abbandonare il circuito di abbigliamento giovane e dinamico, risalite la china fino a via ugo bassi, diretti a quella pizzetta tiepida di Altero che magari vi scalderà il cuore.
Soldi spesi: 1,50 €

A questo punto però il destino si ripiglia dal coma farmacologico con un colpo di coda degno del miglior Ron Jeremy. Le vibrazioni vi entrano nelle vene e vi pompano il sangue a velocità tripla. Il subwoofer vi calcia il cuore e in linguaggio morse vi dice ti amo stallone vieni e prendimi qua. Il neon vi abbaglia i manichini hanno tette enormi le vetrine scintillano. Siete entrati da Terranova. Finalmente il negozio che cercavate. L’effetto dell’LSD della pizzetta di Altero comunque si esaurirà prima che acquistiate quella camicia a righe orizzontali con le toppe sui capezzoli e quei pantaloni della tuta con scritto “ti spacco il culo” per il lungo della gamba destra. Improvvisamente un rapper senza troppi dogmi morali vi urlerà nell’orecchio un pezzo che siete quasi sicuri parli di sodomia a bordo piscina. Dopo di lui un cantante country dallo spiccato accento rumeno tenterà di associare una base dance ad un pezzo sull’amore tra le diverse razze. Amore tra razze inteso come zoofilia. Necrozoofilia. Pedonecrozoofilia ora che ascoltate meglio. L’idea di scoparvi un arrosto di vitellino o uno speck è troppo disgustosa anche per voi, o almeno lo è abbastanza da mandare affanculo anche quel posto e tornare in strada.
Soldi spesi: 0 €

Basta, è finita. Avete speso 8,49 € e in mano vi ritrovate solo un residuo di pizzetta psichedelica e una cintura slavata. Che vi guarda pure beffarda, cintura figlia di puttana. Prima di considerare il vostro pomeriggio completamente fallimentare correte dal Disco D’Oro e investite in un disco o telefonate ad una amica a caso e offritele un aperitivo all’aperto. Magari ricordandovi nostalgici di Radio Standa o della radio interna della Coop, così inoffensive ed eleganti nel suggerirvi tra un pezzo dei Queen e uno di Robbie Williams quale ottimo prodotto per lo scolo fosse disponibilie nel reparto malattie imbarazzanti.
La vita sarà breve, ma il ciclo vitale della merda che stavate per comprare lo è molto meno. In qualche modo avete vinto voi su di loro. Pensatela così. Loro d’altra parte se potessero non vi comprerebbero. E questo a me basta per farmeli stare sul cazzo.