Il seguente pezzo narra le vicende di un vecchio amico di (this), Tommy. Qui e qui potete leggere le sue passate avventure su queste frequenze. Non c’è bisogno che vi dica che il suo linguaggio e i suoi atteggiamenti razzisti e omofobi potrebbero urtare la vostra sensibilità. Quindi se preferite una lettura più costruttiva vi linko qui il blog di Selvaggia Lucarelli. Godetevelo tutto.
P.S. Se siete studenti Erasmus leggete solo i grassetti. Apprezzerete di più la vostra condizione attuale e forse non soffocherete il vostro compagno di stanza Jerman con un cuscino di Snoopy dopo che vi ha rubato l’ultimo grammo di afghano.
C’è stato un periodo, nella mia vita, in cui ero convinto che andare alle feste Erasmus fosse una figata pazzesca. Tutta quella gente da ogni parte del mondo che scambiava saperi ed esperienze come liquidi seminali in una gita scolastica mi faceva sentire un novello Marco Polo in un mondo multietnico, colorato, linguisticamente stimolante e sociologicamente necessario.
Al tempo frequentavo i corsi di semiotica, e come ogni studente di queste materie ero convinto che il mondo fosse realmente interessato alle teorie più esplorative della filosofia del linguaggio e della glottologia. Mi riempivo la testa di autori assurdi e teorie ingiustificabili per fare colpo sulla candidata della serata, andavo nella casa di turno e dopo qualche sorso di cocktail preparato sulla scrivania di una tripla a 250€ al mese spese escluse ero in pista di lancio per la conquista intellettuale.
Mi chiamo Tommy, ho ormai raggiunto la soglia dei 30 anni e da almeno 7 ho capito che gli studenti Erasmus sono la metastasi del cancro che lentamente ucciderà la nostra generazione. Una generazione cresciuta con il mito dell’Unione Europea e della cooperazione tra Stati per la valorizzazione delle risorse locali. Un cancro alimentato dall’edonismo promiscuo degli ultimi anni ’80 e dall’entusiasmo yuppie di una novella società post-sovietica che ancora non aveva considerato pro e contro di una libertà intellettuale acerba e ostinatamente localizzata. Chi parte per l’Erasmus a 20 anni vuole affermarsi come uomo di mondo ma finisce come tutti a studiacchiare per esami facilitati e a partecipare a feste orgiastiche benzinate a vino low cost e gente scalza che suona strumenti del proprio Paese.
Al primo anno di università facevo fatica a conoscere gente. I ragazzi autoctoni erano ancora schierati a testuggine tra di loro per l’entusiasmo delle scorribande condivise al liceo, mentre i fuorisede tendevano a fare gruppo per sostenersi e fingere di non avere nostalgia dei loro campi arati e delle feste del patrono di paese. Io vengo da uno squallido paesino del nord ovest e il mio concittadino che ha viaggiato di più è Enzo il fattore che tutte le settimane andava in città a comprare giornalini porno e birra estera per noi ragazzini entusiasti. Per ambientarmi meglio nella città ho cominciato a partecipare a feste di matricole ed Erasmus. Un bel paradosso a pensarci oggi perchè di tutti quei neomaggiorenni che stappavano birre calde e parlavano delle differenze tra una regione e l’altra ben pochi sapevano anche solo dove si trovasse il palazzo del comune o la biblioteca pubblica. Ho vivacchiato così per gli anni necessari, e una volta ottenuta la laurea son tornato a casa dei miei genitori. Anni belli, a pensarci bene, ma comunque filtrati dagli occhi di un ragazzetto amico delle droghe e per nulla oggettivo nei giudizi. Lunedì scorso sono tornato qui. Sette anni dopo. E sono finito in una festa Erasmus. Questo è quello che è successo.

La spesa del perfetto Erasmus: Baci Perugina, tre bottiglie di limoncello e due confezioni di preservativi extra resistenti
Sto comprando birre in un supermercato del centro, già in ritardo per incontrare i vecchi compagni di studio. Siamo tornati in città per un week end revival: il programma è andare nel nostro pub di fiducia e raccontarci storie dei tempi dell’università, aggiornandoci sulla nostra vita attuale. Una bella merda a pensarci bene dato che nessuno di noi ha un lavoro che rimarrà lo stesso dopo i 6 mesi di contratto di apprendistato e le storie dei tempi dell’università le conosciamo già tutti. Oltretutto siamo già amici su Facebook quindi sappiamo abbondantemente i cazzi degli altri. L’unico ad avere una fidanzata è Antonio da Messina che si è congedato da lei con una scusa tipo vado a seguire un corso di aggiornamento. A luglio. Di sabato.
Mentre conto le monete per pagare le Peroni butto un occhio alla spesa delle tre tizie davanti a me. Sono tre spagnole bellocce, avrano sì e no 24 anni, e la loro spesa comprende tre bottiglie di limoncello cioccolatini e alcuni pacchi di preservativi. “Wow – penso – le ragazze sì che sanno come si organizza una festa cazzuta”. Prima che me ne possa rendere conto sono fuori dal supermercato a fumare con loro. Il sole batte forte, io lo spagnolo manco lo capisco, ma il messaggio è chiaro. Stanno festeggiando la despedida dal loro anno di Erasmus. Torneranno in Spagna a giorni. Un peccato perchè “a noi gli italiani piacciono tantissimo e vorremmo venire qui a trovare lavoro“. In bocca al lupo penso e intanto sono già in strada per casa loro, ospite improvviso di una festa di despedida che neanche so bene cosa voglia dire ma ci sono cioccolatini e limoncello quindi perchè no. I miei vecchi amici li ho liquidati col vecchio trucco del non ti rispondo alle chiamate. Hasta luego.
Mentre cammino ignorando ciò che dicono nella loro lingua penso che se ricordo bene le feste di studenti e soprattutto quelle Erasmus sono grosso modo così:
Quello che invece mi ritrovo davanti è una mansarda soffocante piena di neomaggiorenni biondi o troppo poco biondi, intenti ad addentare manciate di patatine e a tracannare quella che loro chiamano la miglior sangria che berrai mai. L’aria già pesante è stuprata da musica folk cilena, Bella Ciao dei Modena City Ramblers in almeno tre lingue diverse e svariati pezzi di Manu Chao che forse anche lui si è dimenticato di aver composto o comunque non ne va certo orgoglioso. La padrona di casa è una tedesca scalza che gira per la casa brandendo un cannone grosso come un femore che premurosamente chiede a tutti gli invitati chi cazzo siano. Io sto cercando di capire quale tra i vini appoggiati sul tavolo di plastica non provenga dallo scaffale di un pakistano mentre perlustro con lo sguardo la stanza in cerca di qualche sguardo complice. Contro ogni aspettativa non c’è il santone bianco coi rasta, ever green tragicomico di ogni festa di studenti international che dispensa racconti e suggestioni su come la keta cingalese sia in effetti ottima per raggiungere il nirvana dovreste provare una volta cioè pazzesco non sai che viaggio.
Mi soffermo su un cinquantenne sudato che fuma un sigaro alla vaniglia da pochi spiccioli mentre cerca di convincere una ventitreenne che sul serio è uno scrittore e sul serio ha pubblicato diverse cose. Parla con la bocca impastata e si esprime così male che mi viene la curiosità di sapere se davvero la sua mano abbia regalato qualcosa ai posteri che non sia un abuso premeditato. Decido di scambiarci quattro chiacchiere. Pare venga da Roma ed è in città per seguire la tournee di suo figlio attore di teatro fisico che performa arti figurative immaginarie. Non so cosa stia dicendo e quando capisco che si scoperebbe anche me mi dileguo con una scusa.
Nel frattempo la padrona di casa si sta facendo spogliare con la scusa di un gioco alcoolico da due bosniaci con una evidente erezione che spunta dai loro shorts di triacetato. Le spagnole stanno cantando a cappella un coro della loro tradizione contadina e un calabrese con i peli che escono dal colletto della maglietta batte le mani a tempo, convinto di conquistare così la benevolenza necessaria a strappare la sega di fine serata. Un francese le accompagna ticchettando una lattina di birra con l’unghia del dito indice.
Dopo oltre due ore di “In Italia è così” “In Austria è così” “In Francia è così” e di battute su costumi e cibi tipici mi sento già abbontamente sazio. Ho subito palpeggiamenti da una albanese che parlava con forte accento abruzzese e ho ascoltato tutte le motivazioni di una separazione tra un milanese e una napoletana con problemi di legnosità a letto. Il vecchio pederasta romano è tornato alla carica con una irlandese di 22 anni invitandola a Gabicce dove pare si beva il miglior Bellini della riviera e lui queste cose le sa perchè sa godersi la vita. Le tre spagnole stanno clamorosamente lesbicando tra loro mettendosi baci perugina ovunque succhiando limoncello. Alla fine lo sapevano davvero come organizzare una festa. L’argomento più stimolante affrontato durante la serata è stato il monologo di un texano che si vantava di aver ucciso durante un viaggio in Asia cuccioli di panda per diletto della sua consorte 45enne. Io nel dubbio me la squaglio.
Uscendo dalla casa controllo il cellulare. 32 chiamate dagli amici al pub. Li ho fatti aspettare abbastanza. Mi incammino con le mani nelle tasche verso ciò che nella vita conta di più:
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Grazie come sempre a Mindtapes per i preziosi contributi offerti