Incattivirsi contro Sanremo ha ancora senso?

Bullismo durante Sanremo
Cosa succede agli italiani quando la TV nazionale trasmette Sanremo? Quale corda di insoddisfazione e rancore tocca questo festival, innocuo per 50 anni e oggi valvola di sfogo della più feroce cattiveria da tastiera?

Un tempo le reazioni si dividevano tra pro e contro, le discussioni a riguardo si limitavano al “lo hai visto quel cantante?” “No.” e tutti amici come prima. Per qualche mese le radio trasmettevano varie hit monouso e qualche ultimo classificato sbancava a caso le classifiche italiane. Punto.

Oggi Sanremo è la cosa più vicina ad un talent alla X-Factor o the Voice, ma con in gara uno spettro di cantanti che va da “Ero in classifica quando Andreotti era portaborse” a “Facciamo presto che domani ho la verifica di geografia”. Ora, senza soffermarsi su questa linea adottata per raccogliere quattro generazioni di spettatori, il vero problema è che il pubblico non ha ancora capito la differenza tra X-Factor e Sanremo. Certo, si vota da casa, si canta più o meno bene e si indossano capi orrendi in entrambi. Ma la necessità dell’interazione è ben diversa.

Mi spiego. Stiamo parlando di un programma che probabilmente era in sottofondo mentre venivate concepiti, e che già allora risultava fuori dal tempo. C’è davvero bisogno che tiriate fuori tutta la cattiveria possibile per sottolinearne l’inadeguatezza? O seguire l’onda di chi usa Twitter una settimana all’anno per smerdare una vecchia gloria che si rimette in gioco vi fa sentire parte di qualcosa di più grosso?

Bè, sorpresa: quel qualcosa di più grosso è il bullismo. Bullismo dei peggiori tra l’altro, perchè inflitto in maniera vigliacca tramite un account che vi identifica come @CippaLippa86. Che differenza c’è tra quattro ragazzotti scemi che strattonano un ragazzino nerd con un maglione di merda, e seicento scimmie che si accaniscono sul vestito di una cantante vittima di un fashion designer ubriaco? La differenza è che almeno i primi ci mettono faccia e mani. Che poi vorrei vedere come sono vestite tutte queste paladine del buon gusto mentre twittano l’ennesima arringa contro l’ardito accostamento di tessuti ora in onda. Ad andar “bene” parliamo di pigiami di pile con orsetti e calzettoni di spugna comodoni.

Se GarageBand ha dato a tutti la certezza di essere delle rockstar, lo smartphone di essere dei fotografi e la GoPro dei registi, i social network hanno convinto orde di macachi tecnologicizzati di essere dei Bill Hicks pungenti e unici nel loro genere. Bè, non è così.

Durante Sanremo il popolo si ribella cosí al padrone, cercando quello spiraglio di autodeterminazione che non gli è concesso nella vita politica. Per quattro giorni all’anno può insultare il servizio pubblico, le personalità e tutto il sistema dello spettacolo impunemente, salvo poi offendersi se uno di loro fa la battuta sbagliata (vero, difensori di Ezio Bosso, che inveite contro Spinoza ma avete le chat di Whatsapp intasate di montaggi in cui Andrea Bocelli viene perculato in ogni modo ma quella dai è cecità è meno pesa?). Questa Rivoluzione d’Ottobre digitalizzata non è altro che una gangbang di autocelebrazione conformata alla massa, la cui iperbole orgasmica è il retweet di profili simpaticoni con qualche migliaio di fan in più.

Sanremo può non piacere (e ci mancherebbe), ma in quel caso fate altro. Ci sono un sacco di libri da leggere, strumenti da suonare, concerti da vedere, film da riguardare e donne/uomini da conquistare. Ingobbirvi sul telefono dandovi cinque alti virtuali per il vostro comune dissenso non aumenterà la qualità del vostro tempo libero. Giuro.

Woody Guthrie [14 Luglio 1912 – 3 Ottobre 1967]

A well respected man

Avessimo voluto pubblicare questo pezzo su rockit avremmo potuto iniziare dicendo che senz’altro non è un caso il fatto che Woody Guthrie sia nato il giorno della presa della Bastiglia. Ma fortunatamente possiamo sbattercene il cazzo dato che I Cani non hanno fatto ancora nessuna cover.

Comunque sì, è nato il 14 luglio. Di cento anni fa.

Non stiamo a menarvela tanto su chi era e cosa ha fatto, potete tranquillamente andare a visitare Wikipedia o il suo sito ufficiale. Quello che conta è che Woody Guthrie era uno che suonava canzoni folk.

“Scrivo canzoni di protesta, quindi sono un cantante folk”. Joe Strummer sapeva che cosa voleva dire suonare folk. Perché non era un coglione e perchè conosceva bene Woody Guthrie. Non per niente si faceva soprannominare Woody.

This machine kills fascists portava scritto sulla sua chitarra. E probabilmente ne ha seccati più lui con quella chitarra della P38 di Prima Linea.

A Joe Strummer il Comune di Tonara ha dedicato una via. A Woody Guthrie quello di Modena dedicherà un monumento dentro una rotonda. Certo, potevano pure scriverlo nella sua lingua this land is your land, ma sempre meglio di niente.

Dunque senza Guthrie niente Strummer, niente Dylan, niente Baez e, pensa te, ora la dico grossa, niente De Gregori. Sticazzi direte voi. Lo dico anche io.

Per dire, Woody Guthrie ha scritto un intero album su Sacco e Vanzetti e nonostante ciò niente ci leverà di dosso quell’incredibile vergogna di aver dovuto subire la rivalutazione delle loro figure grazie a una canzone – non di Guthrie – cantata da Emma Marrone e i Modà a Sanremo. Ah, per inciso, caro Morandi, Sacco e Vanzetti sono stati uccisi perché erano anarchici, non perchè erano italiani.

Comunque, Woody Guthrie, che è nato cento anni fa, ha scritto tanta di quella roba che alla fine Billy Bragg e Wilco c’han fatto su un disco con i suoi testi. E She came along to me è una di quelle canzoni che farebbero innamorare di voi tutte quelle belle ragazze alternative che state puntando dagli aperitivi di inizio Maggio ma no, ciò non vuol dire che vi debbano per forza piacere le birkenstock, ricordatelo.

Morto a causa di una delle malattie peggiori che il vostro dio abbia mai mandato sulla faccia di questa terra, la Corea di Huntington, aveva detto una cosa del genere:

A folk song is what’s wrong and how to fix it or it could be 
who’s hungry and where their mouth is or 
who’s out of work and where the job is or 
who’s broke and where the money is or 
who’s carrying a gun and where the peace is

Quindi, cortesemente, la prossima volta che nella vostra città organizzate un concerto di gente tipo Maria Antonietta, evitate di scrivere “folksinger” nel comunicato stampa.

Perchè io la capsula di cianuro ce l’ho sempre in tasca. E in questi casi mi viene davvero voglia di usarla.

Sanremo vs Henry Rollins. L’atrofia da tweet e un caffè troppo freddo

Stamattina mi sono alzato di buon umore. Le ultime notizie discusse ieri sera erano l’arresto di uno sbirro omicida condannato a quasi 10 anni di cella, la sentenza Eternit e la fine dei patti lateranensi dopo 80 anni di vergognosa concussione cattolica. Wow. Oltretutto il risotto ieri mi era venuto una bomba e la neve si era definitivamente autoeliminata dalla vespa, lasciandomi finalmente libero di poter decidere se scarpinare ancora per la città o rischiare il collo sgommando sul ghiaccio dei viali.

Mentre mixo sommariamente del latte freddo con del caffè ancor più freddo, cerco di mettere a fuoco la situazione e capire cosa dovessi fare di così urgente. Eppure era roba grossa, penso, mentre un biscotto secco si rifiuta di intenerirsi dentro quella bibita congestionante. Boh. Il nulla. Comunque. I media nazionali mi hanno insegnato a consultare twitter quando vuoi capire cosa è successo, sta succedendo e succederà, come fosse l’unico polso da tastare per comprendere che cazzo passa per la testa della gente. E in effetti non hanno tutti i torti. Diavolo di un Paolo Liguori.

Fiducioso sul mondo migliore che ho lasciato ieri sera, giusto, giustizialista e giustappunto stronzo con chi lo merita, mi connetto. E Wow. Davvero Belen ha fatto vedere la figa su RaiUno?? Che spacco sul vestito! No aspetta, davvero aveva un tatuaggio?? E a farfalla per di più! Che audacia! No, aspetta, Morandi mangia la merda???? Non mi dite che hanno davvero eliminato la figlia di Zucchero.. E Celentano?

Ma che cazzo.

belen-sanremo-nudaE’ vero che c’è Sanremo. Quindi se ne riparlerà tra una settimana di commentare il mondo reale. Che palle. Che poi io lo spacco di Belen, quello vero però, lo avevo già visto da mesi. E il tattoo con la farfalla fa tanto daddy’s little princess e morandi è chiaro che mangia la merda con quelle mani enormi te lo immagini mangiare cose mostruose mica pisellini e ceci e poi cristo chi cazzo è la figlia di zucchero??? e perchè so che era vestita da hippie???

henry-rollins-bolognaPer la cronaca ciò che dovevo ricordarmi era l’esibizione di Henry Rollins stasera all’Estragon (20 euro comunque?? Veramente? Un week end che inizia con 20 euro di giovedì non può che finire malissimo). Il fu cantante dei Black Flag, nella seconda parte di carriera della band hard-core. Un energumeno che vorresti sempre avere al tuo fianco durante una rissa da stadio, e al contempo un illuminato da cui vorresti copiare durante la terza prova della maturità. Due cose inconciliabili, apparentemente. E invece..

Niente da fare, comunque. Non passerò domani un’altra giornata senza avere nulla di attualità da dire, tipo il vestito di lei sul palco o l’imbottitura di lui sul pacco. Ci sono priorità, Henry. Sono desolato. Ma la tribù dei social network ha parlato e sentenziato. Nonostante nessuno lo guardi, tutti ne parlano. E allora basta ipocrisie, ci meritiamo sanremo, ci meritiamo che se ne parli, e, perchè no, ci meritiamo una fighetta argentina che ci stuzzica l’appetito con un vedononvedo là su quel palco dove si sono esibiti Nilla Pizzi, Claudio Villa, Iva Zanicchi, Alexia e Ron. Solo per citare i migliori.

Quelli che cioè a noi ci sembrano gli album italiani troppobbelli del 2011

spaccare tutto senza un valido motivoBrutta storia la disoccupazione. Ti fa guardare merda in tv, ti mette ai fornelli a cucinare storie tipo suorgermana imparate su youtube e ti permette di ascoltare più roba di quel che dovresti. Mandare curriculum ovviamente è fuori discussione. C’è la crisi. Figurati se vengono a cagare proprio me. Tanto vale finire le stagioni di Bored to Death e Breaking Bad. Magari rivedermi un paio di episodi di Death Note. Certo è vero che nei ritagli di tempo tra un non-colloquio e l’altro bisogna pure andare a comprare viveri e bevande, e si sa gli spostamenti urbani richiedono dosi massicce di musica iniettata direttamente nel cervello via auricolari (o mega cuffie per i più fescion). E’ altrettanto vero però che sempre meno novità di valore vengono proposte. Sarà la crisi, sarà sto buco dell’azoto, il fatto che oggi scopano più i diggei che i chitarristi o il crescente numero di gomiti che fan contatto col piede, ma nel mainstream ben pochi soldatini del ’99 si sono dati in pasto all’asburgico mercato musicale. Tanto che ad aprile si parlava dei migliori dischi del primo quadrimestre del 2011 ed erano tutti mostrisacri tornati alla ribalta. Gruppi riformati e poche band di giovanotti. Anche perchè l’unica che c’è è già costata la vita ad un operaio sottopagato, quindi potremmo anche devolvere i minuti sprecati nell’ascoltare costui al curling su ghiaia o meglio al puntocroce in apnea.

Dato comunque che le pause di riflessione tra una pennica e una partita all’xbox mi consentono di gestire al meglio il mio tempo, ho produttivamente deciso di  chiedere a due redattori di (this) cosa questo 2011 abbia regalato a noi avidi divoratori di novità musicali. Roba italiana, preferibilmente. Roba che puoi anche ascoltare live senza pagare 70 euro di biglietto, e magari in un raggio inferiore ai 70 km da casa tua (contestualizzando ovviamente come casa tua il luogo dove svieni la sera e bevi il caffè la mattina). Queste le trascrizioni delle interviste effettuate a pabblobabol e danji tra una sfida a biliardino col padrone del de marchi e un bicchiere della staffa con contratto indeterminato.

Brutta storia la disoccupazione.

pabblobabol:

La differenza tra me e te è che tu ascolti punk perché sei sempre incazzato e non hai niente da dire, io invece ascolto hip hop perché rifletto sugli eventi. Così mi ha detto qualche anno fa un amico che non ha mai capito un cazzo né di musica né di nient’altro.
Quest’anno è iniziato a suon di punk con Proteggere e Servire degli Smart Cops, forse il più longevo dei dischi nell’archivio del mio lettore mp3. Gente che è incazzata, molto, e di roba da dire ne ha sicuramente di più di quei cazzoni dei club dogo che voglio ricordare a chi tanto li osanna hanno fatto un featuring con biagio antonacci.
kaos one post scriptaE invece quest’anno è finito ancora più incazzato perché a 27 anni ho scoperto il rap e ancora non me ne capacito. Per quanto abbia sempre considerato merda il novanta percento delle produzioni da qualche mese sono in loop con Kaos come un neonato con la giostra dei cavalli sulla culla. Come il buon Giangi di -bastonate- ha sottolineato il mese scorso “Per Dargen D’Amico il rap è fare finta che domani muori; per Kaos invece è morire ADESSO, in ogni istante, e per davvero. Capisci? È sempre stata questa la differenza. Non avere alternative, giocarsela fino in fondo, fino alla fine, senza un altro posto dove andare, senza un piano B.” e non posso che sottoscrivere ogni virgola.
Infatti anche se non ho mai capito niente di rap e credo ben poco ne capirò Kaos ha tutto il mio rispetto. Il che vuol dire che potrei addirittura finire ad un suo concerto, e vi assicuro che la cosa mi preoccupa seriamente. Tutto questo per dire che Post Scripta, album uscito giusto un mese e mezzo fa, merita di stare in altissimo nella classifica della merda – buona – che ho ascoltato quest’anno.

forty winks bow howSperavo uscisse qualcosa di nuovo degli X-Mary e invece a quanto pare bisognerà aspettare i prossimi mesi. Pazienza. A tirar fuori qualcos’altro così su due piedi mi vengono in mente i Verme – il 7” Bad Verme – e pure Bow Wow dei Forty Winks, che manco sapevo avessero fatto un altro album, ma al primo ascolto m’è sembrato very nice, poi magari se ne riparlerà in futuro.
Continuo invece a chiedermi come cazzo faccia Bugo a continuare nella sua inarrestabile decadenza, forse dovrebbe farsi ricrescere i capelli.

Nella categoria non c’entra niente ma lo voglio dire lo stesso il back to the roots (non so se si dice così?) dell’anno. Discografia dei Social Distortion. Mi sono tornati i brufoli sulla fronte.

danji:

Se posso permettermi di eliminare dalle tue aspettative Verdena, Brunori SAS e i Classic Education per legittimo impedimento nel prenderli sul serio, ti dirò che quest’anno è andato piuttosto bene, soprattutto per chi ama il punk-core e il folk-rock fatto senza tante menate di testi sacri e virtuosismi onanistici. La più gradita sorpresa è senza dubbio quella dei Gazebo Penguins, trio emiliano dedito alla fucilazione dei timpani con uno spaghetti hard core di primo livello, che col suo Legna (nomen omen) ha stupito un pò tutti. Disco in free download (qui) e tanta ironia distorta per chi ha le orecchie a prova di riff full metal jacket.

raein sulla linea d'orizzonteAltro prodotto da prendere sul serio è Sulla Linea D’orizzonte Tra Questa Mia Vita e Quella di Tutti dei Raein, gruppo screamo di pazzoidi forlivesi che se chiedi di loro nel resto del mondo ti mostrano i tattoo col loro logo anche nel buco del culo, ma che qui in Italia a mio giudizio non hanno ancora ricevuto il tributo che meriterebbero. Sicuramente comunque più bravi a suonare che a giocare a calcetto (la dovevo mettere, concedetemelo).

Sugli Zen Circus ci siamo dilungati già abbastanza, rimane comunque  il fatto che Nati per Subire è una delle perle dell’anno. Buoni anche i lavori di The Death of Anna Karina (Lacrima / Pantera) e di 33ore, menestrello postmoderno che da oltre un anno rappresenta la punta di diamante della ottima Garrincha Records.

Sono un pò scettico sul ritorno dei One Dimensional Man, non tanto per il loro disco A Better Man, quanto più per questa roba che i gruppi si devono riformare (non erano formalmente sciolti ma nemmeno costanzo è formalmente sposato con un uomo). Cristo se qualcosa dovrà andare storto lo farà, recitava la legge di murphy, ed evidentemente qualcosa era successo. Questa voglia di tornare insieme per tutti sti gruppi mi fa davvero incazzare, e non parlo solo nel panorama italiano (fanno eccezione solo gli Stone Roses: bravi ragazzi, dateci dentro). Tanto più che spesso ripropongono i vecchi successi per un tour (vedi Rage Against The Machine) e poi ritornano a sfancularsi liberamente una volta incassato il bonifico.

Anyway

Sui JoyCut non sono obiettivo da quando ci fotterono metà concerto perchè dovevano fare il loro soundcheck meglio di noialtri e fecero slittare tutto il live di più di un’ora (ad ogni modo fanno cagare). Bella lì per i Love Boat che hanno fatto uscire un EP e per I Cani, che hanno ritruffato la storia della  musica con il loro paraculo ma funzionale Il sorprendente album bla bla.

E’ chiaro che una marea di gruppi e cantanti son rimasti fuori dall’elenco, vedi Giorgio Canali ed Ex-Otago, ma non sono disoccupato da abbastanza tempo per essere informato proprio su tutto.

Se però mi offri il prolungamento di contratto per il bicchiere della staffa sono disposto a scaricarlo e riassumertelo in poche parole. O a giudicarlo dalla copertina. Fai te

Io non sono figlio unico, e critico i film (e dischi) anche senza prima vederli

I R.E.M. si sono sciolti. Is it the end of the world as we know it? Well, I feel fine

I R.E.M. nel 1984, featuring capelli

La prima notizia che il giornale on line mi sottopone stamane è di quelle che fanno tremare le ginocchia. I R.E.M. hanno comunicato lo scioglimento. “Abbiamo costruito qualcosa di straordinario”, scrive il cantante Michael Stipe, “ma tutto ha una fine. E noi abbiamo deciso di chiudere a modo nostro”. Che poi sarebbe scriverlo sul proprio sito (che eccentrici!) grazie a post individuali nemmeno troppo coordinati tra loro. Come dire, lascio mia moglie tramite una e-mail, dopo 30 anni di matrimonio, e ne mando pure una ai miei zii per comunicarglielo. Ma ci vogliamo ancora davvero bene, eh. Fonti certe parlano di un Dj Mingo dell’Estragon distrutto, sull’orlo di una crisi di nervi: quale band gli darà ora i singoli da proporre in heavy rotation? “Dovremo mettere una volta di più right about now, the funk soul brother, check it out now, the funk soul brother adesso – pare abbia commentato coi suoi fumando nervosamente – non posso mica trovarmi un gruppo nuovo da aggiungere alla playlist!”. Se poi i Bandabardò decideranno di fare la stessa fine dei mai troppo compianti R.E.M. (ma poi davvero erano ancora in attività??) siamo certi che il tasso di suicidi all’interno del collettivo aumenterà vertiginosamente.

Scherzi a parte, per chi come me ha abbastanza anni da aver visto la parabola dei R.E.M. sprofondare senza appello nei programmi sempre più late night dei canali musicali, il dramma è comunque relativo. Ieri il messicano sotto casa aveva finito la salsa piccante e ho dovuto mangiare un burrito intero senza il mio amato chipotle. Wow, gente, quello sì che è un dramma che meriterebbe più attenzione. Il numero 176-761 della Banda Bassotti Disney, invece, ha commentato caustico “Forse adesso la smetterà di copiarmi il make up”. Come dargli torto.

E’ un peccato che il qualunquismo pop abbia aggredito orrendamente le pareti delle canzoni della band della Georgia. Ammetto che fino ad Up, il sound, benchè mai troppo originale, fosse a tratti piacevole e le canzoni avessero melodie discrete. La formula è sempre stata quella di qualche canzone riuscita per album, e video studiati in effetti bene, per nascondere comunque la miseria del resto del lavoro. Il gruppo si basava sul carisma del leader Michael Stipe e la prematura uscita dal gruppo del batterista Bill Berry per aneurisma non aveva comunque intaccato la natura e l’immagine della band. Fino a quel momento, buoni episodi nell’underground indie come Murmur e Reckoning valsero loro il rispetto della critica musicale e di molti appassionati del pop a 360°.

Niente di nuovo quando pochi anni dopo firmarono con una major. Buoni album (fra tutti ovviamente Out of Time e Monster, che se avete frequentato un qualunque rock club avrete sentito snocciolare più volte) e la nomea di band santona i cui testi criptici (ma in realtà spesso senza senso) di Stipe aiutarono a diffondere il mito della band un pò intellettuale ma anche un pò per tutti. Easy listening e testi su cui riflettere. Mix vincente.

Sono le sei – l’ora della TV. | Non fatevi prendere in una torre straniera. | Apertura e bruciatura, ritorno, ti ascolti ribollire. | Rinchiudilo in uniforme e bruciare di libro, sangue in affitto. | S’intensifica ogni movente. | Incenerire automovente. | Accendi una candela, accendi un voto. | Un passo in basso, un passo in basso. | Guarda una folla di tacchi, folla. Uh oh, ciò significa niente paura – disinvolto. | Rinnegato e stai alla larga! | Un torneo, un torneo, un torneo di bugie. | Offrimi soluzioni, offrimi alternative e io declino.

Chiaro.

La farsa non poteva andare ancora avanti. 31 anni possono essere abbastanza io credo.

“Ma cosa dici? Losing my religion rimane un classico!”. E’ vero, ma anche What’s up delle 4 Non Blondes, e nessuno ha pianto quando se ne sono andate affanculo.

“Sono stati sulla cresta dell’onda 30 anni, guarda quanti video e singoli hano sfornato”. Falso, anche Paola Turci fa dei video per Mtv ma non la definirei “sulla cresta dell’onda”. La permanenza in alto si valuta in base all’attività live, e la loro parla chiaro (addirittura dopo l’uscita dell’album Colapse into now nel marzo 2011 dichiararono di non voler fare dei live di presentazione del disco, giusto perchè loro i loro fan li amano)

“I testi di Michael Stipe hanno segnato una generazione”. Sì eh? Bè vuol dire che non capisci l’inglese, quindi affanculo te ce manno in italiano.

Un peccato perchè comunque rimangono gli autori di uno dei miei videoclip preferiti di sempre, Imitation of Life, ma tant’è. Ora avanti con le raccolte di singoli. Per almeno un paio di mesi ce le dovremo sorbire, come da regolamento. Chiudiamo con un accorato appello scritto proprio da Stipe in un suo pezzo del 1992:

“Non lasciarti andare | tutti piangono | e tutti soffrono | a volte | qualche volta tutto è sbagliato | ed è tempo di cantare insieme…”

Chitarre acustiche e canzonieri in mano, gente. D’ora in poi i R.E.M. vivranno solo nei nostri ricordi intorno al fuoco.
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REM – Imitation Of Life by djoik