11 cose che non c’entrano nulla con il 25 aprile ma che vi ostinate a fare

La natura istrionica dell’essere umano è da sempre cuscinetto emotivo efficace e pirotecnico. Affrontare il lutto o la gioia con atteggiamenti spesso esagerati ed equivoci ci aiuta probabilmente ad assorbire meglio le sensazioni, intimizzando e quindi rappresentando in maniera soggettiva ciò che dovrebbe essere sentimento comune e quindi trasversale. In Messico festeggiano il giorno dei morti con abbondanti banchetti e danze cafone sulle tombe dei cari, i giapponesi si vestono di bianco e dopo essersi ubriacati di sake presentano alla salma i bambini più giovani, gli antichi egizi costruivano piramidi gigantesche al prezzo della vita di migliaia di schiavi. Ogni cultura ha una sua maniera di celebrare presente e passato.

Detto questo, che cazzo c’entra la tarantella con il 25 aprile?

festa-della-liberazioneVenerdì 25 aprile a Bologna come in (spero) tutti i comuni italiani si è festeggiata la Festa della Liberazione dall’occupazione nazista e dal regime fascista (per la cronaca, Bologna fu liberata il 21 aprile). Come ogni anno sono andato con gli amici in Pratello per celebrare gli eroici partigiani a suon di vino rosso e cori delle mondine. Tra fazzoletti rossi, magliette di movimenti, sandali di cuoio e celebrazioni di personaggi chiave (quest’anno è stato ricordato Roberto Mastai) la giornata si è svolta placida e festosa come da copione.

Nel marasma generale, tuttavia, la folla è stata infastidita e pressata da eventi, celebrazioni e note di colore che con il 25 aprile c’entrano poco o nulla. Alcune di queste così pretestuose da farmi venir voglia di elencarle. E la mia pigrizia è nota ai più.

25aprileincongruo2Questo quindi l’elenco delle cose che non c’entrano con il 25 aprile ma che vi ostinate a fare, scritto grazie al supporto tecnico-emotivo-narrativo di Mindtapes.

  1. Sventolare la bandiera della pace
    [Inutile nascondersi dietro un “i partigiani combattevano per riportare la pace”. Il poeta dagli occhiali tondi sosteneva che combattere per la pace è come fare l’amore per la verginità. Se avete scritto almeno una volta questa frase nella Smemoranda, mi avete dato ragione]
  2. Imbastire tornei di biliardino
    [Non è che se il mercoledì sera mando affanculo la riunione del collettivo per vedermi la semifinale di Champions sono un ritardato senza sensibilità politica, e poi potete usare il biliardino per attirare e fidelizzare nuovi adepti]
  3. Sventolare la bandiera NO TAV
    [Non so nemmeno come argomentarla questa sono ancora troppo sconvolto]
  4. Ballare la dance anni ’90 in piazza
    [Featuring, nell’ordine, Don’t wanna short dick man, Boom boom boom (!!!) dei Vengaboys e Bla bla bla dell’immortale Gigi. Fargetta non era un attivista e non mi risulta nemmeno gli Usura o i Datura]
  5. Fumare canne
    [I partigiani non fumavano di sera per non farsi seccare da un cecchino. E se fumavano erano sigarette per non avere problemi come spararsi su un piede sotto effetto del THC]
  6. Percuotere incessantemente bonghi
    [Cristosanto, i bonghi. Davvero?]
  7. Invitare rock band a caso
    [Nello specifico, la cover band dei Doors di una Tricase (LE) qualunque. Ma tant’è. Meglio di Cisco o dei Bandabardò]
  8. La roda di capoeira
    [Ammesso e non concesso che gli schiavi in Brasile utilizzassero la nobile danza di lotta per liberarsi dai padroni, e non è affatto vero, provate a contrastare un nazista armato  di panzerfaust con un colpo di berimbau o una torsione del busto. Come dice il sempre saggio Luigi, “i fascisti li spaventi con fucili mitragliatori non con strumenti musicali amazzonici”]25 aprile incongruo 3
  9. Le retrospettive
    [Non ne sono sicuro eh, ma la proiezione di video inneggianti alla decrescita o l’esposizione di scatti fotografici su un villaggio in Zambia non mi aiuta a capire in cosa abbiamo sbagliato prima dopo e durante il ventennio]
  10. Distribuire volantini delle serate nei circoli anarchici
    [Quindi gli anarchici fanno il tifo per uno Stato unito e controllato da un governo democratico?]
  11. Scofanare porchetta e cibo unto
    [Che però ci sta sempre bene e quindi lo tengo per ultimo]

Non saprei, nella mia innocenza contadina mi aspetterei un altro tipo di celebrazione. Magari approfittando dei pochi partigiani rimasti in vita. Potremmo mandarli a casa della gente a raccontare ai bambini cosa hanno fatto. Oppure potremmo simulare battaglie campali sul genere revival Guerra di Secessione o sfida a Mordor per capire davvero la merda che hanno vissuto senza leggerla attraverso la cinepresa di un videomaker toscano con velleità di Sundance. Dormire tutti per una notte in un rifugio antibomba. Mangiare carcasse di animali trovate nella boscaglia. Andare a menare i camerati a Milano. Oppure, semplicemente, onorando silenziosamente nelle nostre case quegli eroi senza troppi schiamazzi, sbronzandosi in piazza tutto il resto dell’anno.

Cose che puoi imparare non bevendo per una settimana

Recentemente sono stato costretto a prendere antibiotici per una settimana. Non sono sicuro fossero antibiotici perchè le case farmaceutiche usano per i foglietti illustrativi uno slang peggiore di quello di un rapper abruzzese, ma la farmacista sembrava sicura del fatto suo. E con “sicura del fatto suo” intendo che ha letto la ricetta mi ha squadrato per essere sicuro non fossi un tossico in cerca di sballo semilegale e mi ha preso una confezione da un cassetto senza scritte. Il tutto in 30 secondi. Roba che se addestrassero carabinieri e impiegati postali alla facoltà di Farmacia il raggio d’azione delle barzellette qualunquiste diminuirebbe come la mia capacità di fare analogie divertenti.

Il problema è che non sono abituato a prendere farmaci. La mia famiglia fa parte di quella categoria per cui prima di assumere un farmaco devono verificarsi effettivi sintomi di cancrena, e ancora oggi vivo il prendere un’aspirina come una Caporetto del sistema immunitario.

Ad ogni modo. Il medico ha detto che avevo un’infezione e mi ha chiesto come potevo essermela presa. Io gli ho spiegato che qualche settimana prima ero andato a letto con la fidanzata del mio migliore amico senza usare precauzioni. Non giudicatemi male, in realtà non è proprio la sua fidanzata, anche se lui la tratta come tale. Direi più migliore amica. Anche se lei non ha mai apertamente corrisposto questo sentimento. Non saprei definire il loro rapporto. Direi piuttosto che lei è il suo cane. Tecnicamente, in effetti, è un labrador. 30kg di morbidezza e scodinzolio che mi han mandato in black out dopo una serata portata avanti a lexotan e rum di market pakistano.

Quella serata mi è costata una settimana di pillole e ferrea dieta priva di cibi come formaggi e non so che altro ma soprattutto di alcoolici. Pare infatti che per funzionare queste medicine debbano campeggiare in un corpo sobrio e casto, quasi a punirti per le stronzate che hai fatto mentre eri sconvolto. Forse non servono neanche a un cazzo, se non a tenerti lontano dall’alcool e dai cani altrui dandoti una settimana per riprendere anticorpi e dignità.

drunk-bearFatto sta che per una settimana ho vissuto lavoro famiglia amici e città con gli occhi di chi non ha bevuto neanche la Ceres di metà mattina. Ho capito che forse quel che facciamo diciamo e vediamo da sbronzi non è bello e divertente come sembra, soprattutto le seguenti cose che chiunque possa fregiarsi di essere un buon lettore di (this) ha provato almeno una volta.

  • Infilarsi un tampax intriso di vodka nel culo non ti rende il re della festa ma quello a cui disegneranno i baffi col pennarello non appena svenuto a terra
  • I cori da stadio non sono divertenti fuori dallo stadio
  • Esprimere affetto con carezze, baci e un “sei speciale” infastidisce i vostri amici. Figuratevi i poliziotti del posto di blocco
  • Nessuno a parte Beyonce sa fare le coreografie di Beyonce
  • “Troia” non è un dresscode
  • I cuccioli di panda non si toccano
  • Non sei nel video di Smack My Bitch Up
  • Non sei neanche nel video di Bittersweet Symphony
  • Tantomeno sei nel video di Hey Boy Hey Girl
  • Non sai ballare fattene una ragione
  • Il tuo certificatissimo eye-crossing da discoteca visto dall’esterno è il tentativo di uno strabico di seguire il volo di un calabrone fatto di speed
  • Perchè, mi chiedo, perchè aumentare tono di voce e cadenza regionale in maniera inversamente proporzionale alle dimensioni della stanza?
  • Disegnare baffi col pennarello a chi si infila un tampax intriso di vodka nel culo è giusto e forse anche didattico
  • Le foto della serata saranno meno divertenti ma per una volta ne uscirete da gran signori
  • La gente che incontri in fila al cesso non è tua amica, smettila di molestarla
  • Se ubriaca, la gente che incontri in fila al cesso è tua amica, molestala
  • Tutto quello che organizzerai dopo il terzo Martini non si avvererà. Mai
  • Non riuscirai nemmeno a infilare il preservativo, figurati a farle le cose che le hai sussurrato (leggi: sbiascicato urlando) all’orecchio mentre tornavate a casa
  • “Guarda come balla: ti svelerà come è a letto” è una stronzata colossale. A meno che voi non soffriate di attacchi epilettici precoitali
  • Cantare pezzi anni ’80 a squarciagola non aumenterà il vostro ranking di scopabilità. Lo porterà a livello Giletti
  • Evitate il karaoke, fidatevi di me
  • Non siete degli esperti in materia
  • Non siete neanche esperti di karate, ve lo giuro
  • Non confidate al vostro amore segreto il vostro amore per lei
  • “Dove ti ho già vista” non è la frase migliore per dare il buongiorno alla ragazza che vi siete portati in casa la sera prima

In generale, dovremmo essere abbastanza bravi da evitare di dire/fare/baciare cose che il giorno dopo potrebbero provocarci imbarazzo e tremendi messaggi di scuse.

O almeno siate così scaltri da non lasciare tracce.

11 motivi per cui la vostra band non ha avuto alcun successo

Chi di voi ha imbracciato almeno una volta uno strumento musicale ha provato a metter su una band. E’ naturale. E sarebbe un problema il contrario. Voglio dire, quando vi siete masturbati la prima volta non erano forse le prove generali per un obiettivo ben più sensato e partecipativo? Quando avete comprato la prima mini 4WD non era forse per sfidare quello stronzo di 4°D nella pista parrocchiale? Ecco, con la musica è lo stesso. Peccato però che dai tempi dell’ammutinamento del Bounty mettere d’accordo più persone su come raggiungere un obiettivo comune sia opera titanica e spesso fallimentare. Quanti soldi spesi in sala prove a provare e riprovare riff che oggi neanche ricordate. Quanti live alla Festa de L’Unità di Frascati sono rimasti fuori dagli almanacchi della musica contemporanea.

Insieme a Laura Agnusdei di Pill Tapes abbiamo provato a elencare i motivi per cui la vostra band è finita prima di comparire in una qualsiasi classifica di Brand New o anche solo sul palco del dopolavoro ferroviario.

MANCATO INCASSO – Nessuno ama fare cose aggratis, a meno che non si parli di sesso o di violenza (quando le due cose sono combinate, invece, tendono a costare molto più della somma delle parti). La band musicale è la prima sostenitrice di se stessa (fidanzate e madri dei membri a parte, ma nemmeno sempre), e per questo motivo non offrirebbe mai i suoi eccelsi servigi senza adeguata remunerazione. Tuttavia, i gestori di locali hanno ahimè visioni diametralmente opposte e sfrutteranno fino a che SIAE non ci separi le band per un tozzo di pane e un sorso di birra calda. E’ la naturale evoluzione di una band. Si chiama gavetta. I futuri rockettari da copertina però non ci stanno, e pur di non piegarsi a questo vile ricatto (visibilità in cambio di intrattenimento) decidono di marcire in cantine umide a progettare il prossimo grandioso concerto. Che chiaramente non arriverà mai. “Ma se così non fosse saremo preparatissimi. Basta solo togliere un po’ di muffa dagli strumenti e darsi una spruzzata di acqua di colonia e umiltà”. Keep on trying!

LA SVOLTA POP – Guarda la luna ma punta al dito diceva sempre il cane idrofobo di mio zio. Bestia malvagia e puttana, ha messo a repentaglio le mie falangi in non so più quante occasioni. Nella sua semplicità canina non aveva però tutti i torti. Ok voler arrivare a creare prog-rock in 7,36 ottavi, ma quante persone rimarrebbero a guardarvi live? Quante invece uscirebbero a fumarsi una paglia ridendo di voi con una sconosciuta per provare a portarsela a casa? Quando capisci di essere argomento di conversazione per sconosciuti con l’ormone guerriero è arrivato il momento di darsi ad una svolta pop. Fatelo per il vostro pubblico. E per non obbligare i vostri amici a dire di apprezzare il vostro nuovo disco con innesti di cornucopie e ritmiche tribali. Ovviamente la metà dei musicisti della band non ci starà, il gruppo si scioglierà e loro finiranno a proporre suoni concettuali e sperimentali di peti di furetti e spadoni a due mani sbattuti contro una ringhiera di ghisa. Quando li ritroverete live in un centro sociale di periferia, almeno avrete un asso nella manica per portarvi a letto la biondina in terza fila.

L’ECLETTISMO – “Gli opposti si attraggono”. Una stronzata così grossa non si sentiva dai tempi del De Bello Gallico. Eppure la nostra generazione è stata bombardata da queste porcate stile Dynasty, sin dai primi cioccolatini e gelati con barzellette disegnate sopra. Tale assunto non può che valere anche per i gruppi. Avete mai provato a mettere insieme un chitarrista hard rock un batterista funky un bassista blues e un cantante salentino di Squinzano (LE)? Il risultato sarà un totale fallimento. O i Negramaro. Che però alla fine è lo stesso. Dopo pochi mesi di onanismo in do maggiore i ragazzi capiranno di avere background e ambizioni troppo diverse. Si scioglieranno. Ma curiosamente, si ritroveranno tutti nello stesso fast food ad assemblare panini americani. L’ambizione talvolta è sopravvalutata.

Continuate a leggere su Pill Tapes i motivi per cui la vostra band si è sciolta. Sono due articoli e li trovate qui e qui. Scoprite quali e quanti degli 11 motivi elencati sono stati scritti dal team di (this), e vincerete il posto di cembalista in una band techno-blues. La Yoko Ono del nuovo millennio è la sconvolgente mancanza di autocritica di un chitarrista indie senza talento.

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Il quadrato semiotico degli hippie AKA come sono sopravvissuto ad una serata con 3 generazioni di freak

La fine dell’estate è notoriamente una merda, a meno che non siate disoccupati in attesa di risposte alla vostra mail con tanto di CV o un organizzatore di sagre del porcino. Curiosamente, però, entrambe queste categorie convivono serene all’interno dell’evento più malinconico e geriatrico attualmente in programma nelle vostre città: la Festa dell’Unità. Li puoi incontrare qui mentre ti vendono i loro risotti o le sottoscrizioni ad un partito che non esiste. Li osservi mentre servono bevande costose per finanziare attività dal basso. Subisci il loro sguardo sgomento quando gli confidi che sì, la tua laurea ti è servita a trovare un lavoro.

Sono andato alla Festa dell’Unità di Bologna per vedere il concerto degli Inti-Illimani, band cilena portabandiera del comunismo militante degli anni ’70 e sostenitrice del flauto di pan ad ogni costo. Mia madre li vide in concerto alla Sapienza di Roma in quegli anni, quando alzare il pugno sinistro aveva un significato più complesso del provocare una curva di fascistelli dopo un gol e le maree di studenti sognatori cantavano in coro la hit dell’estate “El Pueblo unido jamas serà vencido” (scaricala qui in versione suoneria per il cellulare). Mi ha talmente stremato negli anni con i loro dischi che ho deciso di vederli dal vivo. Questo è ciò che ho vis(su)to.

Arrivo allo stand Estragon intorno alle novemezza, dopo aver acquistato sul posto un kebab che lo assaggiassero in Medio Oriente avrebbero finalmente loro le motivazioni per attaccarci via aerea. Il palco è stato sapientemente sistemato di fronte al ristorante argentino (nazione notoriamente amica dei cileni) e di fianco allo stand dei Giovani Democratici. Gli stessi Giovani Democratici, evidentemente consci dell’ossimoro rappresentato dal loro nome, hanno optato per una curiosa scelta cromatica dei loro striscioni, che mette in secondo piano la preposizione articolata “ai”. Le interpretazioni dei presenti di tale grafica visionaria sono molteplici.

stand-giovani-democratici-bolognaSecondo alcuni si tratta di una premonizione stile La Zona Morta o Final Destination su una futura piazza cittadina, da dedicare post mortem al movimento. Per altri è una affermazione non virgolettata di chiunque si trovi un loro corteo in mezzo alle palle il sabato pomeriggio. A me piace pensare sia il possibile manifesto elettorale di quello che ad oggi rimane l’unica figura di riferimento per la mia crescita intellettuale: Largo LaGrande.

Largo LaGrande durante una recente tribuna politica

Largo LaGrande durante una recente tribuna politica

Comunque sia. Chiamare a suonare un gruppo di cileni a ridosso dell’11 settembre è una scelta coraggiosa che non si può che apprezzare. Chiamare un rap(p)er di New York fatto di meth e risentimento, d’altra parte, non avrebbe fatto vendere la stessa quantità di birre agli organizzatori. Naturale quindi optare per la band che con il golpe Pinochet, avvenuto proprio mentre erano in tour in Italia, ha perso praticamente tutto.

Quando arrivo allo stand i posti sono già praticamente esauriti. La platea è composta da una fila di una 50ina di sedie di plastica occupate dai fan della prima ora. Sulle fasce stazionano i figli, mezze ali dal passato protoanarchico pronti a crossare al centro. Lì, nell’area piccola sotto il palco, i nipoti in kefiah e cresta aspettano voraci la palla giusta per inneggiare ad Allende ed alzare il pugno sotto la curva. In panchina i giovani democratici non fanno un cazzo come al solito se non spinottare birre e blaterare di rivoluzione caricata a salve.

inti-illimani-bolognaI toni, fatta eccezione per qualche bandiera cilena e alcuni striscioni contro i regimi, sono pacati. Almeno fino alle hit più attese (Samba Lando ed El pueblo unido), quando sotto il palco partono ingiustificate tarantelle tra i più giovani. Fanno capolino pezzi di Victor Jara e addirittura un Buonanotte fiorellino che lascia sgomenti i più.Uno dei chitarristi riesce anche a far battere le mani al pubblico su un tempo di 7/8. Thumbs up per te.

L’offerta All Inclusive Minuti Veri di tutte queste generazioni di intellettuali combattenti si rivela alla fine dei conti un pacchetto inoffensivo e festante. Guardandomi intorno mi chiedo piuttosto come facciano i venditori ambulanti della Montagnola a non essere miliardari con tutti gli stracci di canapa e i sandali di cuoio fatti a mano che vedo, ma questo è un altro discorso.
[NdA: Per chi all’università fosse stato troppo impegnato a lavarsi per accorgersene, i vestiti di canapa a righe tendenzialmente marroni e gialle sono la divisa ufficiale dei militanti extra-parlamentari. Per chi poi all’università fosse stato troppo impegnato a laurearsi per accorgersene, i militanti extra-parlamentari delle facoltà sono quelli che ora vi vendono il mutuo per la ristrutturazione della casa o gestiscono la fabbrica di famiglia nel Triveneto].

Se tutta la situazione che ho davanti agli occhi fosse un quadrato semiotico la descriverei al prof in sede di esame in questo modo:

quadrato-semiotico-degli-hippie

Scrivetemi per qualunque dubbio o puntualizzazione circa questo schema. Sarò felice di non sapervi dare una risposta dal momento che l’ho disegnato ad un after party alle 7 di mattina mentre un complice stendeva righe di keta.

A parte la sensazione di aver appena partecipato ad un macabro rito di necrofilia uditiva (intendendo con ciò l’attitudine ad ascoltare cose morte da tempo e riesumate per occasioni speciali, un po’ come le risate finte delle sit-com, registrate negli anni’50 e quindi uscite dalla bocca di gente oggi probabilmente morta) esco dal Parco Nord meno turbato di quanto temessi.

Certo, nel nostro Paese le velleità rivoluzionarie che nel Sud America hanno riscritto la storia sono credibili come le pretese di genuinità di un risotto liofilizzato. Ma se riesci a esulare dal contesto grottesco di slogan di cartapesta e hippie a piede libero (letteralmente) intorno a te, puoi provare le stesse sensazioni che provi quando ti propongono all’estero di mangiare la pizza hawaiana con ananas e prosciutto crudo: iniziale disgusto, crescente curiosità per un prodotto così singolare, apprezzamento nel momento dell’assaggio, lieve nausea, buona grazie ma anche basta.

Ecco. Partecipare a questi nostalgici ritrovi intergenerazionali ha il sapore della pizza hawaiana. Tutto sta nel capire a quale livello di nausea siete disposti ad arrivare prima di ammettere: “Buona, grazie, ma anche basta”.

Cosa si nasconde dietro le feste Erasmus

Il seguente pezzo narra le vicende di un vecchio amico di (this), Tommy. Qui e qui potete leggere le sue passate avventure su queste frequenze. Non c’è bisogno che vi dica che il suo linguaggio e i suoi atteggiamenti razzisti e omofobi potrebbero urtare la vostra sensibilità. Quindi se preferite una lettura più costruttiva vi linko qui il blog di Selvaggia Lucarelli. Godetevelo tutto.

P.S. Se siete studenti Erasmus leggete solo i grassetti. Apprezzerete di più la vostra condizione attuale e forse non soffocherete il vostro compagno di stanza Jerman con un cuscino di Snoopy dopo che vi ha rubato l’ultimo grammo di afghano.

C’è stato un periodo, nella mia vita, in cui ero convinto che andare alle feste Erasmus fosse una figata pazzesca. Tutta quella gente da ogni parte del mondo che scambiava saperi ed esperienze come liquidi seminali in una gita scolastica mi faceva sentire un novello Marco Polo in un mondo multietnico, colorato, linguisticamente stimolante e sociologicamente necessario.

Al tempo frequentavo i corsi di semiotica, e come ogni studente di queste materie ero convinto che il mondo fosse realmente interessato alle teorie più esplorative della filosofia del linguaggio e della glottologia. Mi riempivo la testa di autori assurdi e teorie ingiustificabili per fare colpo sulla candidata della serata, andavo nella casa di turno e dopo qualche sorso di cocktail preparato sulla scrivania di una tripla a 250€ al mese spese escluse ero in pista di lancio per la conquista intellettuale.

Mi chiamo Tommy, ho ormai raggiunto la soglia dei 30 anni e da almeno 7 ho capito che gli studenti Erasmus sono la metastasi del cancro che lentamente ucciderà la nostra generazione. Una generazione cresciuta con il mito dell’Unione Europea e della cooperazione tra Stati per la valorizzazione delle risorse locali. Un cancro alimentato dall’edonismo promiscuo degli ultimi anni ’80 e dall’entusiasmo yuppie di una novella società post-sovietica che ancora non aveva considerato pro e contro di una libertà intellettuale acerba e ostinatamente localizzata. Chi parte per l’Erasmus a 20 anni vuole affermarsi come uomo di mondo ma finisce come tutti a studiacchiare per esami facilitati e a partecipare a feste orgiastiche benzinate a vino low cost e gente scalza che suona strumenti del proprio Paese.

Al primo anno di università facevo fatica a conoscere gente. I ragazzi autoctoni erano ancora schierati a testuggine tra di loro per l’entusiasmo delle scorribande condivise al liceo, mentre i fuorisede tendevano a fare gruppo per sostenersi e fingere di non avere nostalgia dei loro campi arati e delle feste del patrono di paese. Io vengo da uno squallido paesino del nord ovest e il mio concittadino che ha viaggiato di più è Enzo il fattore che tutte le settimane andava in città a comprare giornalini porno e birra estera per noi ragazzini entusiasti. Per ambientarmi meglio nella città ho cominciato a partecipare a feste di matricole ed Erasmus. Un bel paradosso a pensarci oggi perchè di tutti quei neomaggiorenni che stappavano birre calde e parlavano delle differenze tra una regione e l’altra ben pochi sapevano anche solo dove si trovasse il palazzo del comune o la biblioteca pubblica. Ho vivacchiato così per gli anni necessari, e una volta ottenuta la laurea son tornato a casa dei miei genitori. Anni belli, a pensarci bene, ma comunque filtrati dagli occhi di un ragazzetto amico delle droghe e per nulla oggettivo nei giudizi. Lunedì scorso sono tornato qui. Sette anni dopo. E sono finito in una festa Erasmus. Questo è quello che è successo.

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La spesa del perfetto Erasmus: Baci Perugina, tre bottiglie di limoncello e due confezioni di preservativi extra resistenti

Sto comprando birre in un supermercato del centro, già in ritardo per incontrare i vecchi compagni di studio. Siamo tornati in città per un week end revival: il programma è andare nel nostro pub di fiducia e raccontarci storie dei tempi dell’università, aggiornandoci sulla nostra vita attuale. Una bella merda a pensarci bene dato che nessuno di noi ha un lavoro che rimarrà lo stesso dopo i 6 mesi di contratto di apprendistato e le storie dei tempi dell’università le conosciamo già tutti. Oltretutto siamo già amici su Facebook quindi sappiamo abbondantemente i cazzi degli altri. L’unico ad avere una fidanzata è Antonio da Messina che si è congedato da lei con una scusa tipo vado a seguire un corso di aggiornamento. A luglio. Di sabato.

Mentre conto le monete per pagare le Peroni butto un occhio alla spesa delle tre tizie davanti a me. Sono tre spagnole bellocce, avrano sì e no 24 anni, e la loro spesa comprende tre bottiglie di limoncello cioccolatini e alcuni pacchi di preservativi. “Wow – penso – le ragazze sì che sanno come si organizza una festa cazzuta”. Prima che me ne possa rendere conto sono fuori dal supermercato a fumare con loro. Il sole batte forte, io lo spagnolo manco lo capisco, ma il messaggio è chiaro. Stanno festeggiando la despedida dal loro anno di Erasmus. Torneranno in Spagna a giorni. Un peccato perchè “a noi gli italiani piacciono tantissimo e vorremmo venire qui a trovare lavoro“. In bocca al lupo penso e intanto sono già in strada per casa loro, ospite improvviso di una festa di despedida che neanche so bene cosa voglia dire ma ci sono cioccolatini e limoncello quindi perchè no. I miei vecchi amici li ho liquidati col vecchio trucco del non ti rispondo alle chiamate. Hasta luego.

Mentre cammino ignorando ciò che dicono nella loro lingua penso che se ricordo bene le feste di studenti e soprattutto quelle Erasmus sono grosso modo così:

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Fucking Erasmus

Quello che invece mi ritrovo davanti è una mansarda soffocante piena di neomaggiorenni biondi o troppo poco biondi, intenti ad addentare manciate di patatine e a tracannare quella che loro chiamano la miglior sangria che berrai mai. L’aria già pesante è stuprata da musica folk cilena, Bella Ciao dei Modena City Ramblers in almeno tre lingue diverse e svariati pezzi di Manu Chao che forse anche lui si è dimenticato di aver composto o comunque non ne va certo orgoglioso. La padrona di casa è una tedesca scalza che gira per la casa brandendo un cannone grosso come un femore che premurosamente chiede a tutti gli invitati chi cazzo siano. Io sto cercando di capire quale tra i vini appoggiati sul tavolo di plastica non provenga dallo scaffale di un pakistano mentre perlustro con lo sguardo la stanza in cerca di qualche sguardo complice. Contro ogni aspettativa non c’è il santone bianco coi rasta, ever green tragicomico di ogni festa di studenti international che dispensa racconti e suggestioni su come la keta cingalese sia in effetti ottima per raggiungere il nirvana dovreste provare una volta cioè pazzesco non sai che viaggio.

Mi soffermo su un cinquantenne sudato che fuma un sigaro alla vaniglia da pochi spiccioli mentre cerca di convincere una ventitreenne che sul serio è uno scrittore e sul serio ha pubblicato diverse cose. Parla con la bocca impastata e si esprime così male che mi viene la curiosità di sapere se davvero la sua mano abbia regalato qualcosa ai posteri che non sia un abuso premeditato. Decido di scambiarci quattro chiacchiere. Pare venga da Roma ed è in città per seguire la tournee di suo figlio attore di teatro fisico che performa arti figurative immaginarie. Non so cosa stia dicendo e quando capisco che si scoperebbe anche me mi dileguo con una scusa.

Nel frattempo la padrona di casa si sta facendo spogliare con la scusa di un gioco alcoolico da due bosniaci con una evidente erezione che spunta dai loro shorts di triacetato. Le spagnole stanno cantando a cappella un coro della loro tradizione contadina e un calabrese con i peli che escono dal colletto della maglietta batte le mani a tempo, convinto di conquistare così la benevolenza necessaria a strappare la sega di fine serata. Un francese le accompagna ticchettando una lattina di birra con l’unghia del dito indice.

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Fai pace con questa cosa. E’ così.

Dopo oltre due ore di “In Italia è così” “In Austria è così” “In Francia è così” e di battute su costumi e cibi tipici mi sento già abbontamente sazio. Ho subito palpeggiamenti da una albanese che parlava con forte accento abruzzese e ho ascoltato tutte le motivazioni di una separazione tra un milanese e una napoletana con problemi di legnosità a letto. Il vecchio pederasta romano è tornato alla carica con una irlandese di 22 anni invitandola a Gabicce dove pare si beva il miglior Bellini della riviera e lui queste cose le sa perchè sa godersi la vita. Le tre spagnole stanno clamorosamente lesbicando tra loro mettendosi baci perugina ovunque succhiando limoncello. Alla fine lo sapevano davvero come organizzare una festa. L’argomento più stimolante affrontato durante la serata è stato il monologo di un texano che si vantava di aver ucciso durante un viaggio in Asia cuccioli di panda per diletto della sua consorte 45enne. Io nel dubbio me la squaglio.

Uscendo dalla casa controllo il cellulare. 32 chiamate dagli amici al pub. Li ho fatti aspettare abbastanza. Mi incammino con le mani nelle tasche verso ciò che nella vita conta di più:

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Grazie come sempre a Mindtapes per i preziosi contributi offerti