Nuovi album: Hanni El Khatib. Garage blues per skaters pentiti

Normalmente i titoli di coda di ciò che vedo alla tv o al cinema li seguo fino ad un certo punto. Mi piace aspettare il tempo necessario a capire le location dei set o gli autori della colonna sonora, ma niente di più. Detesto gli intellettuali radical chic che si ostinano a piantare il culo sulla poltroncina anche quando le luci sono ormai accese e io devo passare per andare a pisciare e loro devono essere sicuri che sì, era technicolor, e sì, ringraziano il comune di campitello matese e sì, adesso ti alzi perchè la gente spinge e devo uscire da qui c’è una puzza tremenda e il suolo è asfaltato di patatine al mais e cola conad. E questo è solo quando vedo la tv a casa mia. Immaginate al cinema.

hanni-el-khatibPoco tempo fa, però, una puntata di un telefilm americano che stavo seguendo sul divano pagando ovviamente i diritti alla Showtime si è conclusa con un pezzo che mi ha fulminato. Sembrava che Jack White si fosse unito a Jon Spencer tramite la fusion (per chi non è cresciuto a pane e Dragonball Z, è una mossa che Trunks e Goten utilizzano per unire le proprie forze combattive creando un unico potentissimo guerriero), e si fosse iscritto ad un master di soul all’accademia di New Orleans.
Insomma dopo diverse peripezie e consulenze strappate a tarda notte viene fuori che chi suonava quel pezzo era Hanni El Khatib, sbarbo di San Francisco figlio di un palestinese e di una filippina (dio benedica l’immigrazione selvaggia) che una volta appeso lo skateboard al chiodo o dove cazzo si appende lo skateboard si è dato ad un puro ed onestissimo garage rock-blues.

Le influenze del nuovo migliore amico delle mie colazioni sono palesi e quasi ostentate con spocchia: oltre ai già citati Jack e Jon non si possono non citare i Sonics ed il buon vecchio Elvis, di cui ha anche riarrangiato Heartbreak Hotel (arrangiamento acustico con tanto di banjo: ma quanto ti voglio bene??).
Dopo una intro enigmatico-a-cappella partono pezzacci garage e semi rockabilly come Build, Destroy, Rebuild e Dead Wrong; a seguire, svariati episodi di memorabilia musicali alla american graffiti e tanto tanto sfregamento di chitarre sporche e coinvolgenti che paiono scritte apposta per far sentire degli stronzi tutti quelli che mettono più di un fuzz nei loro effetti da fighetti. Verso la fine dell’album (ah, si chiama Will The Guns Come Out) ti stupisce pure con You Rascal You, una cover di Clarence Williams del 1931 già rivisitata da Louis Armstrong che spara a mille in una maniera forse troppo simile alla Hello Operator dei White Stripes. Per la cronaca, era questo il pezzo che era stato utilizzato dalla Showtime per il suo telefilm.

Sul suo sito la dedica che campeggia nella home è :“These songs were written for anyone who’s ever been shot or hit by a train“. Bravissimo.

Love Boat – Sliding Deck [EP]

Immaginatevi le Puppini Sisters una notte di luglio verso le cinque del mattino gonfie di coca e rum su una spiaggia della Costa Verde. Pensate, inoltre, che da quanto sono ubriache continuano a cantare ininterrottamente ogni canzone intonando coretti accompagnati da un chitarrino e un sonaglio molesto. Ecco, nelle vicinanze ci saranno di sicuro i Love Boat.

Un ex-trio, ora quartetto, di cazzoni sardi che avrebbero fatto shakerare il culo pure a Cristopher Reeve. Stututmpatututmpapapa Uhuuhuhuuuu papparappaa d’ordinanza, coretti a gogò e in dieci minuti vi verrà voglia di saltare sulla vostra decapottabile parcheggiata nel giardinetto di casa. Capelli al vento, stereo a manetta mentre il vostro migliore amico balla come il peggio pirla sul sedile posteriore lanciati a 85 miglia orarie sotto le palme della litoranea.

Tipica ambientazione dei live dei Love Boat

Bubblegaragerocckenpoppinroll, chiamatelo come cazzo vi pare. Ginocchia piegate e culo in aria. Lanciatevi nella bolgia di qualche loro live e vi catapulterete in pochi secondi nell’ estate più torrida che abbiate mai passato. E non solo per la temperatura che raggiungerà il locale.

A proposito, due anni fa, al release party del primo disco, Imaginary Beatings of love, allo Sleepwalkers di Guspini, i nostri sono riusciti a far finire qualsiasi alcolico all’interno del locale. E far consumare tutti gli alcolici – birra inclusa – la sera del 26 dicembre in un locale del centro Sardegna, beh, ce ne vuole.

E insomma i Love Boat vengono da una terra dove Io mi rompo i coglioni fino a qualche anno fa poteva essere considerato inno nazionale, e nel giro di poco più di tre anni dal loro esordio con la Shake Your Ass sono già al terzo (o quarto?) tour europeo. Se qualcuno si meraviglia del fatto che in Italia vengano cagati dai locali più fetidi e in Europa li chiamano in posti del genere, nessun problema, basta ricordarsi che qui quando si parla di musica può sempre spuntare un personaggio come lui.

Per farla breve, Sliding Deck è un Ep bomba che in meno di una settimana vi consumerà la puntina del vostro giradischi da quattro soldi. Insomma, un gran bel colpo per la Shit Music for Shit People, e un ottimo antipasto del nuovo album Love is Gone a brevissimo in uscita per la Alien Snatch Records.

Quattro pezzi quattro tra cui va assolutamente ricordato You know I really want you, che qualche anno fa lanciò la grande stagione dei concerti nei cessi dei locali. Anche se a dir la verità, quello dell’Xm24 manca ancora all’appello.