Non solo Forum. La lista completa dei ringraziamenti al Nostro Presidente

E insomma pare che una superstite del tragico terremoto che nel 2009 ha distrutto L’Aquila sia andata a Forum per ringraziare il Presidente.

“Ci sono ora case con giardini e garage”

“Io vorrei ringraziare.. oddio non so se posso.. il presidente..”

Certo che puoi farlo, bella panzerotta.

L'unico Dalla Chiesa meritevole della memoria collettiva

Tanto la figlia del generale e partigiano Carlo Alberto Dalla Chiesa ti correggerà al volo, sottolineando patriotticamente che bisogna al massimo ringraziare il governo o, che dico, soprattutto l’eroico Bertolaso.

D’altra parte se ti bastano 300 euro per andare a coprire di vergogna tutta la tua stirpe e andare a succhiare la merda dai tacchi dei potenti che nel frattempo zompano sul predellino per il loro consueto bagno di foll(i)a ti meriti ciò che sei.

E non mi riferisco al tuo essere un capodoglio analfabeta col vezzo di voler somigliare a Moira Orfei. Mi riferisco al tuo essere l’ennesima riprova che pur di comparire in televisione l’umana razza è disposta a calarsi le braghe nelle maniere più lerce. Almeno un tempo c’era solo la Corrida. Al massimo stonavi e ti suonavano un campanaccio. Poi tutti a letto.

Ora però tu hai aperto una nuova strada. Il consenso arriva dal popolo per il popolo, dai programmi per gli anziani e nelle fasce orarie da ottenebrati senza alcunchè da fare.

Ecco perchè (this) ha raccolto i ringraziamenti che dalla tua performance si sono accumulati copiosi, per sottolineare che sì, da quando c’è lui, tutto va a gonfie vele.

  • Kermit la rana ha espresso la sua gratitudine verso il Nostro Presidente per averlo redento dalle pulsioni omosessuali nei confronti di Gonzo. Miss Piggy ringrazia, anche per il collier che si è ritrovata al collo, pare regalatole dal Nostro dopo una non ben descritta cena in compagnia di altri promettenti pupazzi. La lista delle invitate era stata redatta da Uan e Ambrogio. Clamore all’entrata della villa per la visita di Sbrodolina versione punk bitch.
  • In un videomessaggio dal 2050, il Tiberio Timperi del futuro ha ringraziato il governo attuale, e il Nostro Presidente nello specifico, per averlo nominato nel 2012 responsabile unico del progetto nucleare italiano. Appena terminato il videomessaggio, il bel Tiberio si è spazzolato le proverbiali sopracciglia con un soffio della proboscide, e ha spento la web cam col terzo braccio attaccato alla tiroide.
  • Vasco Brondi, dalle colonne del suo controverso blog, ha parlato di stima per gli uomini che il Nostro Presidente ha messo a capo della cultura italiana. Certo, la mancanza di un vero poeta come Bondi si farà sentire, ma il nuovo che avanza non può fare prigionieri, e si dice pronto a musicare le prossime hit del Nostro Amato e del suo fenomenale bardo Apicella.
  • La coppia di alieni dei Simpson, offesa per non essere stata invitata al prossimo matrimonio del principino inglese con la bella Kate Middleton, si è detta soddisfatta per essere stata accolta dal Nostro Presidente nel parco della sua villa. Tendopoli ad hoc fatta di macerie di guerre intergalalttiche per farli sentire a casa, e bacia-tentacoli del Nostro che ha dichiarato stima e gratidudine verso i suoi più fidi alleati nella guerra all’immigrazione extra sistema solare. La sig.na Edna Caprapal, il vecchio Gil e la gattara pazza sono state offerte come hostess per tener loro compagnia durante le fredde notti terrestri.
  • L’ex padre di Genitori in Blue Jeans, ora agente novocainomane del cricket indiano di seconda fascia, ha elogiato l’operato del Nostro Presidente nella guerra alla magistratura corrotta. Interrogato all’interno della cella dove è rinchiuso per corruzione di arbitro di linea nelle partite degli esordienti under-14, ha avuto parole di miele per quello che lui stesso ha definito “un eroe dei nostri tempi”.
  • Carcarlo Pravettoni si è detto entusiasta delle nuove prospettive che il Nostro Presidente insieme a Marchionne sta dando all’industria italiana. Pochi tuttavia  i commenti rilasciati ai cronisti. L’italiano non è molto compreso a Chintalavalasa.

Grazie ancora, quindi, Marina Villa. Se qualcuno di noi avesse ancora avuto il dubbio se guardare la TV o scaricare illegalmente serie televisive di tutto il mondo, magari vedendole in streaming, per evitare anche di pagare il canone televisivo, la tua passione per la giustizia e il tuo ritrovato credo nella vita ci hanno dato la risposta. Spero che, una volta finito di sperperare i tuoi preziosi 300 euro in panini alla porchetta, capirai quanto fai schifo.

 

 

 

Kalispéra di no, che poi s’avvera

Dopo la lettera aperta indirizzata al Blasco nazionale pubblicata qualche settiman fa (la potete rileggere qui), pubblichiamo ora lo sfogo di un amico di (this), finito nella trappola di un pomeriggio televisivo. Ecco le sue impressioni a caldo.

“Essendo la vita del disoccupato alquanto ripetitiva e pallosa, la giornata passa cliccando sulle freccette verdi di “aggiorna” della pagina di Subito.it (sito di annunci di lavoro), e di Repubblica.

In passato la cosa poteva anche dare certe soddisfazioni (vedi l’aumento giornaliero dei morti americani in Iraq), ma  il tutto è ora sostituito dai giapponesi terremotati, o dalle mignotte in gita a casa del nostro premier. Se il primo argomento mi dà un po’ da pensare (che bello sarebbe stato avere una centrale nucleare vicino all’Aquila), il secondo ormai mi ha eroso i coglioni.

Avendo avuto il fegato di accendere la televisione, ho quindi scoperto che una puntata di Kalispera di Alfonso Signorini era bell’e pronta per essere gustata. Allora mi siedo sul tappeto di Lebowskiana memoria (sfortunatamente senza White Russian e fortunatamente senza residui urinici), e mi preparo per un viaggio alla scoperta delle interiora flaccide e basse del medio popolo italico.

Una scenografia alla Will e Grace mi fa già supporre che il coming out del presentatore ormai sia una pura formalità, e il suo sorriso ebete mi fa sentire già più intelligente. Tra stacchetti musicali, letture di rotocalchi su schermo gigante e massimo boldi che cucina salsicce insieme alla dalla chiesa (esumata dal cimitero di forum, dove si dice sia seppellita pure la moglie di Boldi), i primi 15 minuti passano in slow motion.

Ad un certo punto, la scena Cult.

A differenza di “The Texas Chainsaw Massacre” di Tobe Hooper, invece di trovare un uomo con maschera in pelle umana che insegue per la foresta una scosciatissima ragazzina terrorizzata, si materializzano sul divano di Signorini in sequenza Mimun, Brachino ed Emilio Fede. Tutti e tre in pulloverino cashemirato, tutti e tre con lo sguardo fiero e un po’ sborone del “direttore di telegiornale”, tutti e tre sbavanti davanti alla Santarelli (questo glielo potrei anche perdonare, se poi lei non si mettesse a fare ciò per cui non è portata: parlare).

Quando poi il clima della trasmissione televisiva leggera si trasforma in quello di osteria leghista con grappa e rutto libero, il nostro Alfonso ci tiene a sottolineare che quella è l’Italia che ama, ovvero l’Italia di pancia. Per sottolinearlo, scatta lo stacchetto a due della sopracitata Santarelli, insieme ad un’altra desnuda di ignote origini ma di consolidate capacità lapdansistiche. Nessuno ormai si chiede più se sia stata anche lei nel villone del presidente, perché le due cominciano ad amoreggiare platealmente, sfiorandosi con lingue e culi, mentre il cameraman ha la brillante idea di fare un primo piano al volto emaciato di Emilio Fede, ormai vittima di cervicale a causa del peso della saliva sulla lingua.

La successiva intervista del conduttore alle due starlettes sarà un’ode alla porcaggine voyeuristica che più amiamo noi italiani (ormai sono stato rapito e non posso esimermi dal considerare Kalispera un pezzo di storia della televisione), con domande che andranno dal “ma tu sei dominatrice o schiava”, alle più morigerate affermazioni “certo che il tuo ragazzo, Corradi, è uno stragnocco di prima categoria.. ce lo avessi tra le mani io”. Visto che l’immagine appena sognata dall’Alfonso ha provocato un suicidio di massa di tutti gli spermatozoi presenti nel mio sacco scrotale, decido di allontanarmi di qualche metro dallo schermo, per capire se quello che sto vedendo non sia solo frutto di un’allucinazione dovuta al detersivo per pavimenti che mi sto bevendo.

Mentre la mia mano, scollegata da me, cerca di trovare il pulsante rosso della televisione per evitarmi di finire in Videodrome, sbuca dall’angolo Corona con mamma al seguito, e la stanza intorno a me comincia a danzare.

Colto da convulsioni, decido che è il caso di raccogliere la bava di cui è cosparso il tappeto, e rimettermi al computer.

Quanti è che sono ora i morti in Giappone?”

di Jacopo Mattia Martini


Elogio funebre preventivo: Vasco Brondi (1984 – 2045)

Si sono spente oggi le luci della Centrale Elettrica.
Si è spenta anche la gigantesca scritta Coop, e i CCCP non ci sono più.

Portami a bere dalle pozzanghere, cantava, portami a bere dalle pozzanghere. Lo stomaco umano tollera una grande quantità di sporcizia, ma anche lo stomaco più resistente può essere messo seriamente alla prova se le pozzanghere sono contaminate da benzina o da altre sostanze chimiche.

E così per ora noi la chiameremo morte ma forse potremmo anche chiamarla felicità, quella di Vasco Brondi, mentre con l’ultima sorsata di acqua piovana ha finalmente capito qual è l’incubo dei pesci rossi, morire annegati ecco qual è. E anche morire in branchie di tela, no forse quello era l’incubo degli squali,  squali? Squelli. Vabbè.

Il cuore di Vasco ha smesso di battere. E lui che voleva venisse misurato con il sismografo è morto al grado zero della scala Richter.

La camera ardente è stata allestita in una stanza di merda addobbata con la stagnola in via Petroni, accanto al feretro madonne bulimiche ed anoressiche, rose lisergiche e anche alcune rose delle stelle. Però quelle Vasco le voleva tra le costole, tra le sue occhiaie azzurre.

Prima della sepoltura verranno sventolate delle radiografie per non confondersi, i convitati si disegneranno addosso giubbotti antiproiettile e verrà costruito un monumento assurdo per il nostro amico scomparso.
Un gatto egocentrico scappato da un condominio ci ha già fatto la pipì.

E nel frattempo, mentre Vasco diventava finalmente solo quello della Coca Cola, e dell’ “eeeh” e della vita spericolata, un notiziario annunciava di “venti forti nei deserti libici,  i venti che incendiano i campi nomadi, i meteoriti le navi ferme immobili”.

Un po’ ci ricorderemo di te, anche se non so che cosa racconteremo della tua cazzo di musica.

Io  comunque alla cerimonia c’ero e se avevo gli occhi lucidi era per la congiuntivite.

Ps.
Domani Vasco Brondi suona qui, a Bologna. Poi però non venitemi a dire che avreste fatto una figura migliore a a continuare a bere e annegare sabato sera nel Tevere.  Ve l’aveva detto anche lui tra l’altro.

Ps2.
Invece del video di Cara Catastrofe, che non lo posso proprio vedere e se ancora siete convinti ve lo andate a vedere voi qui, fareste meglio a guardarvi questo qui sotto. Il concetto è quello eh. A me piace parecchio perché è girato in una rotonda di Forlì che è la mia città e c’è un ragazzo a cui piace molto ravanare. E balla proprio bene eh!

Fauna da concerto: quando lo show è in platea

Se Darwin aveva le Galapagos, Goffman gli ospedali psichiatrici e Malinowski la Melanesia, noi di (this) siamo felici di fruire dei pubblici da concerto per studiare l'(eventuale) evoluzione della specie umana. Avvalendoci degli ulteriori pareri di esimi entomologi novocainomani e rispettati autisti di taxi, abbiamo deciso di proseguire un discorso iniziato a dicembre sulla classificazione dozzinale e ingiustificata degli idealtipi da live. Ogni riferimento è ovviamente voluto, quindi, se ti senti preso in mezzo, smettila di fare headbanging ai concerti lounge e nessuno scriverà più pezzi su di te.

Elenchiamo qui di sotto alcune categorie frutto di brainstorming sul campo elaborate insieme a M.C. aka Giangi di Bastonate, preziosa memoria storica della bologna più carogna.

 

  • I toscani. Non è possibile classificare un concerto come tale se non è presente una comitiva di cialtroni che aspirano consonanti manco fossero dei whirpool a due zampe del cazzo. Essendo a buona ragione considerati i napoletani del nord, i toscani sbraitano a volume massimo le loro banalità tutto il tempo rendendoti ancora più invisa la terra di quello stronzo di dante. Nove volte su dieci ci provano con la tua ragazza.
  • I photobomber. Eccolo lì, il simpaticone, che attende che quelle due sbarbe là che ha puntato già da un paio di canzoni (“chi è che suona stasera già?? boh, quella me la farei comunque”) si facciano il più classico degli autoscatti da live. Faccia imbronciata, polliceindicemignolo spiegati al vento, una rimestata alla scollatura e le nostre neoribelli sono pronte per la loro prossima profile pic su netlog. Il photobomber entra in ballo a questo punto, spuntando da un angolo e mostrando il cazzo o chi/cosa per lui. Irresistibile. Spesso sono toscani (vedi)
  • Il citazionista. Piuttosto innocuo rispetto alle altre fiere fino ad ora elencate, ma comunque fastidioso. Un bug nel cervello lo spinge ad indossare sempre la maglia del gruppo che sta suonando, come a dire “oh, io li conoscevo già da prima di ORA!”. Falso tra l’altro, perchè con molte probabilità l’ha pagata pochi euro dai napoletani fuori dall’arena. Non so, è come se un coglione andasse in chiesa con la maglia “God is awesome”. Cosa che comunque esiste, quindi basta. Cristo.
  • Quello con la maglia di Superman. Ad ogni concerto di qualsiasi gruppo in qualunque locale/stadio/cantina/festival sulla faccia della Terra c’è almeno un tizio con la maglia di Superman tra il pubblico. Questi individui di solito si assomigliano pure tra loro: capelli medio-lunghi alla Kurt Cobain, barba incolta, sguardo perso nel vuoto, l’aria di chi si trova ad occupare quel posto tra il pubblico per puro caso, come se lì dov’è ci fosse finito all’improvviso per un calcolo sbagliato, magari previa teletrasporto o chissà che altro. Probabilmente quando a un concerto non ci sarà il tizio con la maglia di Superman il sistema solare verrà inghiottito da un gigantesco buco nero.
  • Quello che passa tutto il concerto a urlare a squarciagola il titolo del pezzo che vorrebbe sentire. Ovviamente è matematico che quel pezzo lì è proprio quello che il gruppo quella sera non suonerà mai, e più il tempo passa, più si assottigliano le speranze di ascoltare finalmente il pezzo desiderato, più la frustrazione aumenta, più le corde vocali del soggetto vengono messe a dura prova, con sempre crescente disappunto di chi si trova nel raggio di 2-300 metri dalla sua ugola. Di solito questa sottocategoria di urlatori folli ignora anche il minimo rudimento di lingua inglese, capita così che i titoli vengano storpiati in indecifrabile declinazioni lovecraftiane da risvegliare seduta stante Cthulhu dal suo sonno millenario; in alternativa il poveretto cerca a tutti i costi di interagire col musicista in italiano, con esiti non meno molesti (come quando Bright Eyes se ne andò esasperato sfasciando la chitarra dopo che per tutto il concerto un mentecatto aveva invocato “la tre di Fevers and Mirrors”, nientemeno).
  • Quello che è già collassato al primo pezzo del primo gruppo spalla. Di solito è qualcuno che arriva da molto lontano, che si è sciroppato ventisei ore di treno coi ragazzi e per festeggiare alla grande ha cominciato a tracannare benzina dalla sera prima; lo trovi riverso su una sedia nell’angolo più buio del bar oppure raggomitolato su sé stesso in posizione fetale davanti alle uscite di sicurezza o vicino ai cessi. Per alcuni esiste anche la variante-vomito, ma la maggior parte di loro ha la buona creanza di collassare già vomitata. Di solito questi sventurati vengono abbandonati dagli amici alla fine del concerto tipo i cani sull’autostrada, e se la stagione è particolarmente rigida rischiano di fare la fine di Jack Nicholson in “Shining”. Pare che progressivamente diventino comunque parte dell’arredamento del locale, e se non altro la loro elevata biodegradabilità ne rende agevole lo smaltimento.
  • Il busker. È quello che fuori dal locale fa volteggiare in aria il Diablo attentando costantemente al cranio di qualche povero stronzo, che si lamenta perché il cane non può entrare, che gira con incollato alla schiena uno zaino che manco Messner sul Nanga Parbat ed è riuscito a imboscare una quantità sovrumana di lattine di Hollandia anche su per il culo. Di solito è il primo a sfondare i cancelli ai festival all’aperto. Non ama il sapone.

Appena ci ripiglieremo una sbronza ad un live aggiorneremo la lista, nel frattempo controllate di non essere stati volutamente presi come ispirazione