L’apocalisse zombie al tempo (remixato) delle pere

Ieri sera mi stavo facendo una pera di baygon light tagliato col bifidus actiregularis quando mia madre mi chiama e mi fa una mia collega mi ha detto che ha trovato il tuo blog le piace molto ora le leggo pure io sarà divertente ma parli pure degli zii che bello mando il link a tua nonna. Ciao mamma le faccio forse non è il caso sai mi piace parlare di pedonecrozoofilia e al prossimo natale non vorrei trovarmi sotto l’albero uno stinco di vitellino da stuprare tra il secondo e il pandoro fottuti parenti imbonitori. Mi sono quindi ripromesso di scrivere una storia carina e batuffolosa su cuccioli di cerbiatto che scoprono la bellezza del mondo ma poi alla madre succedono robe però poi la Disney viene e mi fa il culo per i diritti quindi ho pensato parlo di una famiglia felice sulle Alpi che vive in uno chalet tipo heidi però ci sono sviluppi turpi poi ho pensato la Franzoni viene e mi fa il culo. E vedere la Franzoni che viene non è nella top 5 delle cose che vorrei fare nel breve termine. A meno che montare il microchip della Tommasi nel cervello della bimba con le trecce che viveva nella casa al mare vicino alla mia non scenda in sesta posizione. Era bellissima e io la guardavo timido nascondendomi dietro il mio triciclo rosso fingendo di giocare con i cavalieri dello zodiaco. Grande estate, quella del 2010.

bambi-zombieAllora decido di impostare le basi per un racconto breve che svilupperò grazie ai finanziamenti ottenuti per aver smazzato sottobanco marmellata di fragole e bignè alla crema ai pazienti dell’istituto diabetici. Praticamente è un survival horror post-apocalisse da antrace calabrese dove il protagonista è un gatto Sphinx (già, quelli senza pelo impossibili da amare) che deve cavarsela tra gli alti e i bassi di una vita caratterizzata da attacchi di zombie sanguinari, fuori sede con orride mut(il)azioni e mormoni con zaino e caschetto per la bici. Con il tempo queste creature si evolvono e si scambiano i ruoli, creando ibridi spaventosi come gli zombie mormoni. I caschetti sanguinari. I fuori sede con lo zainetto. O i mutilati e basta che fanno schifo uguale. Che poi chiedo scusa ironizzare sui fuori sede è sempre troppo facile e prevedibile. Questa città non rende loro la vita semplice e i risultati sono davanti agli occhi di tutti. L’altro giorno uno di loro mi ha chiesto 50 cents per l’eroina perchè si vergognava di dire che doveva pigliarsi un panino. Gli faccio “Sì sì, che poi te li spendi in un camogli col cotto. Vieni che pigliamo insieme la robba e ti guardo mentre te la spari diretta nel collo”.
Ad ogni modo.
La massiccia diffusione della droga del cannibale come l’ha ribattezzata un sagace editorialista nostrano ha ormai accentrato in maniera antropofaga le discussioni al bar, e uno non riesce più a parlare di abusi sui minori che l’informato di turno dà la colpa a queste nuove droghe sintetiche. Che poi dico io di droghe sintetiche potrei anche averne provate, però la faccia alla mia fidanzata non l’ho mai azzannata. A meno che lei non lo volesse, chiaramente. O che le droghe sintetiche non lo volessero. Perverse viziose sempre pronte a dare i suggerimenti più inconsueti. In attesa che l’ultima che ho preso mi scenda mi guarderò la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi. Viste le nuove frontiere del guerrilla marketing sperimentate a Denver probabilmente mi suggeriranno di andare a mangiare il naso a qualche portabandiera di un paese del terzo mondo a caso (la spagna andrebbe benissimo). Il cosplayer armato è in effetti una tendenza da non sottovalutare.

Non credo però la mia innata pigrizia me lo permetterebbe. Anche perchè so come ci si sente a non avere il naso. Tanti natali fa quello stronzo di mio zio me lo rubò strappandolo con la sua manona pelosa e sbeffeggiandomi con un canzonante “dov’è il tuo nasino?”.  Prima che potesse ridarmelo si era sbronzato di chardonnay e nocino ed era svenuto sul tavolo. Quando lo svegliai e gli dissi ti prego dammelo sto male negò pubblicamente ogni relazione dicendo che quelle sere lui era con i ragazzi al bowling. Non capii mai a cosa si riferisse. Mi vendicai però facendo la festa al suo gattino. Felino fottuto dovevate vedere come era felice mentre gli mettevo il cappellino a punta e accendevo le candeline della torta tra palloncini colorati. Quello del 2009 fu un natale piuttosto bizzarro.

Che poi questo pezzo doveva sponsorizzare il nuovo EP di Rob Zombie, Mondo Sex Head, che anticiperà il suo nuovo album di remix. Probabilmente una merda totale ma d’estate ci si può aspettare ben poco e comunque da quando quel bastardo del barista sotto casa mi ha strappato un orecchio come resto di un cappuccio sentire la musica risulta sempre più ostico questa moda deve finire non succede ma se succede io ho la mia mazza da baseball pronta e poi insomma se dovesse succedere ‘sta cazzo de apocalisse di certo non sarei tra quelli che resistono per sei serie di seguito ma sono tra i primi a cadere tra le loro braccia affascinato dalla loro possibilità di ciondolare tutto il giorno alla ricerca di cibo umano e mutilazioni improvvisate. Che se ci pensi è molto meglio che lavorare duro per trovare cibo disumano e mutilazioni ragionate.

L’assessore, gli hipster, i dj-set e la sigaretta elettronica

Un consiglio per Alberto

Bologna è sempre stata all’avanguardia nelle sperimentazioni, lo sanno tutti. Musica, politica, moda.

Ma stavolta ci stiamo superando. Per la prima volta i tre sistemi di significazione sono venuti a contatto e hanno dato vita ad un fenomeno finora mai visto nemmeno nella New York di Andy Warhol. Possiamo infatti affermare, senza nessun pericolo di essere smentiti, di avere il primo Assessore alla Cultura Hipster della storia.

Dai Alberto, non fare il timido, ammettilo, ormai ti abbiam sgamato.

Pure te sei un hipster caro Ronchi. So che è difficile ammetterlo, ma sono certo che Lunedì prossimo ce ne darai conferma.

E anche se per il Resto del Carlino gli hipster di Bologna sono esclusivamente sei – non uno di più non uno di meno – te sei passato inosservato e sei riuscito a mimetizzarti bene in mezzo a quella gente che la mena col contante e lo spumante quando prima faceva il militante. Sai di cosa stiamo parlando.

Ammetto che la mossa del concerto dei Radiohead ci aveva un po’ spiazzato eh, lo sai pure te che i Radiohead sono troppo mainstream. Poi per fortuna hai recuperato presentandoti al concerto dei Brian Jonestown Massacre. Anche se la mossa migliore, dal nostro punto di vista, è stata quella della Filarmonica in Piazza Verdi.

Ci volevi destabilizzare. Tutti a pensare “che palle la musica classica”. E te invece, che sei sempre un passo avanti, volevi fare un piccolo esperimento sociale. Fortuna che ce ne siamo accorti. Volevi vedere con quale maglietta si sarebbero presentati i tuoi colleghi hipster al concerto della Filarmonica.

Chi sarà mai il gruppo che ha ispirato Bach? Sei furbo te, caro Alberto.

Guarda che non abbiamo niente in contrario, anzi, devo dire che vederti ogni sera fare chiusura al Bolognetti o in Piazza Verdi ci riempie di gioia.

Però, ti dobbiamo dire una cosa: non puoi andare a fare dj-set a Vicolo Bolognetti conciato in quel modo. Intendiamoci: non mi sto riferendo mica al fatto che non porti i pantaloni a sigaretta. Figurati, se ti ci metti d’impegno in un pomeriggio puoi concentrare tutti i clichè del 2012 su di te, ci vuole poco. Il ciuffetto ce l’hai già, basta una leggera rasata sui lati, gli occhiali pure, le magliettine ho visto che ti piacciono, però per favore non metterti quella con la massima indiana “la terra non è in eredità dai padri ma in prestito dai nostri figli”. Non vanno più queste cose, e i Verdi non contano più un cazzo, dovresti saperlo. Molto meglio una magliettina con scritto Berlin e le maniche leggermente arrotolate. Ed evita di metterti le Birkenstock.

No Alberto, la mia preoccupazione è un’altra. Ed è molto seria.

Tu fumi. E anche tanto.

Ma non puoi presentarti a fare un dj-set a Vicolo Bolognetti con il pacchetto di Camel o di Marlboro. Troppo anni novanta.

Non puoi andare a fare un dj-set nei locali di Bologna senza la sigaretta elettronica.

Mi raccomando, non fare brutta figura.

Non sto scherzando, la sigaretta elettronica in questa estate bolognese è come l’Eskimo nel ’68. Dai, lo sai anche te, e non dire che non ci fai caso, non ci crede nessuno. Te l’abbiamo detto: ti abbiamo sgamato. Fare un djset monografico è già di per se molto hipster. Se in più il gruppo in questione è il gruppo meno famoso del frontman, bè cazzo, raggiungi livelli di hipsteria quasi da meritarti un applicazione dell’iPhone con il tuo nome.

E non dimenticarti il Mac. No, non per mettere musica. Per ricaricare la sigaretta elettronica via usb.

Ah, senti un po’, ma sei sicuro di avere tutti i b-side dei PIL? No perché se vuoi, ho qualche amico hipster che di sicuro te li può procurare.

Shaun of the dead, ovvero come sostituire Ozzy con una Zombie Parade senza mai dimenticare Voltron

Il qualunquismo da bar ne fa sparare tante, di stronzate. Una fra tutte, “il giorno dopo una sbornia fatti un bel sorsaccio di vodka poi vedrai che starai benone”. Certo. Il sedicente dottorino di turno aggiungerà pareri illustri per confermare la bizzarra teoria, ma in realtà, fidatevi, non l’ha mai testata su se stesso. Un amico di un amico lo ha fatto, ovviamente, e pare che dopo stesse da dio. Bukowski credo facesse di cognome. Provate dunque a sfidarlo quando avrà un hungover da urlo a imbracciare la boccia di vodka, sedersi, concedersi una sentita sorsata e poi uscire come niente fosse per andare là fuori a produrre il proprio stipendio.

Ad ogni modo.

Una delle altre stronzate da bar più comuni è “mai incontrare il proprio eroe di gioventù”. Pare che tutte le glorificazioni costruite negli anni si sgretolino di fronte a quel vecchio panciuto e stempiato che proprio ora vicino a te si sta strofinanfo il naso con la manica mentre cerca di tirarsi su i calzoni sbrindellati con la mano già occupata a sorreggere una lattina di birra calda. Bah. Io francamente non ho mai incontrato nè Gianluca VialliBrian May nè tantomeno il leone blu di Voltron, quindi non posso dire se questa roba sia vera. Poi due giorni fa ho visto che in una libreria di Haight Street c’era Ozzy Osbourne che autografava cose.

“Wow – ho pensato – non sarà stato l’idolo della mia gioventù, ma fa comunque parte di quell’olimpo di rockstar che ha contribuito a tenere lontani i giovani dal rap!”. Tanto basta. Andiamo a ‘sta libreria. Già 5 o 6 ore prima adolescenti e non con magliette tributo per il divora-pipistrelli stazionano emozionati sul marciapiede. Brufoli e metal da sempre vanno a braccetto, se poi li sistemiamo tutti nel reparto fumetti il pacchetto è completo. Scopriamo tuttavia con fastidio che l’astuto Ozzy non ci autograferà cd o vinili,  ma solo una copia del suo libro che dovremo preventivamente acquistare all’entrata per 30 dollari. “Trust Me, I’m Dr. Ozzy“, si chiama, che poi a me suona più come una minaccia che come una rassicurazione. In sostanza è una raccolta di tutti gli articoli apparsi nella sua rubrica di Rolling Stone, dove spiega alle nuove generazioni come spappolarsi il fegato con droghe e alcool e redimersi a un passo dalla tomba. Decidiamo senza pensarci troppo su di mandare affanculo Ozzy e di andare a mangiare qualcosa in zona. Finito di rimpinzarci ripassiamo davanti alla libreria per vedere quanti fan hanno ceduto al ricatto e si sono accaparrati il libro pur di vedere da vicino il dead man walking del black metal. Tanti, a quanto pare. Assistiamo addirittura all’arrivo di Ozzy in auto, vediamo la sua testa intrufolarsi tra la folla acclamante e scomparire tra gli scaffali. La polizia ci fa sgombrare la strada. Senza rendercene conto ci eravamo anche noi avvicinati all’auto per strappare un fotogramma di quella che alla fine dei conti rimane pur sempre una leggenda del rock. Niente da fare. Pochi secondi e quella nuca con un’evidente ricrescita bianca scompare dal raggio visivo. Per soli 30 dollari potremmo vederla da vicino nell’anonimo retrobottega di una libreria del quartiere hippie della città, ma decido di tenermi questo bonus per un eventuale concerto. Chissà, se si sono riformati tutti, dai Take That agli Stone Roses, magari Iommi e Ozzy rimetteranno su il carrozzone. Con l’aiuto del roadie insostituibile in questi casi, Polmone D’Acciaio.

De Niro ci aveva già spiegato come trattare i nostri eroi

Deluso dall’occasione sprecata ritorno a casa con la coda tra le gambe. Nel frattempo Jason, un tamarro italo-americano conosciuto a Brooklin con tanto di canottiera a coste e catene penzolanti, mi contatta per dirmi che stavolta è certo: Lady Gaga sarà la nuova cantante dei Queen. Pare che il suo ultimo singolo sia stato composto insieme a Brian May e la collaborazione abbia portato a grandi risultati. Ascolto il pezzo. Non mi pare proprio. Decido di non contraddirlo e gli assicuro che mi informerò. “Cristo santo – penso – Vialli è andato a giocare alla Juve, Brian May sostituisce Mercury con Lady Gaga e alla fine dei conti il leone blu di Voltron non ha mai risposto alle mie letterine. Forse è vero ciò che si dice al bar sui tuoi miti dell’infanzia. BASTARDI”. Che se uno avesse avuto Ozzy come mito poi oggi ci sarebbe rimasto ancora peggio, rincoglionito come è, col pannolone e impossibilitato anche solo a salutare i fan in attesa sotto il sole (tutti in maglietta nera, tra l’altro) da 5 ore. Sti cazzi.

Alice in Zombieland

La sera decido di andare alla zombie parade. In un modo o nell’altro, il mio incontro con un non-morto oggi me lo sono concesso. Palma d’oro per Alice in Zombieland ma anche il nano sfigurato che mormorava storto “Braaaains..or cigareeeeettes” mi è piaciuto molto.

E’ dunque deciso. La prossima sbornia la combatterò con il bicchiere del mattino dopo. Croissant e vodka tonic dovrà essere. Per forza. Forse quella del bar è vera saggezza popolare. Quella che tanto ci faceva ammirare i nostri nonni, anche quando forse ne raccontavano una di troppo. Tanto, come recitava un cartelo dalla parade, “Shoots happen”. Tanto vale cogliere l’occasione al volo, e strappare i poster dal muro della nostra cameretta. I nostri miti non terrebbero mai una nostra foto sul comodino, figuriamoci appesa al muro con le puntine.

Top five

Gli elenchi di Arbasino, le “dieci cose” di Saviano ma prima ancora le top five di Nick Hornby in Alta Fedeltà: arriva un giorno in cui ci si sente in dovere di farla una classifica. Chi non ha mai fatto una classifica? Quella del figo della classe l’abbiamo fatta tutti. Voglio dunque condividere qui la mia prima personalissima top five dei migliori errori, gaffes e misunderstanding della mia vita fino ad oggi. Poiché tutte e cinque le storie sono realmente accadute (niente “i fatti e le persone sono puramente eccetera eccetera..”), ringrazio coloro che mi hanno ispirato e che sono speciali, e non solo perché figurano in questa classifica.

1.       Cinis giapanis tot pricis

La grande somiglianza tra i personaggi dei cartoni animati giapponesi ha provocato ad  F. una delle più belle incomprensioni della storia dei misunderstanding dei testi musicali.
Basta un incomprensione nell’attacco del ritornello “Holly s’allena tirando i rigori, Benji s’allena parando i rigori”del noto cartone manga a sfondo calcistico e non abbiamo più Oliver Hutton e Benjamin Price bensì i grandiosi fratelli SALLENA.

Holly Sallena, tirando i rigori, Benji Sallena, parando i rigori.

Non fa una grinza.

2.       T9

In seguito ad una mia chiamata non risposta, S. mi scrive un sms che recita “paura uomo in piscina”. Il messaggio fa immaginare una di quelle scene da film americani in cui le persone comuni vengono sequestrate all’interno di un edificio, generalmente banca o supermarket, e la nostra eroina/protagonista che per fortuna ha sottomano il cellulare nascondendosi dietro ad una colonna riesce ad inviare una sconnessa richiesta di aiuto.

S. voleva scrivere “scusa sono in piscina.

Spike Lee vs. T9 0 – 1.

3.      La torta giusta

G. è entrata in una pasticceria di New York ed ha chiesto una torta Sacher al commesso.
E fin qui va tutto bene.

Diciamolo in inglese: “Can I have a piece of cake sacher?”

Ps. Per i non anglofoni la parola sacher, letta proprio cosi come la torta e scritta sucker vuole dire cretino.

4.       Pravopis (ovvero spelling, in croato)

In un campeggio in Croazia, correva l’anno 2003, la titolare dell’esercizio mi chiede, per la registrazione come ospiti, se lo spelling del mio nome è esatto: “Francesca, e coretto?” (la e senza accenti, le doppie assenti in pieno stile slavo). Sì, rispondo, sì. Anche N. risponde sì. Ci allontaniamo e N. pensieroso mi confessa che ha un dubbio: anche se ha risposto sì non riesce ancora a spiegarsi come mai la signora l’abbia chiamato Coretto.

5.       Hai l’imbarazzo della scelta

Ho 17 anni ed è la prima volta che S. conosce il mio primo fidanzato. La ripetizione della parola primo rende l’idea dell’agitazione per l’incontro. Il caso vuole che il fidanzato abbia un compito in classe il giorno seguente. La risultante dell’indecisione tra l’augurio “In bocca al lupo” ed  “In culo alla balena” da vita al fenomenale lucchetto “In bocca al culo”.

Ancora nel 2011 non è stata trovata una risposta adeguata a tale augurio.

Arctic Monkeys in arrivo all’I-Day Festival 2011 di Bologna

In attesa del nuovo album previsto per la fine della primavera, gli Arctic Monkeys sono stati annunciati come headliner dell’Independent Days Festival 2011 di Bologna. Il palcoscenico che ha ospitato gente come Joe Strummer, Bad Religion, Queens of the Stone Age, Tool, Cramps, Deftones e un miliardo di altre band si apre ora agli ex-sbarbi prodigio di Sheffield.

Una scelta azzardata, che forse fa presagire una scaletta non proprio zeppa di nomi eccelsi. Niente di nuovo, comunque, dato che l’anno scorso la line up era stata scritta da un tredicenne skater di san diego (Sum 41, Simple Plan, Blink 182).

Qualche tempo fa le scimmie artiche relegarono a ruolo di spalla i Them Crooked Vultures di Josh Homme, John Paul Jones e Dave Grohl, lasciando piuttosto spiazzati i presenti. Già a quel tempo la ragion di Major, parafrasando Machiavelli, ebbe il suo tributo di decenza. Ad ogni modo aspetterò il nuovo album per dare un giudizio ben definito: è indubbio che la produzione di Josh Homme sul loro ultimo lavoro abbia dato un timbro più forte e maturo,  sintomo forse di una crescita effettiva della band.

Il nuovo album sarà prodotto da James Ford (Simian Mobile Disco), già produttore del secondo LP della band Favourite Worst Nightmare, ma le sonorità non sembrano essere regredite a quelle del 2007.  Per ora dobbiamo comunque accontentarci del video del nuovo singolo. A voi il giudizio.

Nel frattempo ci godremo i Fu Manchu al bronson, carrettate di dischi venduti in quasi 25 anni di carriera, e un live organizzato in un nido di periferia che conterrà al massimo 200 persone.

That’s the way i like it!!