Il quadrato semiotico degli hippie AKA come sono sopravvissuto ad una serata con 3 generazioni di freak

La fine dell’estate è notoriamente una merda, a meno che non siate disoccupati in attesa di risposte alla vostra mail con tanto di CV o un organizzatore di sagre del porcino. Curiosamente, però, entrambe queste categorie convivono serene all’interno dell’evento più malinconico e geriatrico attualmente in programma nelle vostre città: la Festa dell’Unità. Li puoi incontrare qui mentre ti vendono i loro risotti o le sottoscrizioni ad un partito che non esiste. Li osservi mentre servono bevande costose per finanziare attività dal basso. Subisci il loro sguardo sgomento quando gli confidi che sì, la tua laurea ti è servita a trovare un lavoro.

Sono andato alla Festa dell’Unità di Bologna per vedere il concerto degli Inti-Illimani, band cilena portabandiera del comunismo militante degli anni ’70 e sostenitrice del flauto di pan ad ogni costo. Mia madre li vide in concerto alla Sapienza di Roma in quegli anni, quando alzare il pugno sinistro aveva un significato più complesso del provocare una curva di fascistelli dopo un gol e le maree di studenti sognatori cantavano in coro la hit dell’estate “El Pueblo unido jamas serà vencido” (scaricala qui in versione suoneria per il cellulare). Mi ha talmente stremato negli anni con i loro dischi che ho deciso di vederli dal vivo. Questo è ciò che ho vis(su)to.

Arrivo allo stand Estragon intorno alle novemezza, dopo aver acquistato sul posto un kebab che lo assaggiassero in Medio Oriente avrebbero finalmente loro le motivazioni per attaccarci via aerea. Il palco è stato sapientemente sistemato di fronte al ristorante argentino (nazione notoriamente amica dei cileni) e di fianco allo stand dei Giovani Democratici. Gli stessi Giovani Democratici, evidentemente consci dell’ossimoro rappresentato dal loro nome, hanno optato per una curiosa scelta cromatica dei loro striscioni, che mette in secondo piano la preposizione articolata “ai”. Le interpretazioni dei presenti di tale grafica visionaria sono molteplici.

stand-giovani-democratici-bolognaSecondo alcuni si tratta di una premonizione stile La Zona Morta o Final Destination su una futura piazza cittadina, da dedicare post mortem al movimento. Per altri è una affermazione non virgolettata di chiunque si trovi un loro corteo in mezzo alle palle il sabato pomeriggio. A me piace pensare sia il possibile manifesto elettorale di quello che ad oggi rimane l’unica figura di riferimento per la mia crescita intellettuale: Largo LaGrande.

Largo LaGrande durante una recente tribuna politica

Largo LaGrande durante una recente tribuna politica

Comunque sia. Chiamare a suonare un gruppo di cileni a ridosso dell’11 settembre è una scelta coraggiosa che non si può che apprezzare. Chiamare un rap(p)er di New York fatto di meth e risentimento, d’altra parte, non avrebbe fatto vendere la stessa quantità di birre agli organizzatori. Naturale quindi optare per la band che con il golpe Pinochet, avvenuto proprio mentre erano in tour in Italia, ha perso praticamente tutto.

Quando arrivo allo stand i posti sono già praticamente esauriti. La platea è composta da una fila di una 50ina di sedie di plastica occupate dai fan della prima ora. Sulle fasce stazionano i figli, mezze ali dal passato protoanarchico pronti a crossare al centro. Lì, nell’area piccola sotto il palco, i nipoti in kefiah e cresta aspettano voraci la palla giusta per inneggiare ad Allende ed alzare il pugno sotto la curva. In panchina i giovani democratici non fanno un cazzo come al solito se non spinottare birre e blaterare di rivoluzione caricata a salve.

inti-illimani-bolognaI toni, fatta eccezione per qualche bandiera cilena e alcuni striscioni contro i regimi, sono pacati. Almeno fino alle hit più attese (Samba Lando ed El pueblo unido), quando sotto il palco partono ingiustificate tarantelle tra i più giovani. Fanno capolino pezzi di Victor Jara e addirittura un Buonanotte fiorellino che lascia sgomenti i più.Uno dei chitarristi riesce anche a far battere le mani al pubblico su un tempo di 7/8. Thumbs up per te.

L’offerta All Inclusive Minuti Veri di tutte queste generazioni di intellettuali combattenti si rivela alla fine dei conti un pacchetto inoffensivo e festante. Guardandomi intorno mi chiedo piuttosto come facciano i venditori ambulanti della Montagnola a non essere miliardari con tutti gli stracci di canapa e i sandali di cuoio fatti a mano che vedo, ma questo è un altro discorso.
[NdA: Per chi all’università fosse stato troppo impegnato a lavarsi per accorgersene, i vestiti di canapa a righe tendenzialmente marroni e gialle sono la divisa ufficiale dei militanti extra-parlamentari. Per chi poi all’università fosse stato troppo impegnato a laurearsi per accorgersene, i militanti extra-parlamentari delle facoltà sono quelli che ora vi vendono il mutuo per la ristrutturazione della casa o gestiscono la fabbrica di famiglia nel Triveneto].

Se tutta la situazione che ho davanti agli occhi fosse un quadrato semiotico la descriverei al prof in sede di esame in questo modo:

quadrato-semiotico-degli-hippie

Scrivetemi per qualunque dubbio o puntualizzazione circa questo schema. Sarò felice di non sapervi dare una risposta dal momento che l’ho disegnato ad un after party alle 7 di mattina mentre un complice stendeva righe di keta.

A parte la sensazione di aver appena partecipato ad un macabro rito di necrofilia uditiva (intendendo con ciò l’attitudine ad ascoltare cose morte da tempo e riesumate per occasioni speciali, un po’ come le risate finte delle sit-com, registrate negli anni’50 e quindi uscite dalla bocca di gente oggi probabilmente morta) esco dal Parco Nord meno turbato di quanto temessi.

Certo, nel nostro Paese le velleità rivoluzionarie che nel Sud America hanno riscritto la storia sono credibili come le pretese di genuinità di un risotto liofilizzato. Ma se riesci a esulare dal contesto grottesco di slogan di cartapesta e hippie a piede libero (letteralmente) intorno a te, puoi provare le stesse sensazioni che provi quando ti propongono all’estero di mangiare la pizza hawaiana con ananas e prosciutto crudo: iniziale disgusto, crescente curiosità per un prodotto così singolare, apprezzamento nel momento dell’assaggio, lieve nausea, buona grazie ma anche basta.

Ecco. Partecipare a questi nostalgici ritrovi intergenerazionali ha il sapore della pizza hawaiana. Tutto sta nel capire a quale livello di nausea siete disposti ad arrivare prima di ammettere: “Buona, grazie, ma anche basta”.

Edizioni Zero Bologna – Brian Jonestown Massacre a Vicolo Bolognetti

brian-jonestown-massacre19 giugno 2012 – Da più di vent’anni i Brian Jonestown Massacre fanno sentire un inetto chiunque provi ad avvicinarsi alla musica. Il folk rock di Anton Newcombe & Co. sgomita con prepotenza tra la neopsichedelia e il pop più graffiante, attraverso una ricerca della “sonorità perfetta” che forse ancora deve trovare il suo Sacro Graal. Tra risse ebbre di frustrazione per un talento non riconosciuto a livello globale, arresti vari, oltre 60 cambi di formazione e una discografia da riempire un Billy Ikea, i freakkettoni postmoderni di San Francisco ci hanno regalato una nuova gemma, “Aufheben”, dal tedesco “raccattare”. Quello che succede dopo aver spaccato.

19 giugno 2012
Quadriportico di Vicolo Bolognetti
Vicolo Bolognetti, 2
Bologna
21:30

aggratise

Danilo di Capua

(Leggi e spamma da qui l’articolo originale)

Fenomenologia di una catastrofe naturale. O di un concerto dei Mojomatics

Il mio vecchio maestro di ninjutsu me lo diceva sempre, che la mia forte dipendenza dal glutammato di sodio si sarebbe presto trasformata in un problema più serio di quanto credessi. Bastardo sciovinista, godo del fatto che ora il tuo migliore amico sia lo scorbuto e che la sciatica ti impedisca di fare quel passo felpato sulle punte da ninja del cazzo per cui mi rompevi tanto i coglioni. Chi è che deve flettere meglio i muscoli ora, stronzo?
sogni-scrausiDetto questo, anche se non so bene perchè, devo ammettere che il ricordo del mio maestro di antiche arti orientali mi è stato suggerito in sogno stanotte da un amico che in realtà credo di non aver riconosciuto. “Dammi i numeri, piuttosto” credo di avergli urlato, ma niente. Al loro posto, una confusa accozzaglia di immagini tremende tra cui Beppe Grillo che sudava su un palco di Budrio e la Juventus che vinceva lo scudetto. Mi sono svegliato orrendamente madido, e ho capito che i film di Lars Von Trier prima di coricarmi non agevolano i miei sogni preferiti, dove di solito sudo su un palco di Budrio dopo aver vinto lo scudetto.
Il film in questione era Melancholia, e se non fosse stato per il fatto che alla mia ragazza stava piacendo e che nel cast c’era sua maestà Kiefer Sutherland lo avrei anche mandato affanculo ben prima del 118° minuto.

Comunque sia, quella proiezione non mi ha lasciato indifferente: sia chiaro, apprezzo molto  l’ala catastrofista e stragista di Hollywood, ma l’idea che all’improvviso un asteroide arrivi a romperci le uova nel paniere, magari quando hai appena lavato la vespa o la tua squadra si è appena qualificata ai play-off, mi ha davvero fatto incazzare. Che magari hai appena avuto un aumento, o hai ottenuto il numero di telefono di quella rossa che vedi sempre al baretto, o Google ha appena smesso di mostrare come primo risultato alla ricerca del tuo nome quei video di animali che fanno roba tra loro e non solo, e arriva questo stronzo tomahawk naturale a mandare tutto in mona. Roba da farti convertire all’induismo solo per reincarnarti in un asteroide ancora più grosso e andare a prendere a calci in culo quel fighetto che non sa neanche tenere un’orbita come Dio comanda. Allora mentre mi addormentavo pensavo a tutte le cose che questa cosa precluderebbe, quantomeno per evidente collisione catastrofica tra globi. Magari la terra rimarrebbe intatta ma priva dello sviluppo tecnologico finora conosciuto, una roba alla Mad Max o Ken il guerriero dove personalmente potrei sopravvivere solo diventando la puttana di qualche energumeno cavaliere della scuola di Nanto. Vivremmo in case ultratecnologiche senza però elettricità, e il mio nuovo 32 pollici HD sarebbe utile solo come altare votivo per sacrificare al dio Fame Di Cose Ripugnanti il criceto del vicino. Cristo. Tanto progresso per nulla. Non potrei mai coronare il mio sogno di diventare stuntman nelle commedie romatiche, correttore di bozze di sceneggiature hard o palombaro d’acqua dolce. Saremmo tutti vincitori di un colossale Darwin Awards, e io stasera non potrei andare alle 22 a vedere i Mojomatics e i Movie Star Junkies al Locomotiv Club di Bologna.

Che poi in effetti era il motivo per cui mi ero messo a scrivere questo pezzo.