Nuovi album: Zen Circus – Nati per subire

zen circus - nati per subire (copertina album)Non so se a voi è mai capitato, ma poco tempo fa mi sono ritrovato nell’imbarazzante situazione di dover consigliare a uno straniero delle band italiane che potessero rappresentare la scena musicale nostrana del nuovo millennio. Roba che potessero far sentire ai propri amici dicendo “Hey, Italia no è solo pizza spaguetti berluscone! Senti qua!”. Cercare poi di non essere affrancati ad errori genetici come il trittico Pausini-Nek-Ramazzotti è di solito la mia priorità (soprattutto in sudamerica questi tre moschettieri vanno ahimè alla grandissma). E insomma mi trovavo in questo bar con gente d’oltreoceano, indossavo una t-shirt di un gruppo americano e si parlava di musica prevalentemente inglese, mentre le casse del locale sparavano un pezzo dei Black Box Revelation così forte che il concetto del parlare perdeva totalmente di significato, trasformandosi in “sbraitare” “nitrire” o “urlare nelle orecchie sputazzandoci anche un pò” fate voi.  La domanda mi è calata addosso come la giustizia sommaria alla Robespierre potrebbe calare sulla impeccabile parrucca di uno status quo davvero impolverato. “Consiglia qualche band italiana”. Wow. “E mò sò cazzi” direbbe l’albertone nazionale, e in qualche modo credo di averlo parafrasato o forse proprio citato alla lettera. “Vediamo un pò, stanno crescendo bene i Criminal Joker così come i Pan del Diavolo, e i Calibro 35 rappresentano bene l’eredità e l’immaginario morriconiano che all’estero ci contraddistingue sempre, ma se dovessi consigliarti un album da portare a riprova che Bocelli da noi non se lo incula nessuno direi Smart Cops e Disco Drive”. Gazebo Penguins e Love Boat mi sembravano due estremi troppo distanti per essere citati nello stesso mucchio selvaggio. I Ministri son diventati gruppo da occupazione liceale. Ammetto poi che la tentazione di suggerire il buon Trucebaldazzi è stata molto forte, ma ho deciso di soprassedere. Poi all’improvviso l’illuminazione. “Vabbè lascia stare, prenditi direttamente un album degli Zen Circus e vedrai che vai sul sicuro”.

Già perchè da ormai 13 anni il gruppo pisano rappresenta perfettamente lo spirito ibrido della musica rock nazionalpopolare, mai troppo mainstream ma comunque troppo conosciuta per essere annoverata nel viscoso andergràund nostrano. Una scelta di genere che finalmente paga (dall’uscita dell’album nell’ottobre scorso campeggiano stabilmente nella classifica FIMI dei dischi più venduti in italia) e che è rimasta fedele alla linea lungo tutto il percorso discografico. Da sempre associati alle band straniere con cui hanno collaborato (parliamo di roba grossa, roba tipo Pixies, Talking Heads e Violent Femmes, col bassista dei quali, Brian Ritchie, hanno anche registrato uno dei loro dischi più belli, Villa Inferno), da qualche tempo sono riusciti a smarcarsi dai paragoni costanti, e si sono lanciati in un personalissimo folk-rock ipereclettico, che talvolta strizza l’occhio al cantautorato, talvolta flirta puttana col punk più debosciato.

zen circusNati per Subire inizia con l’ardito richiamo morriconiano di “Nel paese che sembra una scarpa” (forse una citazione degli Skiantos, chissà), folkeggiante inno all’italietta comoda e disillusa dell’intellettuale da bar (10 e lode alla citazione della nonna di Canzone di Natale che regolarmente regala i guanti al nipote in rota). “L’amorale” e “Nati per subire”, due dei miei pezzi preferiti dell’album, sciano in coppia tra laicità e il cinismo arrogante de”l’innocenza non esiste gli dei siamo noi”. Il sarcasmo di “Atto secondo” è diretto come un pugno in faccia; due quotes su tutte, “agli uomini di spirito e di volontà, quanto spirito ci vuole per dar fuoco alla città”. “un outlet infinito è ciò che meritate l’inferno non esiste ma somiglia a rimini d’estate” e il senso del pezzo è già servito bene bene. Certo poi ti spiegano che “La democrazia semplicemente non funziona”, e riescono a fare ironia anche su casi scabrosi; “l’amico morto è il santino dei tifosi, ragazzi tutti in coro non ti scorderemo, come alle medie non ti scordi dello scemo”. Con buona pace dei Gabriele Sandri di turno. Cammeo di Giorgio Canali che appare solo per lanciare lì un “Fatevi fottere”. Insomma potrei snocciolarvi tutti i testi per cercare di farvi capire la vena giocosa e puttaneggiante della loro ironia macabra (non si offendano dunque i “Milanesi al mare”), ma l’unic0 modo possibile per carpirla è ascoltare l’album in cuffia facendo attenzione anche al coro più sovrastato. Le perle non mancano. Decidere se saremo porci o fan accaniti dipenderà soltanto da noi. Intanto il 25 novembre arrivano al Locomotiv. Fate vobis.

I dolori di un giovane nano

La settimana scorsa, al concerto dei Ministri al Locomotiv, non eravamo in tantissimi. L’età media era intorno al primo anno della triennale fuori corso, e l’aria era così rarefatta che anche i più giovani pogatori hanno avuto difficoltà a celebrare il live con le bonarie sgomitate di rito. Mentre aspettavo in fila, pensavo: “Vabbè, almeno con tutti sti sbarbi riuscirò a vedermi il live senza saltare da dietro le spalle di un energumeno per intravedere lo que pasa sul palco”. Ovviamente, così non è stato. Non so cosa ci sia nei cereali che hanno dato ai giovanotti della generazione post-URSS, o cosa non ci fosse nei miei, fatto sta che da quando seguo i live il più grosso della sala mi si piazza davanti con regolarità teutonica, e placidamente lì rimane fino alla fine dello show. Inutile dire che spostarsi equivale a trovarne un altro, forse anche più nerboruto.

Ho quindi passato molti concerti a fantasticare su ciò che succedeva sul palco (i megaschermi in Italia sono un’eccezione rara come i funghetti magici) e a guardarmi intorno con sguardo critico, incattivito dagli ennesimi euro sprecati. A 17 anni dal mio primo concerto, ho dunque compreso come essi siano uno spietato scorcio di vita quotidiana, più che la curva di un qualunque stadio, o la nervosissima fila alle poste. Ecco quali categorie di spettatori non possono mai mancare affinchè un concerto possa dirsi tale.

  • Il visionario: costui è un soggetto immancabile nei concerti ad alto tasso di distorsione. Egli guarda i palco come la Carfagna guarderebbe un vero ministro, versa lacrime profonde, e non disdegna passare lo show a braccia alzate, magari  tendendo le corna al cielo. E’ devoto ai suoi idoli sopra ogni cosa, e dall’emozione non riesce a parlare per i 50 minuti succesivi alla fine del live.
  • La fidanzata: questo è uno dei casi più irritanti per noi nani ingiustamente capitati nei paraggi. Ella infatti al primo singolo famoso suonato dal gruppo zompa sulla schiena del rude fidanzato e passa almeno 40 minuti a fare foto dal secondo piano. Spesso si snuda anche, ma solo in caso di festival all’aperto, di Vasco, o di mdma.
  • Il tecnoprogressista: uno dei più inquietanti casi di dipendenza low-tech. Egli infatti non guarda un solo minuto dello show con i suoi occhi, ma si innervosisce a scattare migliaia di foto digitali filtrando la realtà attraverso una fotocamera compatta di scarsa qualità. Peraltro, nessuno gli ha mai detto che il flash non può illuminare i 30 metri che lo separano dal palco, quindi dovrà postare sul suo social network del cuore solo foto di capocce altrui, o se va bene di fidanzate altrui al secondo piano (vedi).
  • Il cialtrone: niente irrita di più, quando si vede un film, del pagliaccio che ti vuole raccontare ogni scena in diretta per dimostrare che lui il film lo ha già visto. Nei concerti, non è molto diverso. Parla fortissimo per commentare che sì, quel pezzo era venuto meglio nel live a Malindi nel ’79, e non può astenersi dal commentare il suono del raid o della chitarra pulita. Ovviamente, il suo interlocutore è solo un pretesto per far sapere a tutta la sala la sua profonda conoscenza tecnica.
  • Quello che ne sa: quello-che-ne-sa sta immobile come una statua di cera di Madame Tussauds. Ascolta concentrato ogni nota per poter scrivere sulla sua fanzine gli eventuali errori del gruppo per lui troppo sopravvalutato. Applaude di raro, ma con cognizione di causa, guardando irritato quelli che non capiscono il tranello virtuoso del falso finale. Alla fine del concerto si dilegua come un ninja.
  • Il pogatore a ogni costo: costui è il vero timore di tutti i soggetti fin qui elencati. Riesce infatti a rovinare ogni microcosmo sotto il palco con spintoni ingiustificati, anche durante ballate oniriche e non smette di bere birra calda per tutto il concerto. Alla prima nota un pò distorta nitrisce eccitato e si getta sulla folla entusiasta, salvo poi ricevere gli sputi dei presenti più pacati. Mai pago.
  • Il musicista frustrato: soprattutto quando suonano band giovanili, non manca mai il rosicone che critica senza soluzione di continuità chi sta suonando. Lui sarebbe certo meglio, suonerebbe più veloce, farebbe meno errori, ma intanto loro sono lì, e lui deve guardarli inferocito fumando paglie di sgamo dai buttafuori.

Per necessità editoriali devo fermare qui questo altrimenti eterno elenco di avventori dei concerti. Ovviamente ogni live ha le sue peculiarità e ogni locale si caratteriza per una o più di queste categorie di clienti. La realtà comunque non è mai classificabile senza eccezioni. Dunque ognuno ha il suo bel beneficio del dubbio. Seguite insomma un pò come diavolo volete i concerti. Basta che non vi piazziate di fronte a me sul più bello come sempre.

Sinergie e demagogia(e)

 

Livello 57 – chiuso e raso al suolo ormai da quattro anni. Non che fosse un posto chic, ma un po’ di tossici li teneva a bada.

Lazzaretto – raso al suolo il vecchio stabile in via del Lazzaretto e concessione di una struttura simile a un bagno pubblico dopo la tangenziale in via Mattei. Orario di chiusura massimo mezzanotte. Prima a mezzanotte si faceva il sound check.

Vag61 – varie minacce di sgombero e chiusura a seguito di diverse interpellanze da parte del pdl. La convenzione col comune quasi sicuramente non verrà rinnovata.

Atlantide – sabato scorso primo live dopo diversi mesi. Alle undici simpatica visita della municipale che passava di li. Per caso.

Xm24 – è di qualche giorno fa la notizia che nel giro di qualche anno sulle sue ceneri sorgeranno due torri extralusso. Come se non bastasse quella merda di struttura del nuovo comune a poche decine di metri.

Scalo San Donato – locale aperto appositamente fuori dal centro per evitare problemi di ordine pubblico. Da quest’anno la navetta notturna che portava dal centro città al locale  – passando anche per altri locali notturni – è stata tagliata.

Locomotiv Club – chiusura temporanea per qualche mese a seguito di lamentele dei vicini distanti in linea d’aria approssimativamente non meno di 600 metri .Per riaprire  il locale è stato insonorizzato totalmente per un costo – si dice – intorno ai 20mila euro.

Cassero – richiesta di sgombero e chiusura per schiamazzi notturni per un locale che si trova davanti ad uno degli incroci più trafficati di tutta la città.

Via del Pratello – rischio costante di chiusura per qualsiasi bar a seguito di continue minacce e interventi a sorpresa di polizia municipale su richiesta di cittadini esasperati dal rumore della vita notturna. (Do you remember Bologna 1977?). Il coprifuoco per i bar arriva al massimo alle due di notte. Fine settimana compreso.

 

Università di Bologna – Dal 2005 al 2010 calo di iscrizioni calcolato intorno al 10%.

Proprio non capisco come si possa dire che Bologna non è più quella di una volta.

 

Lo so che è demagogia.

Però è vero.

Aggiornamenti per oggi

Come riportato qualche post qua sotto stasera al Locomotiv c’è il live stagionale dei Ministri. Una novità pari alla neve del 22 dicembre.

Faccio un po’ il guastafeste e segnalo altre due cose in concomitanza per questa sera. Un concerto blues-acustico al Bar Baracca (prima del ponte di san Donato) e soprattutto una cena di autofinanziamento della scuola di italiano per i migranti all’Xm 24.

So che può non fregarne un cazzo a nessuno ma dato che c’è ancora qualcuno che crede in un progetto di integrazione in una città a futura trazione leghista mi sembra un’ottima idea supportarlo.

E poi inizia alle 19, fate pure in tempo ad andare al live dei Ministri. Cosi vi evitate lo spettacolo di capoeira. Anche questo una novità come la neve di sopra.