Ciò che ho sempre trovato di più bello a teatro, sentenziava Baudelaire, è il lampadario.
Brutta storia, pensarono i bolognesi: l’Arena del Sole neanche li aveva.
Poco male, hanno invece pensato gli amministratori della cultura nostrana: tanto li facciamo chiudere tutti.
Personalmente non sono mai stato un grande frequentatore di teatro. come circa l’80% dei miei coetanei. In realtà di under-50 che frequentano le arene se ne vedono proprio pochi. fatta eccezione certo per le scolaresche portate a vedere la giara o la patente di pirandello. ever green della fuga per una mattinata dalle aule.
Anyway.
Il nuovo anno ha portato a bologna la grande novità della chiusura del Duse. stesso amaro destino sulle note di nuovo cinema paradiso era già capitato ai teatri La Soffitta, San Martino, Comunale e Teatro 1763. Vuoi che sia chiusura coatta, vuoi che sia taglio fondi, l’omicidio rimane comunque preterintenzionale. Qui i dettagli dell’ultimo atto della sua storia.
L’autogestione da parte di compagnie volenterose rimane l’ultima bombola di ossigeno possibile per queste istituzioni della cultura classica, e non siamo certo qui a fare della retorica sulla supremazia artistica del teatro rispetto al cinema (cosa che oltretutto non penso). Semplicemente segnaliamo l’ennesimo sopruso ai danni delle attività culturali e ricreative imposto da chi dovrebbe governare e migliorare le nostre città.
Nonostante l’Osservatorio dello spettacolo della SIAE si sia affrettato a dire che nello scorso anno gli spettatori teatrali siano aumentati ben del 4,8%, siamo inequivocabilmente di fronte ad un collasso inarrestabile. La gente semplicemente non va a teatro. Non è comunque mia opinione che intervenire sulla quantità sia più intelligente che operare sulla qualità.
Chiudere alcuni teatri per preservarne altri non è più efficace che migliorare (abbassando magari i prezzi) i programmi di chi già opera nel settore. E’ la solita storia della lunga coda di Chris Anderson. Meglio tanti che promuovono a poco, piuttosto che pochi accentratori. Meglio tanti Oscar Wilde messi su dalle compagnie scolastiche, che poche Coefore imbastite per vecchiardi nostalgici.
Domenica sono andato al Duse a vedere la rappresentazione del malato immaginario di molière. L’ultima volta che lo vidi avevo meno anni di un qualunque governo prodi, e l’unica cosa che ricordi erano i mikado della bambina coi capelli rossi di fianco a me. alla fine l’oscuro processo di rielaborazione dei ricordi di un bambino mi ha fatto credere per anni che Argante in realtà volesse solo degli snack al cioccolato per sentirsi meglio. Comunque sia, domenica l’opera è stata messa in scena da una compagnia indipendente (Teatroaperto) che ha in programma ancora un paio di rappresentazioni. Tra l’altro c’è Guido Ferrarini, uno spettacolare incrocio genetico tra Benny Hill, l’orso Yoghi e il Piccolo aiutante di Babbo Natale.
Eravamo in 27.
Domenica 13 marzo sarà la volta de Il cardinale Lambertini, vera istituzione della commedia bolognese. Dopo questo ultimo tentativo di respirazione bocca a bocca, il Duse chiuderà, forse per sempre. Io ci andrò. Piuttosto che inviare SMS di solidarietà ai terremotati di turno per arricchire non si sa bene chi, un gesto civico verso la grassa e spesso troppo stupida città che ci accoglie potrebbe dare più soddisfazione.
Merda!