Incattivirsi contro Sanremo ha ancora senso?

Bullismo durante Sanremo
Cosa succede agli italiani quando la TV nazionale trasmette Sanremo? Quale corda di insoddisfazione e rancore tocca questo festival, innocuo per 50 anni e oggi valvola di sfogo della più feroce cattiveria da tastiera?

Un tempo le reazioni si dividevano tra pro e contro, le discussioni a riguardo si limitavano al “lo hai visto quel cantante?” “No.” e tutti amici come prima. Per qualche mese le radio trasmettevano varie hit monouso e qualche ultimo classificato sbancava a caso le classifiche italiane. Punto.

Oggi Sanremo è la cosa più vicina ad un talent alla X-Factor o the Voice, ma con in gara uno spettro di cantanti che va da “Ero in classifica quando Andreotti era portaborse” a “Facciamo presto che domani ho la verifica di geografia”. Ora, senza soffermarsi su questa linea adottata per raccogliere quattro generazioni di spettatori, il vero problema è che il pubblico non ha ancora capito la differenza tra X-Factor e Sanremo. Certo, si vota da casa, si canta più o meno bene e si indossano capi orrendi in entrambi. Ma la necessità dell’interazione è ben diversa.

Mi spiego. Stiamo parlando di un programma che probabilmente era in sottofondo mentre venivate concepiti, e che già allora risultava fuori dal tempo. C’è davvero bisogno che tiriate fuori tutta la cattiveria possibile per sottolinearne l’inadeguatezza? O seguire l’onda di chi usa Twitter una settimana all’anno per smerdare una vecchia gloria che si rimette in gioco vi fa sentire parte di qualcosa di più grosso?

Bè, sorpresa: quel qualcosa di più grosso è il bullismo. Bullismo dei peggiori tra l’altro, perchè inflitto in maniera vigliacca tramite un account che vi identifica come @CippaLippa86. Che differenza c’è tra quattro ragazzotti scemi che strattonano un ragazzino nerd con un maglione di merda, e seicento scimmie che si accaniscono sul vestito di una cantante vittima di un fashion designer ubriaco? La differenza è che almeno i primi ci mettono faccia e mani. Che poi vorrei vedere come sono vestite tutte queste paladine del buon gusto mentre twittano l’ennesima arringa contro l’ardito accostamento di tessuti ora in onda. Ad andar “bene” parliamo di pigiami di pile con orsetti e calzettoni di spugna comodoni.

Se GarageBand ha dato a tutti la certezza di essere delle rockstar, lo smartphone di essere dei fotografi e la GoPro dei registi, i social network hanno convinto orde di macachi tecnologicizzati di essere dei Bill Hicks pungenti e unici nel loro genere. Bè, non è così.

Durante Sanremo il popolo si ribella cosí al padrone, cercando quello spiraglio di autodeterminazione che non gli è concesso nella vita politica. Per quattro giorni all’anno può insultare il servizio pubblico, le personalità e tutto il sistema dello spettacolo impunemente, salvo poi offendersi se uno di loro fa la battuta sbagliata (vero, difensori di Ezio Bosso, che inveite contro Spinoza ma avete le chat di Whatsapp intasate di montaggi in cui Andrea Bocelli viene perculato in ogni modo ma quella dai è cecità è meno pesa?). Questa Rivoluzione d’Ottobre digitalizzata non è altro che una gangbang di autocelebrazione conformata alla massa, la cui iperbole orgasmica è il retweet di profili simpaticoni con qualche migliaio di fan in più.

Sanremo può non piacere (e ci mancherebbe), ma in quel caso fate altro. Ci sono un sacco di libri da leggere, strumenti da suonare, concerti da vedere, film da riguardare e donne/uomini da conquistare. Ingobbirvi sul telefono dandovi cinque alti virtuali per il vostro comune dissenso non aumenterà la qualità del vostro tempo libero. Giuro.

Contro la ciccionizzazione di Bologna

Mi sono perso il momento esatto in cui si è deciso che lo standard minimo per uscire la sera d’estate fosse la sagra del cinghiale biologico. Sempre che il cinghiale biologico esista sul serio. Sempre che il biologico esista sul serio.

Fateci caso, non esiste proposta culturale/musicale/cinematrografica a Bologna che non preveda a lato una serie di stand enogastronomici che con l’offerta della serata c’entrano tanto quanto valgono più di 100 anni di lotte sindacali per il Jobs Act: zero. E il discorso non vale certo per la sola Bologna, ma per una volta guardiamo nel nostro piatto (letteralmente).

Da qualche parte a Palazzo D’Accursio hanno deciso che eventi e festival per essere allettanti debbano annoverare tra le proprie offerte panini al sesamo integrale, kebab di seitan tofuizzato e polpette di sostegno subsahariano. E poco importa che in un attimo l’atmosfera da Festa-dell-Unità-lunga-un-estate invada anche i festival più interessanti. Insomma “A qualcuno piace fritto” sosterrebbe caustico Billy Wilder se non fosse morto da 13 anni.

Imago-Bologna
Siamo nel mezzo della tratta media del turista da guida Mondadori in visita al Belpaese (Roma-Firenze-Venezia) ma non abbiamo canali, Michelangeli o Fori, dunque si è deciso che per bloccare un giorno i viaggiatori a Bologna è necessario vendersi come la città del cibo, del cinque alto al colesterolo, del “non esiste spaguetti bolonese”. Una bella scocciatura per chi non ne ha mezza di americani in calzoncini che cercano mortadella da trafugare nei bagagli al check in. E dire che la tradizione musicale e l’intraprendenza artistica non ci sono mai mancate.

Esistono per fortuna realtà che guardano alla ciccionizzazione di Bologna con temperato scetticismo, affidando a musica e arti visive il compito di saziare i nostri stomaci voraci.

Imago, tra tutti, è il festival che ha cercato di offrire l’intrattenimento più soprendente, grazie ad una selezione mai banale dei musicisti e a una scelta delle location da mettere i brividi. Vi dice niente il Cimitero della Certosa? Bene, immaginatelo di notte. Fatto? Bene, ora metteteci un sottofondo di jazz nella sua forma più delirante contaminato dall’elettronica d’avanguardia. Ci siete riusciti? Io no, d’altra parte di musica non capisco un cazzo quindi mi sono fatto spiegare da uno degli organizzatori che musica avrei potuto sentire alle loro serate. La risposta è stata “elettronica di ricerca influenzata da suggestioni etniche, di grande lirismo e impatto. Da Campbell Irvine a Caterina Barbieri, musa della musica sintetica modulare, passando per il techno-ambient Polar Inertia e 80Mesh, esperimento che valorizza il movimento generato dal suono per modulare la sabbia”. Ho annuito con fare grave, ovviamente, mentre controllavo il loro sito di nascosto sul mio cellulare per trovare almeno una parola di cui conoscessi il significato.

Imago-Bologna
La molteplicità dell’identità è al centro della sperimentazione audio visiva di quest’anno (hipster trasformisti di tutto il mondo:unitevi!). Le scorse serate si sono svolte al Museo Civico Medievale, altra location ad alto rischio di Sindrome di Stendhal. Domenica 28/6 alla Certosa ci sarà l’evento di chiusura, durante il quale sarà anche possibile infilarsi in tour organizzati degli angoli più suggestivi. Buone notizie per gli amanti dei festival-solo-festival, gli appassionati di musica non esattamente in quattro quarti, i profanatori di tombe e i sabba entusiasti. Quanti di voi hanno detto “Non ho mai fatto un giro dei canali sotterranei di Bologna nè un giro alla Certosa di notte”?

Bè questa è l’occasione per espiare almeno metà delle vostre colpe.

(Per inciso, alla serata è vietato mangiare. Giuro.)

Per maggiori informazioni questo il link al sito ufficiale e questo alla pagina Facebook.

Breve guida all’elettrice del 2014

Mi chiamo Tommy sono alto 1 e 79 e ho meno anni di Michael Hutchence degli INXS prima che si ammazzasse al Ritz di Sidney con una cintura al collo mentre praticava autoerotismo. Domenica scorsa sono andato a votare perchè parlare di politica fa scopare scriverne ancora di più farla invece mi sa che te lo fa fare solo a pagamento coi travestiti con tettazze enormi io questa cosa non l’ho mica capita bene.

A me piace la politica perchè in campagna elettorale tutti parlano dei candidati tutti si interessano tutti si informano tutti dibattono dei dibattiti. A me personalmente frega zero della politica che tanto lavoro in nero vivo in una doppia subaffittata senza contratto non ho un mezzo intestato mai versato contributi praticamente per lo Stato non esisto quindi figurati cazzo gliene frega di venire ad aiutare me che sono il fantasma del fallimento del welfare state.

Io seguo la politica perchè la politica è un ottimo argomento per conoscere ragazze insicure che nascondono dietro il cartello YABASTA un vuoto cosmico insanabile dato dall’intima consapevolezza che tanto tutto quel volantinaggio l’urlare nei megafoni il manifestare fuori dalla scuola non cambierà gli equilibri economici globali non darà un burrito al piccolo Ramirez del Nicaragua nè tantomeno darà sostanza al proprio sogno di studiare in una università americana con un axolotl o un loris lento come mascotte della squadra di football.

William_Hogarth_032In campagna elettorale è facile scopare se sai che domande fare alle ragazze e quindi come stimolare i suoi ferormoni chapanequi o imperialisti. Questo un esempio di quiz da sottoporre alle ragazze incontrate di sera due settimane prima delle elezioni. In base alle possibili risposte capirete la loro appartenenza politica e di conseguenza gli argomenti da sviscerare con sincera passione mentre pensate a come caricarla sullo scooter per portarla il prima possibile a casa vostra.

1) L’altra sera ho visto almeno tre programmi tv di approfondimento preleettorale e ho capito che in realtà questa classe politica non vuole ascoltare le mie necessità ma solo sfruttarne il potenziale mediatico per creare proclami da prima pagina. Non ti senti soffocare certe volte?

Risposta 1: sì.
Risposta 2: no.
Risposta 3: questa retorica della classe politica che non mi rappresenta ha rotto il cazzo non è mai esistita una classe politica specchio del popolo italiano credi che Fanfani fosse visto dagli elettori come il ragazzo della porta accanto Obama ci ha rovinato con sta stronzata del politico compagnone voce dei più disagiati lo odio e odio pure te ora che ci rifletto
Risposta 4: perchè sei senza pantaloni?
Risposta 5: offrimi un altro Moskow Mule e possiamo andare a scopare senza più far finta di scambiare opinioni

2) Credo che la messa in secondo piano delle tematiche ecologiste nei programmi elettorali sia un errore di valutazione che pagheremo caro tra 50 anni. Tu guidi un mezzo elettrico?

Risposta 1: sì.
Risposta 2: no.
Risposta3: la vera domanda è dove è finito il buco nell’ozono perchè negli anni ’80/’90 non si parlava d’altro e ora è stato soppiantato da un orso bianco che galleggia su un pezzo di ghiaccio alla deriva nei mari del nord se ci fai caso è dal nuovo millennio cioè dopo la caduta delle torri gemelle che non se ne parla più ma si parla solo del surriscaldamento globale che certo è collegato ma parliamo di un rapporto di causa-effetto tra i due allora da dopo le torri si parla solo di effetto ci scordiamo delle cause potrebbe essere una coincidenza ma forse no
Risposta 4: il mezzo elettrico è per finocchi
Risposta 5: non ho i soldi per pagarmi le fette biscottate col marchio coop dell’euro che ride figurati un mezzo elettrico anzi mi paghi un altro giro a me alla mia amica?

3) La gestione degli spazi televisivi è spesso  squilibrata verso i partiti di maggioranza e lascia poco spazio ai partiti minori che in questo modo non potranno mai sfruttare quel megafono mediatico che ancora oggi influenza il 70% dell’opinione pubblica. Tu guardi la tv?

Risposta 1: sì.
Risposta 2: no
Risposta 3: la tv è per finocchi e per mia nonna che guarda i quiz su RaiUno
Risposta 4: la tv è l’oppio dei popoli del nuovo millennio non capisci ora con la rete hai accesso ad un pluralismo spontaneo che certo magari non verifica sempre le fonti ma offre spunti di riflessione in continuazione e lascia spazio ad un vero dibattito che può creare qualcosa di bellissimo
Risposta 5: io non ho tv troppo mainstream meglio un live degli Einstürzende Neubauten su un canale di video broadcasting indipendente con server in Islanda crittografato in Esperanto

In base ad un sistema di punteggi ancora da stabilire, le risposte date forniranno un preciso profilo dell’elettrice che si nasconde dietro quel bicchiere ormai a metà. Ad esempio:

L’oltranzista
Questa categoria è anche detta pornocomunista. Non disdegna lo shopping ma sostiene con forza il ritorno della politica nelle piazze. Si scatta foto che chiama selfie con hashtag di sostegno al politico incensurato di turno, scrive status politici in prossimità delle elezioni che poi sconfesserà poche settimane dopo con check-in in locali in riviera alla moda. Alcune di queste mostrano il proprio corpo per raccattare i voti degli elettori più deboli. Nonostante sia chiaro a tutti che non è una militante va avanti per la sua strada oltre ogni ragionevole decenza e prova a convincere le sue amiche che sì le sue nuove meches sono fighe ma ci pensi mai all’Electrolux?
Chi vota: partiti della sinistra a caso o riformatori con poco appeal

L’indignata
Non ne può più della classe politica attuale e sogna di andare a Berlino a maturare la sua vena artistica. Ragiona in base a statistiche su occupazione e fallimento delle startup. Ogni punto dei programmi politici è risibile se confrontato con quelli  dei Grandi del passato e ingolla litri di superalcoolici tenendo banco sul perchè siamo un Paese di merda che merita di sprofondare nell’Adriatico. Alla fine rimane comunque in Italia.
Chi vota: boicotta il voto e ci tiene che tutti lo sappiano

L’affiliata
Non ha una sua idea precisa ma mamma e papà sostengono quelli lì quindi se ne sbatte e per quieto vivere molla il voto senza particolari ripensamenti o sensi di colpa. Quando si parla di politica si attacca a Whatsapp e si eclissa in una chat di gruppo dove regnano sovrane emoticon buffe e messaggi vocali di pochi secondi.
Chi vota: destra riformista ma anche sinistra qualunquista

L’antipatica
Deve per forza mettersi contro fino a sostenere tesi impossibili come lo sparare ai barconi dei migranti non perchè ci creda ma per esser quella che si discosta dal pensiero dominante. Non ama i negri o i gay ma nemmeno i politici viscidi, il sushi e le canzoni pop.
Chi vota: direi Lega ma non sono ancora riuscito a ricollegarle ad un partito

La grillina
Basta non se ne può più è ora di fare un repulisti cambiamo il mondo chattiamo finchè l’Italia non torna in pista esclamiamo banniamo proponiamo cancelliamo assaltiamo sconcertiamo riscriviamo educhiamo maleduchiamo sospettiamo complottiamo e scie chimiche. Tante. Troppe.
Chi vota: movimento 5 stelle

Che poi la soluzione sarebbe quella di lasciar parlar di politica chi ha quantomeno studiato per farlo ed evitare di riempirsi la bocca con teorie sentite dire per caso che facciamo nostre solo per mostrare di avere un punto di vista originale. Ci sono anche i Mondiali in arrivo. C’è il giro d’Italia. C’è la guerra alle porte. Gli argomenti da bar non mancano. Per favore, quindi. Non fate finta che vi interessi. Provate a fare una prova. Provate a immaginare le cose che dite in bocca ad un’altra persona. Non vi sembrerebbe un pallone gonfiato del cazzo che non sa di cosa sta parlando?

Ecco.

 

Il quadrato semiotico degli hippie AKA come sono sopravvissuto ad una serata con 3 generazioni di freak

La fine dell’estate è notoriamente una merda, a meno che non siate disoccupati in attesa di risposte alla vostra mail con tanto di CV o un organizzatore di sagre del porcino. Curiosamente, però, entrambe queste categorie convivono serene all’interno dell’evento più malinconico e geriatrico attualmente in programma nelle vostre città: la Festa dell’Unità. Li puoi incontrare qui mentre ti vendono i loro risotti o le sottoscrizioni ad un partito che non esiste. Li osservi mentre servono bevande costose per finanziare attività dal basso. Subisci il loro sguardo sgomento quando gli confidi che sì, la tua laurea ti è servita a trovare un lavoro.

Sono andato alla Festa dell’Unità di Bologna per vedere il concerto degli Inti-Illimani, band cilena portabandiera del comunismo militante degli anni ’70 e sostenitrice del flauto di pan ad ogni costo. Mia madre li vide in concerto alla Sapienza di Roma in quegli anni, quando alzare il pugno sinistro aveva un significato più complesso del provocare una curva di fascistelli dopo un gol e le maree di studenti sognatori cantavano in coro la hit dell’estate “El Pueblo unido jamas serà vencido” (scaricala qui in versione suoneria per il cellulare). Mi ha talmente stremato negli anni con i loro dischi che ho deciso di vederli dal vivo. Questo è ciò che ho vis(su)to.

Arrivo allo stand Estragon intorno alle novemezza, dopo aver acquistato sul posto un kebab che lo assaggiassero in Medio Oriente avrebbero finalmente loro le motivazioni per attaccarci via aerea. Il palco è stato sapientemente sistemato di fronte al ristorante argentino (nazione notoriamente amica dei cileni) e di fianco allo stand dei Giovani Democratici. Gli stessi Giovani Democratici, evidentemente consci dell’ossimoro rappresentato dal loro nome, hanno optato per una curiosa scelta cromatica dei loro striscioni, che mette in secondo piano la preposizione articolata “ai”. Le interpretazioni dei presenti di tale grafica visionaria sono molteplici.

stand-giovani-democratici-bolognaSecondo alcuni si tratta di una premonizione stile La Zona Morta o Final Destination su una futura piazza cittadina, da dedicare post mortem al movimento. Per altri è una affermazione non virgolettata di chiunque si trovi un loro corteo in mezzo alle palle il sabato pomeriggio. A me piace pensare sia il possibile manifesto elettorale di quello che ad oggi rimane l’unica figura di riferimento per la mia crescita intellettuale: Largo LaGrande.

Largo LaGrande durante una recente tribuna politica

Largo LaGrande durante una recente tribuna politica

Comunque sia. Chiamare a suonare un gruppo di cileni a ridosso dell’11 settembre è una scelta coraggiosa che non si può che apprezzare. Chiamare un rap(p)er di New York fatto di meth e risentimento, d’altra parte, non avrebbe fatto vendere la stessa quantità di birre agli organizzatori. Naturale quindi optare per la band che con il golpe Pinochet, avvenuto proprio mentre erano in tour in Italia, ha perso praticamente tutto.

Quando arrivo allo stand i posti sono già praticamente esauriti. La platea è composta da una fila di una 50ina di sedie di plastica occupate dai fan della prima ora. Sulle fasce stazionano i figli, mezze ali dal passato protoanarchico pronti a crossare al centro. Lì, nell’area piccola sotto il palco, i nipoti in kefiah e cresta aspettano voraci la palla giusta per inneggiare ad Allende ed alzare il pugno sotto la curva. In panchina i giovani democratici non fanno un cazzo come al solito se non spinottare birre e blaterare di rivoluzione caricata a salve.

inti-illimani-bolognaI toni, fatta eccezione per qualche bandiera cilena e alcuni striscioni contro i regimi, sono pacati. Almeno fino alle hit più attese (Samba Lando ed El pueblo unido), quando sotto il palco partono ingiustificate tarantelle tra i più giovani. Fanno capolino pezzi di Victor Jara e addirittura un Buonanotte fiorellino che lascia sgomenti i più.Uno dei chitarristi riesce anche a far battere le mani al pubblico su un tempo di 7/8. Thumbs up per te.

L’offerta All Inclusive Minuti Veri di tutte queste generazioni di intellettuali combattenti si rivela alla fine dei conti un pacchetto inoffensivo e festante. Guardandomi intorno mi chiedo piuttosto come facciano i venditori ambulanti della Montagnola a non essere miliardari con tutti gli stracci di canapa e i sandali di cuoio fatti a mano che vedo, ma questo è un altro discorso.
[NdA: Per chi all’università fosse stato troppo impegnato a lavarsi per accorgersene, i vestiti di canapa a righe tendenzialmente marroni e gialle sono la divisa ufficiale dei militanti extra-parlamentari. Per chi poi all’università fosse stato troppo impegnato a laurearsi per accorgersene, i militanti extra-parlamentari delle facoltà sono quelli che ora vi vendono il mutuo per la ristrutturazione della casa o gestiscono la fabbrica di famiglia nel Triveneto].

Se tutta la situazione che ho davanti agli occhi fosse un quadrato semiotico la descriverei al prof in sede di esame in questo modo:

quadrato-semiotico-degli-hippie

Scrivetemi per qualunque dubbio o puntualizzazione circa questo schema. Sarò felice di non sapervi dare una risposta dal momento che l’ho disegnato ad un after party alle 7 di mattina mentre un complice stendeva righe di keta.

A parte la sensazione di aver appena partecipato ad un macabro rito di necrofilia uditiva (intendendo con ciò l’attitudine ad ascoltare cose morte da tempo e riesumate per occasioni speciali, un po’ come le risate finte delle sit-com, registrate negli anni’50 e quindi uscite dalla bocca di gente oggi probabilmente morta) esco dal Parco Nord meno turbato di quanto temessi.

Certo, nel nostro Paese le velleità rivoluzionarie che nel Sud America hanno riscritto la storia sono credibili come le pretese di genuinità di un risotto liofilizzato. Ma se riesci a esulare dal contesto grottesco di slogan di cartapesta e hippie a piede libero (letteralmente) intorno a te, puoi provare le stesse sensazioni che provi quando ti propongono all’estero di mangiare la pizza hawaiana con ananas e prosciutto crudo: iniziale disgusto, crescente curiosità per un prodotto così singolare, apprezzamento nel momento dell’assaggio, lieve nausea, buona grazie ma anche basta.

Ecco. Partecipare a questi nostalgici ritrovi intergenerazionali ha il sapore della pizza hawaiana. Tutto sta nel capire a quale livello di nausea siete disposti ad arrivare prima di ammettere: “Buona, grazie, ma anche basta”.

Cosa si nasconde dietro le feste Erasmus

Il seguente pezzo narra le vicende di un vecchio amico di (this), Tommy. Qui e qui potete leggere le sue passate avventure su queste frequenze. Non c’è bisogno che vi dica che il suo linguaggio e i suoi atteggiamenti razzisti e omofobi potrebbero urtare la vostra sensibilità. Quindi se preferite una lettura più costruttiva vi linko qui il blog di Selvaggia Lucarelli. Godetevelo tutto.

P.S. Se siete studenti Erasmus leggete solo i grassetti. Apprezzerete di più la vostra condizione attuale e forse non soffocherete il vostro compagno di stanza Jerman con un cuscino di Snoopy dopo che vi ha rubato l’ultimo grammo di afghano.

C’è stato un periodo, nella mia vita, in cui ero convinto che andare alle feste Erasmus fosse una figata pazzesca. Tutta quella gente da ogni parte del mondo che scambiava saperi ed esperienze come liquidi seminali in una gita scolastica mi faceva sentire un novello Marco Polo in un mondo multietnico, colorato, linguisticamente stimolante e sociologicamente necessario.

Al tempo frequentavo i corsi di semiotica, e come ogni studente di queste materie ero convinto che il mondo fosse realmente interessato alle teorie più esplorative della filosofia del linguaggio e della glottologia. Mi riempivo la testa di autori assurdi e teorie ingiustificabili per fare colpo sulla candidata della serata, andavo nella casa di turno e dopo qualche sorso di cocktail preparato sulla scrivania di una tripla a 250€ al mese spese escluse ero in pista di lancio per la conquista intellettuale.

Mi chiamo Tommy, ho ormai raggiunto la soglia dei 30 anni e da almeno 7 ho capito che gli studenti Erasmus sono la metastasi del cancro che lentamente ucciderà la nostra generazione. Una generazione cresciuta con il mito dell’Unione Europea e della cooperazione tra Stati per la valorizzazione delle risorse locali. Un cancro alimentato dall’edonismo promiscuo degli ultimi anni ’80 e dall’entusiasmo yuppie di una novella società post-sovietica che ancora non aveva considerato pro e contro di una libertà intellettuale acerba e ostinatamente localizzata. Chi parte per l’Erasmus a 20 anni vuole affermarsi come uomo di mondo ma finisce come tutti a studiacchiare per esami facilitati e a partecipare a feste orgiastiche benzinate a vino low cost e gente scalza che suona strumenti del proprio Paese.

Al primo anno di università facevo fatica a conoscere gente. I ragazzi autoctoni erano ancora schierati a testuggine tra di loro per l’entusiasmo delle scorribande condivise al liceo, mentre i fuorisede tendevano a fare gruppo per sostenersi e fingere di non avere nostalgia dei loro campi arati e delle feste del patrono di paese. Io vengo da uno squallido paesino del nord ovest e il mio concittadino che ha viaggiato di più è Enzo il fattore che tutte le settimane andava in città a comprare giornalini porno e birra estera per noi ragazzini entusiasti. Per ambientarmi meglio nella città ho cominciato a partecipare a feste di matricole ed Erasmus. Un bel paradosso a pensarci oggi perchè di tutti quei neomaggiorenni che stappavano birre calde e parlavano delle differenze tra una regione e l’altra ben pochi sapevano anche solo dove si trovasse il palazzo del comune o la biblioteca pubblica. Ho vivacchiato così per gli anni necessari, e una volta ottenuta la laurea son tornato a casa dei miei genitori. Anni belli, a pensarci bene, ma comunque filtrati dagli occhi di un ragazzetto amico delle droghe e per nulla oggettivo nei giudizi. Lunedì scorso sono tornato qui. Sette anni dopo. E sono finito in una festa Erasmus. Questo è quello che è successo.

spesa-erasmus-bologna

La spesa del perfetto Erasmus: Baci Perugina, tre bottiglie di limoncello e due confezioni di preservativi extra resistenti

Sto comprando birre in un supermercato del centro, già in ritardo per incontrare i vecchi compagni di studio. Siamo tornati in città per un week end revival: il programma è andare nel nostro pub di fiducia e raccontarci storie dei tempi dell’università, aggiornandoci sulla nostra vita attuale. Una bella merda a pensarci bene dato che nessuno di noi ha un lavoro che rimarrà lo stesso dopo i 6 mesi di contratto di apprendistato e le storie dei tempi dell’università le conosciamo già tutti. Oltretutto siamo già amici su Facebook quindi sappiamo abbondantemente i cazzi degli altri. L’unico ad avere una fidanzata è Antonio da Messina che si è congedato da lei con una scusa tipo vado a seguire un corso di aggiornamento. A luglio. Di sabato.

Mentre conto le monete per pagare le Peroni butto un occhio alla spesa delle tre tizie davanti a me. Sono tre spagnole bellocce, avrano sì e no 24 anni, e la loro spesa comprende tre bottiglie di limoncello cioccolatini e alcuni pacchi di preservativi. “Wow – penso – le ragazze sì che sanno come si organizza una festa cazzuta”. Prima che me ne possa rendere conto sono fuori dal supermercato a fumare con loro. Il sole batte forte, io lo spagnolo manco lo capisco, ma il messaggio è chiaro. Stanno festeggiando la despedida dal loro anno di Erasmus. Torneranno in Spagna a giorni. Un peccato perchè “a noi gli italiani piacciono tantissimo e vorremmo venire qui a trovare lavoro“. In bocca al lupo penso e intanto sono già in strada per casa loro, ospite improvviso di una festa di despedida che neanche so bene cosa voglia dire ma ci sono cioccolatini e limoncello quindi perchè no. I miei vecchi amici li ho liquidati col vecchio trucco del non ti rispondo alle chiamate. Hasta luego.

Mentre cammino ignorando ciò che dicono nella loro lingua penso che se ricordo bene le feste di studenti e soprattutto quelle Erasmus sono grosso modo così:

fucking-erasmus

Fucking Erasmus

Quello che invece mi ritrovo davanti è una mansarda soffocante piena di neomaggiorenni biondi o troppo poco biondi, intenti ad addentare manciate di patatine e a tracannare quella che loro chiamano la miglior sangria che berrai mai. L’aria già pesante è stuprata da musica folk cilena, Bella Ciao dei Modena City Ramblers in almeno tre lingue diverse e svariati pezzi di Manu Chao che forse anche lui si è dimenticato di aver composto o comunque non ne va certo orgoglioso. La padrona di casa è una tedesca scalza che gira per la casa brandendo un cannone grosso come un femore che premurosamente chiede a tutti gli invitati chi cazzo siano. Io sto cercando di capire quale tra i vini appoggiati sul tavolo di plastica non provenga dallo scaffale di un pakistano mentre perlustro con lo sguardo la stanza in cerca di qualche sguardo complice. Contro ogni aspettativa non c’è il santone bianco coi rasta, ever green tragicomico di ogni festa di studenti international che dispensa racconti e suggestioni su come la keta cingalese sia in effetti ottima per raggiungere il nirvana dovreste provare una volta cioè pazzesco non sai che viaggio.

Mi soffermo su un cinquantenne sudato che fuma un sigaro alla vaniglia da pochi spiccioli mentre cerca di convincere una ventitreenne che sul serio è uno scrittore e sul serio ha pubblicato diverse cose. Parla con la bocca impastata e si esprime così male che mi viene la curiosità di sapere se davvero la sua mano abbia regalato qualcosa ai posteri che non sia un abuso premeditato. Decido di scambiarci quattro chiacchiere. Pare venga da Roma ed è in città per seguire la tournee di suo figlio attore di teatro fisico che performa arti figurative immaginarie. Non so cosa stia dicendo e quando capisco che si scoperebbe anche me mi dileguo con una scusa.

Nel frattempo la padrona di casa si sta facendo spogliare con la scusa di un gioco alcoolico da due bosniaci con una evidente erezione che spunta dai loro shorts di triacetato. Le spagnole stanno cantando a cappella un coro della loro tradizione contadina e un calabrese con i peli che escono dal colletto della maglietta batte le mani a tempo, convinto di conquistare così la benevolenza necessaria a strappare la sega di fine serata. Un francese le accompagna ticchettando una lattina di birra con l’unghia del dito indice.

erasmus-party

Fai pace con questa cosa. E’ così.

Dopo oltre due ore di “In Italia è così” “In Austria è così” “In Francia è così” e di battute su costumi e cibi tipici mi sento già abbontamente sazio. Ho subito palpeggiamenti da una albanese che parlava con forte accento abruzzese e ho ascoltato tutte le motivazioni di una separazione tra un milanese e una napoletana con problemi di legnosità a letto. Il vecchio pederasta romano è tornato alla carica con una irlandese di 22 anni invitandola a Gabicce dove pare si beva il miglior Bellini della riviera e lui queste cose le sa perchè sa godersi la vita. Le tre spagnole stanno clamorosamente lesbicando tra loro mettendosi baci perugina ovunque succhiando limoncello. Alla fine lo sapevano davvero come organizzare una festa. L’argomento più stimolante affrontato durante la serata è stato il monologo di un texano che si vantava di aver ucciso durante un viaggio in Asia cuccioli di panda per diletto della sua consorte 45enne. Io nel dubbio me la squaglio.

Uscendo dalla casa controllo il cellulare. 32 chiamate dagli amici al pub. Li ho fatti aspettare abbastanza. Mi incammino con le mani nelle tasche verso ciò che nella vita conta di più:

.

Grazie come sempre a Mindtapes per i preziosi contributi offerti