E’ con assonnata indifferenza che l’uomo sull’autobus 25 direzione Fossolo – Due Madonne mi annuncia la tragica morte delle mezze stagioni. Dopo anni di travagliato decorso, pare che le nostre amate abbiano ceduto il passo a ben più rigide eredi, riconoscibili per la loro irruenza punk e l’umida sconsideratezza. Basta giacchette di pelle o jeans, basta spolverini da gran gallo, basta scarpe da tennis e cappelli supplemento. Il gran visir degli umarell decreta la fine dell’epoca della spensieratezza accessoria e invoca il secolo del panico da troppo freddo o troppo caldo, alternati tra di loro con valzeristica crudeltà. All’urlo di “Dai sandali ai moon boot” le uniche due stagioni rimasteci cercheranno di non farci mancare quel periodo dell’anno ibrido di cui comunque si è tanto sentito parlare ma ben poco si è potuto sperimentare.
Trattavasi infatti di leggendario momento dell’anno ove pare ci si potesse permettere indumenti vezzosi o atteggiamenti naif tipo “abbigliamento a cipolla”, durante il quale la gente esultava per la fine della stagione precedente e si preparava fiduciosa alla successiva, certa di quello stacco di un paio di settimane che permettesse loro di adattarsi al nuovo clima come un pezzo di carne tolto dal freezer in un pomeriggio estivo.
Tutto questo non ci sarà mai più.
MAI.
Abituatevi all’idea, per quanto crudele e dolorosa.
L’inverno 2012 ci ha preso completamente impreparati, ancora sazi dalle feste natalizie pronti ad aspettare il marzo pazzerello con tanto di ombrello (ora declinato a oggetto di sodomia metaforica) e dimentichi del fatto che questa leopardiana stagione colpisce anche in zona Cesarini. Neve. Già. E terremoti pure. Pazzesco. In Italia? Gli argomenti non mancano di certo.
Durante i suoi ultimi momenti di vita, la mai abbastanza compianta mezza stagione pare abbia chiesto un elogio funebre collettivo, che partisse dall’ultimo dei pensionati in fila alla posta e arrivasse all’anchor man più quotato della tv nazionale. Pare sia stata accontentata.
Certo, dopo un pò il lutto andrebbe anche elaborato, facendo i conti con la dura realtà.
La neve è una merda, a meno che non siate dei marmocchi di 5 anni o un vecchio con mobilità orrendamente limitata. Scavando nelle statistiche delle fan page di facebook ho anche scoperto che a quasi 3000 utenti di bologna piace la neve. bravissimi. venite allora a spalare qui sotto casa mia, che di entusiasti c’è sempre bisogno.
Invito quindi a smettere di celebrare l’eccezionale evento atmosferico per evitare di incoraggiarlo. Pare che dargli le spalle e ignorarlo sia l’unico modo per liberarsene. Certo, il lutto capisco sia ancora vivo e vibrante.
Ma, come diceva sempre un mio anziano parente, “smetti di rompermi i coglioni e vai a farti una vità. Là fuori è pieno di figa”.
Celebriamo dunque il nuovo patto ambientale bicamerale, e guardiamo con fiducia al futuro. Potrebbero anche sparire gli orsi polari, lo sappiamo, ma questo non significherà meno argomenti da ascensore.
Io, per esempio, parlo sempre di zingari.
E tutti nel palazzo mi vogliono tanto bene.
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